Prevalenza e valore diagnostico di siti di deposito extra-ventricolari all’ecocardiogramma, in strutture non convenzionali nell’amiloidosi cardiaca da transtiretina.

Gianluca Di Bella a, Francesco Cappellib , Roberto Licordaria,  Paolo Piaggic, Mariapaola Campisia , Diego Bellaviad, Fabio Minutolie, Luca Gentilea, Massimo Russoa, Cesare de Gregorioa , Federico Perfettob, Anna Mazzeoa, Calogero Fallettad, Francesco Clemenzad,  Giuseppe Vitaa,  Scipione Carerja, Giovanni Donato Aquarof.

a  Dipartimento di medicina clinica e sperimentale , Università di Messina, Messina, Italia;

b Ospedale Universitario Careggi, Firenze, Italia.

cDipartimento di medicina clinica e sperimentale, Università di Pisa, Pisa, Italia
d Divisione di malattie cardiovascolari, Dipartimento Cardio-toracico, IRCCS-ISMETT, Palermo, Italia.

eDipartimento di scienze biomediche e dentali e di imaging morfofunzionale, Università di Messina,

f Fondazione Monasterio, Regione Toscana, Pisa, Italia.

ABSTRACT

L’amiloidosi cardiaca (AC) è una cardiomiopatia a fenotipo ipertrofico con deposizione di fibrille nell’interstizio cardiaco. Presentiamo lo studio, il cui scopo era di valutare la prevalenza e il valore diagnostico di siti di deposito extra-ventricolari, in strutture non convenzionali, valutati all’ecocardiogramma. 146 pazienti, con spessore del ventricolo sinistro (VS) ≥ 15mm, sono stati arruolati: 70 pazienti avevano ricevuto diagnosi di cardiomiopatia ipertrofica sarcomerica (gruppo HCM) e 76 con amiloidosi (gruppo AC). Il gruppo AC mostrava maggiori dimensioni della crista terminalis (CriT), del setto interatriale (SIA), del coumadin ridge (CouR), del piano atrio-ventricolare (AVP), lamina mitro-aortica (MAL).  Sono stati identificati i seguenti cut-off per determinare la presenza di AC: SIA>9mm, MAL>7mm, CriT>9mm2. Tali evidenze di fronte ad un paziente a fenotipo ipertrofico dovrebbero suggerire approfondimenti diagnostici.

COMMENTO

L’amiloidosi cardiaca (AC) è una cardiomiopatia a fenotipo ipertrofico caratterizzata dalla deposizione di fibrille nell’interstizio di miocardio, valvole, pericardio e vasi, che porta ad un aumento degli spessori ventricolari [1]. I sottotipi più comuni sono quella da catene leggere (AL), da trans-tiretina mutata (ATTRv) e da trans-tiretina wild-type (ATTRwt) [2].

Figura 1. I pannelli A-C mostrano su sezione apicale quattro camere una grande crista terminalis (frecce rosse) e un prominente Coumadin ridge (frecce bianche). I pannelli D-F mostrano su sezioni apicali cinque camere un coinvolgimento diffuso della lamina mitro-aortica (frecce rosse).

L’aumento dello spessore del setto inter-atriale (SIA) è stato osservato nell’AC [3]. La deposizione di amiloide può essere osservata in altre strutture extra-ventricolari [piano atrio-ventricolare (AVP), coumadin ridge (CouR), lamina mito-aortica (MAL), valvola di Eustachio (EusV) o crista terminale (CriT)].

Gli obiettivi del nostro studio sono (1) descrivere le localizzazioni extra-ventricolari della deposizione di amiloide; e (2) valutarne l’accuratezza nel distinguere l’AC dalla cardiomiopatia ipertrofica sarcomerica (HCM).

Abbiamo arruolato prospetticamente 155 pazienti con fenotipo ipertrofico (spessore della parete del VS di >15 mm con ventricolo sinistro non dilatato, senza possibili cause emodinamiche di ipertrofia).

Le sezioni apicali quattro e cinque camere sono state utilizzate per rilevare CouR (cm2), CriT (cm2), EusV (cm2), AVP (mm) e SIA (mm). La media di misurazioni in cinque camere e asse lungo parasternale è stata utilizzata per calcolare la MAL (mm) (Figura 1). La media delle misurazioni dalle sezioni para-sternale ad asse lungo ed asse corto è stata utilizzata per quantificare la parete anteriore dell’aorta ascendente (mm) (Figura 2). Tutti i parametri sono stati misurati in tele-diastole.

La popolazione finale era composta da 146 pazienti (9 pazienti sono stati esclusi per motivi tecnici e per altre diagnosi). 66 pazienti avevano una AC da transtiretina (gruppo AC) e 70 HCM (gruppo HCM).

