Tailoring the Ablative Strategy for Atrial Fibrillation: A State-of-the-Art Review

Tailoring the Ablative Strategy for Atrial Fibrillation: A State-of-the-Art Review

Autori: Zefferino Palamà1,2, Martina Nesti3, Antonio Gianluca Robles2,4, Antonio Scarà5, Silvio Romano2, Elena Cavarretta6,7, Maria Penco2, Pietro Delise8, Mariano Rillo1, Leonardo Calò5 and Luigi Sciarra2,5

Commento a cura di: Lorenzo-Lupo Dei e Simona Minardi

1Elettrofisiologia, Casa di Cura “Villa Verde”, Via Golfo di Taranto, 22, Taranto, Italia

2 Dipartimento di Medicina Clinica, Sanità Pubblica, Scienze della vita e dell’ambiente, Università di L’Aquila, L’Aquila, Italia

3 Dipartimento Cardiovascolare e Neurologico, Ospedale San Donato, via Nenni, 20/22, Arezzo, Italia

4 Cardiologia, Ospedale “Di Venere”, Bari, Italia

5 Cardiologia, Policlinico Casilino, via Casilina, Roma 1049, Italia

6 Dipartimento di Scienze medico-chirurgiche e Biotecnologie , Università Sapienza , Latina, Italia

7 Cardiocentro Mediterranea, Napoli, Italia

8 Cardiologia, Ospedale P. Pederzoli, Peschiera Del Garda (VR), Italia

La fibrillazione atriale (FA) è la più comune tra le aritmie sostenute, colpisce circa il 3% della popolazione adulta ed è associata ad un aumentato rischio di ictus, scompenso cardiaco, riduzione della sopravvivenza e della qualità della vita.

Le tecniche di ablazione sono ad oggi considerate superiori alla terapia farmacologica nella strategia di controllo del ritmo (studi RAAFT, CABANA, EAST-AFNET4). Tuttavia, nonostante i progressi tecnologici e l’esperienza sempre maggiore degli operatori, i risultati post ablazione di FA sembrano aver raggiunto un plateau. Inoltre, sebbene la frequenza di complicanze sia bassa, è comunque rimasta invariata nel tempo. Per di più alcune complicanze, anche se rare, possono essere inaccettabili, come recentemente dimostrato nell’ESS–PRAFA snapshot.

Nell’ultimo ventennio sono stati messi in atto numerosi sforzi sul piano tecnologico e organizzativo per migliorare la qualità e la performance dei laboratori di elettrofisiologia ma pochi per personalizzare l’approccio al singolo paziente, che spesso intraprende un percorso standardizzato verso l’ablazione.

Al fine di migliorare il rapporto efficacia/rischio, il nostro gruppo propone una programmazione personalizzata della procedura di ablazione (fig.1), che selezioni, caso per caso, strategie di intervento differenti sulla base degli specifici meccanismi fisiopatologici dell’aritmia.

L’FA può essere classificata sulla base della durata dell’episodio in: parossistica (<7 giorni), persistente (>7 giorni, o che necessiti di una cardioversione a prescindere dalla durata) e permanente (ininterrotta, strategia di controllo del ritmo non prevista). 

La fisiopatologia aritmica è descritta dal triangolo di Coumel: trigger, substrato aritmogeno e fattori modulanti.

Più frequentemente la forma di FA parossistica è trigger-relata mentre la persistente è sostenuta da uno specifico substrato. Per questo, nel setting di FA persistente è fondamentale la corretta caratterizzazione del substrato e dei meccanismi che sostengono l’aritmia al fine di programmare una strategia ablativa che vada oltre le vene polmonari. La forma parossistica è invece fortemente influenzata dalle comorbidità (ipertensione, diabete, obesità). In entrambi i casi, l’ablazione dell’aritmia non può prescindere da un preciso inquadramento clinico.

C’è tuttavia da tener conto del fatto che la correlazione tra classificazione e fisiopatologia è scarsa, senza dimenticare il ruolo del terzo attore del triangolo di Coumel, i fattori modulanti. Ad esempio, nei pazienti con FA vago-mediata esiste la possibilità di modificare l’influenza del sistema nervoso autonomo andando ad ablare i plessi gangliari intramurali, in aggiunta al trattamento ablativo standard.

Di volta in volta, è importante prendere in considerazione tutti gli strumenti a disposizione, che possono aiutare ad identificare i meccanismi che triggerano o mantengono l’FA. Quando non otteniamo abbastanza informazioni cliniche dai test non invasivi, potrebbe essere indicato, prima dell’ablazione, uno studio elettrofisiologico mirato ad indagare trigger diversi dalle vene polmonari, con la duplice finalità di raggiungere un migliore successo a lungo termine e di eseguire una procedura tecnicamente più semplice, con tassi di complicanze minori. Oggi l’evoluzione tecnologica permette di osservare il substrato con nuovi occhi: nuovi cateteri multipolari e tecniche di mappaggio 3D ad alta densità. Possono quindi essere proposte ablazioni più puramente anatomiche, con procedure chirurgiche, o meglio ibride, che facilitano il trattamento efficace di strutture difficili da raggiungere nel contesto di procedure completamente endocardiche (parete posteriore dell’atrio sinistro, legamento di Marshall, fascio di Bachmann).

L’approccio personalizzato, tuttavia, può risultare time-consuming e talvolta ritardate la strategia ablativa.

Ciò nonostante, la programmazione per step delle procedure di ablazione, adattata al paziente e alle caratteristiche della sua aritmia, dovrebbe essere routinaria in ogni laboratorio di elettrofisiologia.

L’accurata ricerca dei trigger nella FA parossistica ed il corretto riconoscimento del legame tra una possibile patologia cardiaca ed il substrato nella FA persistente potrebbe permettere di superare l’attuale plateau in termini di successo della procedura ablativa ed al contempo di minimizzarne le complicanze.