Simone Fodra, Enrico G. Spinoni, Anna Degiovanni, Ailia Giubertoni, Sara Bacchini, Luisa Airoldi, Lidia Rossi, Giuseppe Patti
Università del Piemonte Orientale, Novara, Italia.
Abstract
La miocardite è una sfida diagnostica vista l’eterogeneicità delle sue presentazioni e meccanismi eziopatogenetici.
Riportiamo il caso di un uomo di 27 anni con una diagnosi di miocardite insorta all’incirca 1 mese dopo l’inizio della terapia con mesalazina per il trattamento di una malattia infiammatoria intestinale inizialmente inquadrata come RCU. La diagnosi di miocardite indotta dal farmaco è stata posta dopo la regressione dei sintomi e il miglioramento delle condizioni del paziente conseguente la sospensione della terapia con a mesalazina, l’esclusione di altre possibilità diagnostiche e tipicamente l’assenza di reperti caratteristici alla risonanza magnetica cardiaca.
Case report
Paziente maschio di 27 anni, inviato alla nostra attenzione dal curante per dolore toracico intensificato con il respiro associato a febbre elevata persistente (T max 38,5 °C) da circa 10 giorni, responsiva a FANS (ibuprofene), a tosse stizzosa, e a scariche diarroiche ematiche. In anamnesi riferiva un pregresso intervento per asportazione di linfoangioma sottomandibolare destro 20 anni prima, infezione da SARS-CoV2 un anno prima e recente diagnosi di possibile RCU, per la quale era stato avviato trattamento con Mesalazina 800 mg 1 cp x3/die ( in atto da 3 settimane).
Agli esami ematici all’ingresso si documentava rialzo della troponina (TnI-hs 758 ng/l, cut off normalità 56 ng/l), WBC 12870/uL. All’ECG mostrava ritmo sinusale a 90 bpm, stacco alto del tratto ST in sede laterale. Si eseguiva quindi ecocardiogramma transtoracico (TT) che in acuto mostrava FE ventricolare sinistra ridotta (38%) e riduzione del GLS, ipocinesia diffusa, più evidente a livello della parete laterale ed inferiore, non valvulopatie di rilievo emodinamico (Figura 1). All’RX torace non addensamenti parenchimali in atto.
Avviava terapia cardioattiva con ACE-i e ß-bloccante e sospendeva Mesalazina in 4° giornata di ricovero per sospetto effetto cardiotossico del farmaco, avviando metronidazolo.
Persistendo dolore addominale il paziente veniva sottoposto a TC addome con mdc con riscontro di colite acuta e focolai di sospetta nefrite a carico del rene destro per cui avviava terapia antibiotica Eseguite urinocolture ed emocolture risultate negative; coprocolture, panel parassitologico, ricerca Clostridium Difficile e Quantiferon risultati negativi. Allo screening siero-virologico per miopericardite veniva riscontrata positività HHV6 e Parvovirus B19 a basso titolo, non significativi di infezione acuta o pregressa.
Durante la degenza regressione completa del dolore toracico (picco TnI di 758 ng/L riscontrato all’ingresso con normalizzazione nel corso della degenza), vomito ricorrente trattato con antiemetici e risoluzione delle irregolarità dell’alvo (non scariche ematiche durante la degenza), apiretico dalla 9° giornata (picco febbrile 38,2° in seconda giornata), calo degli indici di flogosi con normalizzazione dei WBC (picco 15440/microL in quarta giornata, neutrofili 12590/microL) e della PCR (picco 31 mg/dl in quinta giornata).
Visto il quadro clinico non indicativo per infezione in atto, veniva avviata terapia steroidea (Budesonide).
Durante la degenza si sono registrati plurimi parossismi di FA e flutter 2:1, auto-risoltasi (in un’occasione somministrato con beneficio carico di Amiodarone); non avviata terapia anticoagulante orale per CHA2DS2-VASC = 0 (Figura 2).
L’ecocardiogramma ha mostrato un progressivo miglioramento progressivo della funzionalità cardiaca: con stima di FE ventricolare sinistro pari a 54%, normalizzazione dei valori di GLS non deficit di cinetica segmentaria non versamento pericardico (Figura 3).
Eseguito inoltre screening reumatologico con riscontro di positività per ANCA, reperto aspecifico nel contesto di quadro infiammatorio acuto in atto.
Veniva inoltre eseguita risonanza magnetica (RM) cardiaca con MDC che documentava FE ai limiti inferiori di norma (FE 54%) in assenza di edema e/o fibrosi miocardica (Figura 4). Inoltre come esame di approfondimento, veniva eseguita PET Total-body che confermava assenza di patologia ad elevata componente metabolica a livello totale corporeo ed in particolare in corrispondenza delle pareti dei grandi vasi.
Discussione
La Mesalazina (5-ASA) è comunemente prescritta come terapia medica di prima linea nel trattamento della colite ulcerosa (RCU). Gli effetti collaterali più frequentemente riportati sono nausea, vomito e dolore addominale. Effetti collaterali più rari includono pancreatite, discrasie ematiche e problemi cardiovascolari. La miocardite è una complicanza rara della terapia con 5-ASA con conseguenze però potenzialmente letali. Il meccanismo con cui 5-ASA causa la miocardite non è chiaro, ma è ipotizzato essere cellulo-mediato, attraverso una reazione di ipersensibilità.
La miocardite da Mesalazina si verifica entro 2-4 settimane dall’ inizio del trattamento. Gli studi pubblicati su questo argomento hanno dimostrato come le complicanze cardiache da 5-ASA rispondono bene alla semplice interruzione di questo farmaco, supportando ulteriormente l’ipotesi del maccanismo sottostante da ipersensibilità.
Tuttavia, stabilire una diagnosi di miocardite causata da 5-ASA è particolarmente difficile perché non ci sono risultati specifici derivati da dati di laboratorio o imaging cardiaco che siano patognomonici di questa condizione. Le caratteristiche chiave da riconoscere sono l’esordio del dolore toracico, dispnea o febbre subito dopo l’inizio del trattamento, di solito entro 28 giorni. Tecniche di imaging non invasive come l’ecocardiografia e la RM cardiaca hanno una buona capacità diagnostica e possono offrire un’alternativa alla biopsia miocardica, che pur rappresentando il gold standard diagnostico, viene eseguito raramente.
L’interruzione del trattamento con 5-ASA dovrebbe essere sempre applicata pur essendo necessario escludere altre cause di miocardite, tra cui forme virali, secondarie a vasculite o a manifestazioni extraintestinali di IBD.
Conclusioni
In pazienti che si presentino con dolore toracico, dispnea e febbre entro 28 giorni dall’avvio di Mesalazina, la terapia deve essere interrotto immediatamente, in quanto il farmaco rappresenta una rara, seppur possibile causa di miocardite acuta, con conseguenze potenzialmente drammatiche.