Figura 2. Il pannello (A) mostra ispessimento del setto interventricolare ispessito e della parete anteriore dell’aorta ascendente in sezione parasternale asse lungo (freccia rossa). La sezione parasternale asse corto a livello aortico mostra ispessimento della parete anteriore dell’aorta ascendente [freccia rossa sul pannello (B)].

La presenza di CriT è stata osservata più comunemente (p=0.003) nel gruppo AC rispetto al gruppo HCM; mentre la presenza di EusV era simile. Il gruppo AC ha mostrato un significativo aumento dello spessore di CriT, CouR, AVP, MAL e SIA rispetto al gruppo HCM.

I pazienti con AC hanno mostrato una maggiore prevalenza di 2 o più localizzazioni extra-ventricolari (Figura 3).

L’analisi multivariata ha mostrato come predittori indipendenti di AC: area CriT, MAL e LVEF.

Secondo l’analisi delle curve ROC, i migliori cut-off per l’identificazione del gruppo AC erano SIA > 9 mm, MAL > 7mm, CriT > 90mm2 e CouR > 80mm2. Un SIA ispessito aveva la migliore specificità (96%) e valore predittivo positivo (93%) ma mostrava bassa sensibilità (44%) e valore predittivo negativo (57%) nell’identificazione della AC. Combinando i parametri (CriT, MAL, SIA e CouR), la presenza di uno o più parametri è stata associata a una sensibilità del 92%, una specificità del 39%, un valore predittivo positivo (PPV) del 66% e un valore predittivo negativo (NPV) del 79% nell’identificazione della AC; combinando almeno 3 parametri è stata osservata una specificità del 100% e un PPV del 100%.

Figura 3. Distribuzione dei segni di deposito extra-ventricolare (0-4) in pazienti con HCM e CA.

Questo è il primo studio prospettico che valuta la prevalenza ecocardiografica e il ruolo diagnostico dei segni di deposizione di amiloide extra-ventricolare. I principali risultati sono: (1) la deposizione di amiloide extra-ventricolare è frequente nella AC da transtiretina; (2) MAL, CriT, SIA e frazione d’eiezione ventricolare sinistra (FEVS) più bassa sono predittori indipendenti di AC da transtiretina; (3) la combinazione di questi segni di deposito extra-ventricolare aumenta l’accuratezza diagnostica per la AC.

Precedentemente, Falk e colleghi hanno dimostrato che il SIA ispessito aveva un’elevata specificità nella diagnosi di AC [3]. I nostri dati dimostrano che anche altre strutture cardiache, non indagate di routine, possono essere coinvolte nel deposito di amiloide cardiaca e possono indirizzare la diagnosi.

Davanti ad un paziente con fenotipo ipertrofico, l’evidenza di ispessimento di CriT o MAL dovrebbe essere altamente suggestiva di AC da transtiretina e spingere ad approfondimenti diagnostici.

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Per saperne di più:

Gianluca Di Bella, Francesco Cappelli, Roberto Licordari, Paolo Piaggi, Mariapaola Campisi, Diego Bellavia, Fabio Minutoli, Luca Gentile, Massimo Russo, Cesare de Gregorio, Federico Perfetto, Anna Mazzeo, Calogero Falletta, Francesco Clemenza, Giuseppe Vita, Scipione Carerj & Giovanni Donato Aquaro (2022): Prevalence and diagnostic value of extra-left ventricle echocardiographic findings in transthyretin-related cardiac amyloidosis, Amyloid, DOI: 10.1080/13506129.2022.2064739

Figura-2

L’ischemia in assenza di malattia coronarica ostruttiva (INOCA): nuove evidenze

Autori: Alice Bonanni 1,2,† , Alessia d’Aiello 1,2,†, Daniela Pedicino 1,2,*, Marianna Di Sario 1, Ramona Vinci 1,2 , Myriana Ponzo 1 , Pellegrino Ciampi 1, Denise Lo Curto 1, Cristina Conte 1, Francesco Cribari 1, Francesco Canonico 2 , Giulio Russo 1,2, Rocco Antonio Montone 1,2, Carlo Trani 1,2, Anna Severino 1,2, Filippo Crea 1,2 and Giovanna Liuzzo 1,2

Affiliazioni

1 Dipartimento di Scienze Cardiovascolari e Polmonari, Università cattolica del Sacro Cuore ,00168 Roma, Italia

2 Dipartimento di Scienze Cardiovascolari, Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, 00168 Rome, Italia;

† Questi autori hanno contribuito equamente alla stesura del paper 

Fino al 50% dei pazienti sottoposti ad angiografia coronarica per angina non presentano malattia coronarica ostruttiva (1). Nonostante l’aspetto angiografico possa risultare rassicurante, sempre maggiori evidenze dimostrano che, in realtà, la prognosi di tale classe di pazienti non è così benigna (2).

Al momento attuale mancano linee guida internazionali concordi sulla diagnosi e sul trattamento dei pazienti con ischemia ed assenza di malattia coronarica ostruttiva (INOCA); è ragionevole quindi pensare che spesso tali pazienti non vengano correttamente individuati e, quindi, trattati.

Trentotto pazienti sintomatici per angina e ricoverati presso il nostro Nosocomio in regime di elezione sono stati arruolati prospettivamente e sottoposti a prelievo di sangue venoso periferico e studio coronarografico. Cellule mononucleate isolate da materiale biologico sono state sottoposte ad analisi array di espressione genica. I pazienti sono stati suddivisi in due gruppi in base ai risultati della coronarografia. In particolare, diciotto pazienti presentavano assenza di malattia coronarica ostruttiva e venti pazienti avevano malattia coronarica ostruttiva.

Nei pazienti con disfunzione microvascolare è stata osservata una ridotta produzione di molecole infiammatorie coinvolte nell’adesione cellulare (quali TNF, fattore di necrosi tumorale; VEGFA, fattore di crescita dell’endotelio vascolare A; CD31, Molecola di adesione delle piastrine e delle cellule endoteliali 1; ICAM1 e VCAM 1, Molecola di Adesione Intercellulare 1 e Vascolare) e nella risposta infiammatoria pro-aterogena (tra cui TFRC, recettore della transferrina).

L’aumentata produzione di TNF potenzia l’espressione di molecole di adesione vascolare e, a sua volta, induce la proliferazione e la trasmigrazione cellulare, noti fenomeni alla base della formazione e della crescita della placca aterosclerotica (3). Il VEGFA lavora simultaneamente al TNF stimolando la proliferazione e l’arrivo di cellule infiammatorie a livello dell’intima vascolare (4); molecole di adesione quali CD31 e ICAM1 consentono il recruitment, la transmigrazione vascolare e l’entrata dei leucociti a livello della tonaca vascolare (5; 6). Anche i livelli di espressione genica dei recettori della transferrina responsabili dell’uptake del ferro intracellularmente, sono risultati alterati; ad essi viene imputata una plausibile tossicità mitocodriale ferro-relata, che esita in un’ aumentata produzione di specie radicaliche ed ossitative e nella progressione dello stato infiammatorio locale e sistemico (7;8).

Parallelamente, in tali pazienti è stata evidenziata un’aumentata espressione genica di Ialuronidasi 2 (HYAL 2), una proteina implicata nel turnover della matrice extracellulare e nel metabolismo dell’acido ialuronico.

HYAL2 è una proteina nota ed ampiamente studiata nel contesto dello shear stress vascolare e nel meccanismo dell’erosione di placca aterosclerotica (9;10); di contro non ci sono ancora evidenze del suo ruolo nella disfunzione microcircolatoria.

Il principale meccanismo patogenetico degli INOCA è rappresentato dalla disfunzione dell’endotelio e delle cellule muscolari lisce; in tale setting, l’endotelina-1 (EDN1), attivando a valle una risposta infiammatoria e un disequilibrio ossidativo, ne risulta essere la principale responsabile (11;12;13). In aggiunta ad essa, lo stress di parete, co-responsabile della disfunzione microcircolatoria, induce la distruzione HYAL-mediata della matrice cellulare e tale meccanismo potrebbe spiegare almeno in parte la genesi e la progressione della disfunzione microcircolatoria, sino alla riduzione della riserva di flusso coronarica.  Le alterazioni del flusso coronarico locale potrebbero essere, infatti, uno stimolo aggiuntivo pro-infiammatorio che elicita l’espressione di HYAL2, responsabile a sua volta dell’ampliazione del danno (11,12).

Conclusioni: In base alle evidenze attuale, l’unico strumento diagnostico disponibile per distinguere pazienti affetti da angina con malattia coronarica ostruttiva versus non ostruttiva è l’angiografia coronarica con valutazione emodinamica del circolo coronarico ed i test di vasoreattività. Le profonde differenze molecolari tra i due gruppi di pazienti emerse nel nostro studio, oltre a chiarire i meccanismi fisiopatologici sottesi, potrebbero consentire una diagnosi differenziale precoce e non invasiva.

Figura 1. L’ Istogramma mostra e confronta i livelli di espressione genica delle molecole in esame nei due gruppi di pazienti (INOCA Vs ObCCS).

INOCA = ischemia in assenza di malattia coronarica ostruttiva

ObCCS = sindrome coronarica cronica ostruttiva

ADAMTS13 = ADAM Metallopeptidasi con Trombospondina Tipo 1 Motivo 13; ALOX5 = Arachidonato 5-Lipossigenasi; CD31 = Molecola di adesione delle piastrine e delle cellule endoteliali 1; CD44 = recettore ialuronico; EDN1 = Endotelina 1; GPX1 = Glutatione perossidasi 1; HYAL2 = Ialuronidasi 2; ICAM1 = Molecola di Adesione Intercellulare 1; LGALS8 = Galectina 8; MMP1 = metalloproteinasi di matrice 1; MMP2 = matrice metalloproteinasi 2; MMP9 = metalloproteinasi della matrice 9; NOS3 = ossido nitrico sintasi endoteliale; PI16 = inibitore della peptidasi 16; PLA2G7 = fosfolipasi A2 gruppo VII; SOD1 = Superossido dismutasi 1; TFRC = recettore della transferrina; TIMP1 = TIMP Inibitore della metallopeptidasi 1; TNF = fattore di necrosi tumorale; VCAM1 = Molecola di adesione delle cellule vascolari 1; VEGFA = fattore di crescita dell’endotelio vascolare A.

Figura 2. Gli istogrammi mostrano e confrontano i livelli di espressione genica delle molecole in esame nei due gruppi di pazienti (INOCA Vs ObCCS).

INOCA = ischemia in assenza di malattia coronarica ostruttiva

ObCCS = sindrome coronarica cronica ostruttiva

CD31 = Molecola di adesione delle piastrine e delle cellule endoteliali 1; HYAL2 = Ialuronidasi 2; ICAM1 = Molecola di Adesione Intercellulare 1; TFRC = recettore della transferrina; TNF = fattore di necrosi tumorale; VEGFA = fattore di crescita dell’endotelio vascolare A

Figura 3. IMMAGINE CHIAVE

Curva ROC (Receiver Operating Characteristic) per la previsione di INOCA/ObCCS basata sull’espressione genica di CD31, ICAM1, TFRC, TNF, VEGFA, HYAL2.

L’area sotto la curva (AUC) è uguale a 0,5 quando la curva ROC corrisponde a casualità e 1,0 per una perfetta precisione. Un AUC maggiore di 0,9 ha un’accuratezza elevata, mentre 0,7–0,9 indica un’accuratezza moderata e 0,5–0,7 bassa precisione.

CD31 = Molecola di adesione delle piastrine e delle cellule endoteliali 1; HYAL2 = Ialuronidasi 2;          ICAM1 = Molecola di Adesione Intercellulare 1; TFRC = recettore della transferrina; TNF = fattore di necrosi tumorale; VEGFA = fattore di crescita dell’endotelio vascolare A.

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Figure1

Adozione della litotrissia intravascolare per la preparazione dell’asse iliaco-femorale nelle procedure di TAVI: un registro Europeo, prospettico e multicentrico.

Lars Søndergaard2, MD, DMSc; Francesca Ristalli1, MD; Francesco Meucci1, MD; Miroslava Stolcova1, MD; Alessio Mattesini1, MD; Pierluigi Demola1, MD; Xi Wang2,4, MD; Anees Al Jabri5, MD; Tullio Palmerini3, MD; Antonio Giulio Bruno3, MD, FISC; Alfonso Ielasi6, MD, FESC; Eric Van Belle7, MD, PhD, FESC, FACC; Sergio Berti5, MD; Carlo Di Mario1*, MD, PhD, FACC, FSCAI, FRCP, FESC

1. Structural Interventional Cardiology, Department of Clinical & Experimental Medicine, University Hospital Careggi, Florence, Italy; 2. The Heart Center, Rigshospitalet, Copenhagen University Hospital, Copenhagen, Denmark; 3. Interventional Cardiology Unit, Cardio-Thoracic Vascular Department, University Hospital of Bologna, Policlinico Sant’Orsola-Malpighi, Bologna, Italy; 4. Department of Cardiology, West China Hospital, Sichuan University, Chengdu, Sichuan, China; 5. CNR Cardiovascular Centre, Massa, Italy; 6. Istituto Clinico Sant’Ambrogio, Gruppo Ospedaliero San Donato, Milan, Italy; 7. Department of Interventional Cardiology for Coronary, Valves and Structural Heart Diseases, Cardiology, Institut Cœur Poumon, CHU de Lille, Université Lille, Lille, France

Abstract

La presenza di severa calcificazione dell’asse iliaco-femorale può compromettere l’esecuzione di TAVI per via femorale, che rappresenta il gold standard dell’accesso. Questo registro multicentrico ha valutato prospetticamente tra il 2018 ed il 2020 l’utilizzo di litotrissia intravascolare per la preparazione dell’asse iliaco-femorale in 108 pazienti sottoposti a TAVI transfemorale in severa calcificazione periferica. Il delivery della valvola è stato ottenuto nella totalità dei casi a scapito di una perforazione e tre dissezioni maggiori a livello del sito di applicazione della litotrissia. La metodica si è rivelata efficace e sicura nel preservare l’accesso transfemorale permettendo una netta riduzione degli accessi alternativi.

Testo

La presenza di severa aterosclerosi calcifica dell’asse iliaco femorale può compromettere l’esecuzione di impianto di valvola aortica per via percutanea (TAVI) per via femorale, che rappresenta il gold standard per tale procedura.

La litotrissia intravascolare (IVL) si propone in questo contesto come una nuova e promettente tecnologia per il trattamento delle placche calcifiche intravascolari, sia periferiche che coronariche, favorendo così una adeguata la preparazione delle lesioni calcifiche in modo da aumentare la compliance vascolare e quindi di facilitare il passaggio dei comuni sistemi di delivery delle valvole per via percutanea. Attraverso l’emissione di onde meccaniche ad alta pressione mediante palloni di diverse dimensioni il sistema Shockwave è in grado di frantumare il calcio vasale sia a livello dell’intima che della media creando vere e proprie fratture circonferenziali e longitudinali per tutto lo spessore del calcio aumentando così la compliance vascolare.

Le onde sonore pulsatili agiscono in maniera selettiva sulla componente calcifica del vaso, esercitando in tale sede una pressione effettiva fino a 50 atm, risparmiando il tessuto soft dell’endotelio, pertanto tale tecnologia si è dimostrata essere non solo efficace ma anche dotata di un elevato profilo di sicurezza, associandosi ad un basso tasso di complicanze peri-procedurali.

L’obiettivo di questo registro multicentrico è stato quello di valutare prospetticamente per la prima volta in letteratura l’efficacia e la sicurezza della litotrissia intravascolare nel facilitare il passaggio per via transfemorale dei sistemi di delivery delle valvole di una popolazione di pazienti candidati a TAVI tra gennaio 2018 e dicembre 2020 con severa calcificazione periferica riportata alla angioTC pre-procedurale di studio degli accessi vascolari. La preparazione dell’asse iliaco-femorale mediante IVL è stata eseguita in 108 pazienti, mostrando un incremento del successo di TAVI per via transfemorale dal 2.4% al 6.5% nel periodo in esame. Inoltre è stato osservato un consensuale declino dell’utilizzo di accessi alternativi per TAVI a partire dal 2018, parallelo all’adozione della litotrissia a partire dal 2018, quando questa tecnologia è stata impiegata per la prima volta in questo contesto (Figura Chiave). La lesione target interessava l’arteria iliaca comune ed esterna nel 93.5% dei casi, con un diametro luminale minimo di 4.6±0.9 mm ed un’estensione pressoché circonferenziale della calcificazione (arco di calcio di 318 gradi in media). Grazie all’utilizzo di IVL (pallone Shockwave periferico 7 mm nella maggiorparte dei casi, 300 impulsi), il delivery della valvola per via transfemorale è stato ottenuto con successo nella totalità dei casi, seguito da un successo procedurale del 98.2% dovuto ad un caso di rottura dell’annulus valvolare ed ad un caso di embolizzazione distale della valvola dopo il rilascio. Per quanto riguarda le complicanze relative all’utilizzo della litotrissia, sono state riportate una perforazione vasale e tre dissezioni maggiori che hanno richiesto impianto di stent ricoperti. Sono stati inoltre descritti tre casi di sanguinamenti maggiori come complicanze legate al sito di accesso e tre casi di decesso intraospedaliero (rottura annulus valvolare, arresto cardiaco dopo dilatazione della valvola, insorgenza di iperkaliemia in paziente con riacutizzazione di insufficienza renale cronica).

La preparazione della calcificazione dell’asse iliaco-femorale mediante litotrissia intravascolare ha permesso negli ultimi anni di salvaguardare l’accesso femorale che rappresenta il gold standard nelle procedure di TAVI, evitando così di dover ricorrere ad accessi alternativi che spesso richiedono un accesso chirurgico e sono quindi associate ad un alto tasso di complicanze peri-procedurali. La tecnologia Shockwave si è rivelata non soltanto efficace nel facilitare il passaggio per via femorale dei grossi sistemi di delivery delle valvole ma anche sicura, con un numero relativamente basso di complicanze maggiori associate all’utilizzo di tale metodica.

Figure 1: AngioTC pre-procedurale di valutazione degli accessi mostra vasi severamente calcifici e tortuosi con lunga malattia calcifica quasi circonferenziale.

Figura 2: l’impiego della litotrissia intravascolare dell’asse iliaco-femorale bilateralmente permette il passaggio del sistema di delivery della valvola in assenza di complicanze al controllo angiografico finale.

Fiugra 3- Figura chiave: Da quando è stata introdotta la litotrissia nel 2018, si è progressivamente assistito ad un aumento delle TAVI per via femorale e ad una consensuale riduzione degli accessi alternativi.

figura-4

Coesistenza di anomalia d’origine aortica dell’arteria discendente anteriore e ALCAPA in un adolescente asintomatico.

Autori

Adelina Selimi1, Francesco Bianco2, Federico Guerra1, Marco Pozzi 2, Antonio Dello Russo1

1 Clinica di Cardiologia e Aritmologia, Università Politecnica delle Marche, AOU Ospedali Riuniti Ancona “Umberto I, G. M. Lancisi, G. Salesi”

2 Cardiochirurgia e Cardiologia Pediatrica e Congenita, AOU Ospedali Riuniti Ancona “Umberto I, G. M. Lancisi, G. Salesi”

Abstract

Le anomalie congenite delle arterie coronarie includono una pletora di malformazioni congenite di origine, decorso, anatomia intrinseca e terminazione che si estrinsecano clinicamente con vari gradi di severità: dalla totale asintomaticità alla morte cardiaca improvvisa (1,2).  

Le anomalie d’origine aortica delle coronarie dal seno di Valsalva opposto rappresentano una cardiopatia congenita rara ma potenzialmente letale. Le anomalie più frequenti ed emblematiche sono rappresentate dall’origine dell’arteria coronaria destra dal seno di Valsalva di sinistra e dall’origine dell’arteria discendente anteriore dal seno di Valsalva di destra. La sintomatologia e la rilevanza clinica in termini di morte cardiaca improvvisa dipendono dal successivo decorso della coronaria ad origine anomala (3). 

Le anomalie d’origine delle coronarie dall’arteria polmonare sono entità molto rare: nello specifico l’origine dell’arteria circonflessa dall’arteria polmonare (ALCAPA) è spesso letale nel primo anno di vita se non riconosciuta e trattata (3,4).

Presentiamo il caso di un giovane atleta non agonista totalmente asintomatico con duplice anomalia d’origine delle coronarie ed un’anomalia intrinseca alla anatomia.

Caso clinico

Un atleta non agonista di 14 anni altrimenti sano e asintomatico, si è presentato al nostro Dipartimento per riscontro di anomalie all’ECG nelle derivazioni inferiori e laterali (fig. 1).

All’ecocardiogramma si segnalavano spessori parietali lievemente aumentati, soprattutto a carico della parete infero-laterale (fig. 2). Veniva altresì segnalata una lieve ectasia dell’arteria coronaria destra all’origine. Al test ergometrico sub massimale non vi erano segni o sintomi di ridotta riserva coronarica.

Per la prosecuzione dell’iter diagnostico si è deciso di sottoporre il paziente a risonanza magnetica cardiaca (cMR) che mostrava un ventricolo sinistro ai limiti superiori della norma per dimensioni cavitarie e spessori parietali, ed un’accentuata trabecolatura endocardica apico-laterale senza conclamato raggiungimento di criteri cMR per non compattazione miocardica. Non venivano segnalate aree di late gadolinium enhancement (LGE). Veniva segnalata un’ectasia della coronaria destra con probabile anomalia di origine coronarica associata (fig. 3). Veniva pertanto proposto approfondimento Coro-TC (CCTA) per completa valutazione dell’origine e decorso delle arterie coronarie.

Lo studio coro-TC (fig. 4) ha confermato il sospetto di anomalia congenita delle arterie coronarie e nello specifico: 1) anomalia d’origine aortica dell’arteria discendente anteriore dal seno di Valsalva di destra con unico ostio con l’arteria coronaria destra e decorso anteriore pre-polmonare; 2) evidenza di duplicazione dell’arteria discendente anteriore, originante dal seno di Valsalva di sinistra, non biforcantesi; 3) origine anomala dell’arteria circonflessa dal ramo polmonare principale destro. Vi era altresì evidenza di circolo collaterale eterocoronarico.

Il paziente è stato sottoposto a correzione chirurgica con reimpianto dell’arteria circonflessa in corrispondenza del seno di Valsalva di sinistra. Non si sono verificati esiti durante il follow-up.

Discussione

L’origine dell’arteria discendente anteriore dal seno di Valsalva di destra è una condizione molto rara, con una prevalenza dello 0,03% (4). Viene considerata l’anomalia d’origine aortica più maligna a rischio di morte cardiaca improvvisa, a causa dell’esteso territorio di distribuzione a rischio di ischemia (5). La rilevanza clinica è determinata dal successivo decorso: storicamente il decorso inter-arterioso e intramurale risultano essere associati a ischemia miocardica e morte cardiaca improvvisa a causa della compressione in sistole tra i grossi vasi e all’interno della tunica media aortica, rispettivamente (5). Altre caratteristiche anatomiche associate a maggior rischio di ischemia e morte cardiaca improvvisa sono un ostio a “fessura” ed un angolo di take-off acuto (3,5). Al di là di queste caratteristiche “maligne” che conferiscono un maggior rischio di morte cardiaca improvvisa durante sforzo, la maggior parte dei pazienti con anomalie d’origine aortica sono asintomatici e pertanto rimangono non diagnosticati (3).

L’origine anomala dell’arteria circonflessa dall’arteria polmonare è un’anomalia di origine coronarica molto rara ma potenzialmente letale, con una prevalenza dello 0.008% (4). Le manifestazioni cliniche sono conseguenti all’ischemia nel territorio di distribuzione a causa dell’inversione del flusso dall’arteria circonflessa all’arteria polmonare dovuto alla fisiologica riduzione delle resistenze vascolari polmonari dopo la nascita (2). La maggioranza dei pazienti, qualora non diagnosticati e trattati, muoiono nel primo anno di vita per ischemia miocardica e scompenso cardiaco congestizio. Lo sviluppo di circoli collaterali estesi dalla coronaria destra permette la sopravvivenza fino all’età adulta, definendo il sottotipo “adulto” di ALCAPA che sembra correlare con un minor rischio di morte cardiaca improvvisa in soggetti con età superiore a 50 anni (3,6).

La duplicazione dell’arteria discendente anteriore è un’anomalia rara, non emodinamicamente significativa e spesso una delle due arterie origina dalla coronaria destra (4).  

Il caso qui presentato risulta essere emblematico per la totale asintomaticità, nonostante la coesistenza di più anomalie coronariche tra cui ALCAPA, anomalia coronarica tipicamente ad elevato rischio di ischemia miocardica, aritmie ventricolari e morte cardiaca improvvisa.

I motivi per cui il nostro paziente era asintomatico sono: 1) il decorso pre-polmonare dell’arteria discendente anteriore, tipicamente benigno, in assenza di altre caratteristiche “maligne” (es. ostio a “fessura”, decorso intramurale e angolo acuto di take-off), 2) la presenza di circoli collaterali nel territorio dell’arteria circonflessa sia dall’arteria coronaria destra che dall’arteria discendente anteriore duplicata.

Studi sulla storia naturale dell’ALCAPA anche in soggetti adulti documentano scarsi outcome se non trattata, con un’elevata incidenza stimata di morte cardiaca improvvisa a 35 anni (6). Pertanto, in base alle linee guida della Società europea di cardiologia (ESC) sulla gestione delle cardiopatie congenite che raccomandano in classe I C la correzione chirurgica dell’ALCAPA, il paziente è stato sottoposto a intervento chirurgico di reimpianto dell’arteria circonflessa (8).

Conclusioni

Un’estesa valutazione funzionale associata all’imaging multimodale (ecocardiogramma, cMR e CCTA) permettono di stratificare il rischio di ischemia e morte cardiaca improvvisa nei pazienti sintomatici e non con anomalie congenite coronariche (5,7).

Nel nostro caso, l’imaging multimodale ha permesso la diagnosi di ALCAPA in un paziente totalmente asintomatico nel contesto di coesistenza di più anomalie coronariche.

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Figure

Fig. 1 ECG: anomalie del tratto ST nelle derivazioni inferiori e laterali.

Fig. 2 Ecocardiogramma transtoracico: Apicale 4 camere

Fig. 3 cMR: vaso a decorso anomalo, sospetta anomalia coronarica.

Fig. 4 CCTA: 1) anomalia d’origine aortica dell’arteria discendente anteriore dal seno di Valsalva di destra con unico ostio con l’arteria coronaria destra e decorso anteriore pre-polmonare (IVA 1), 2) evidenza di duplicazione dell’arteria discendente anteriore, originante dal seno di Valsalva di sinistra (IVA 2), 3) origine anomala dell’arteria circonflessa dal ramo polmonare principale destro (Cx).

Figura-1-corr

Implantable defibrillator-detected heart failure status predicts atrial fibrillation occurrence

Matteo Bertini, MD, PhD1, Francesco Vitali, MD1, Luca Santini, MD2, Vincenzo Tavoletta, MD3, Angelo Giano, MD4, Gianluca Savarese, MD5, Antonio Dello Russo, MD6, Vincenzo Ezio Santobuono, MD7, Agostino Mattera, MD8, Carlo Lavalle, MD9, Claudia Amellone, MD10, Domenico Pecora, MD11, Raimondo Calvanese, MD12, Antonio Rapacciuolo, MD13, Monica Campari, MS14, Sergio Valsecchi, PhD14, Leonardo Calò, MD15,

Affiliazioni:

1Cardiology Unit, Sant’Anna University Hospital, University of Ferrara, Ferrara, Italy,

2“Giovan Battista Grassi” Hospital, Rome, Italy,

3Unità Operativa di Elettrofisiologia, Studio e Terapia delle Aritmie”, Monaldi Hospital, Naples, Italy,

4OO.RR. San Giovanni di Dio Ruggi d’Aragona, Salerno, Italy

5S. Giovanni Battista Hospital, Foligno, Italy,

6Clinica di Cardiologia e Aritmologia, Università Politecnica delle Marche, “Ospedali Riuniti”, Ancona, Italy, 7University of Bari, Policlinico di Bari, Bari, Italy,

8S. Anna e S. Sebastiano Hospital, Caserta, Italy,

9Policlinico Umberto I, Rome, Italy,

10 ”Maria Vittoria” Hospital, Turin, Italy,

11Fondazione Poliambulanza, Brescia, Italy,

12Ospedale del Mare, ASL NA1, Naples, Italy,

13Policlinico Federico II, Naples, Italy,

14Boston Scientific Italia, Milan, Italy,

15Policlinico Casilino, Rome, Italy.

Commento di:

Rodolfo Francesco Massafra, Federico Gibiino, Alberto Boccadoro. Cardiology Unit, Sant’Anna University Hospital, University of Ferrara, Ferrara, Italy.

ABSTRACT

La fibrillazione atriale (FA) è frequente e prognosticamente impattante nel paziente con scompenso cardiaco (SC).[1] Tra queste due condizioni cliniche vi è un profondo e complesso legame bidirezionale basato su vie fisiopatologiche comuni. La diagnostica dei dispositivi cardiaci impiantabili permette di valutare l’insorgenza di FA subclinica, registrata come episodi di elevata frequenza atriale (AHRE) e la progressione del suo burden giornaliero. Inoltre, alcuni defibrillatori forniscono algoritmi di valutazione del compenso cardiocircolatorio efficaci nel predire episodi di SC con anticipo.[2]

Nel nostro studio abbiamo valutato l’associazione tra valori dell’indice HeartLogic come surrogato del compenso cardiocircolatorio e l’incidenza di FA subclinica valutata attraverso l’incidenza di AHRE.

COMMENTO

L’impatto prognostico peggiorativo dell’FA nello SC è ben noto. Oggi alcuni defibrillatori hanno a disposizione algoritmi in grado di anticipare l’insorgenza di SC. Inoltre, dispositivi con elettrocatetere atriale, sono in grado di registrare AHRE.

Il nostro è uno studio di registro multicentrico che ha arruolato pazienti con ICD o CRT-D con SC e FE ventricolare sinistra ≤35%. All’arruolamento è stato attivato HeartLogic, un algoritmo multiparametrico (frequenza cardiaca, primo e terzo tono, frequenza respiratoria, impedenza transtoracica, attività del paziente) di monitoraggio del compenso cardiocircolatorio, che fornisce un punteggio giornaliero e attiva un allarme di rischio di SC quando supera una certa soglia (valore nominale 16). Questo allarme è relato a rischio aumentato di episodi di SC a 30 giorni. È stato inoltre valutato il burden di AHRE, validati da parte di un elettrofisiologo, con incidenza cumulativa nel periodo di follow-up ≥5 minuti/die, ≥6 ore/die e ≥23 ore/die.

Sono stati valutati 568 pazienti per un follow-up di 25 mesi. L’indice HeartLogic superava il valore soglia 1200 volte (0.71 alert per paziente-anno) in 370 pazienti. Il tempo mediano IN-alert era il 7%. Il burden di FA subclinico giornaliero ≥5 minuti/die era documentato in 183 pazienti (32%), ≥6 ore/die in 118 pazienti (21%) e ≥23 ore/die in 89 pazienti (16%).

Una regressione multivariata tempo-dipendente aggiustata per le variabili cliniche associate allo sviluppo di AHRE all’univariata ha esaminato come covariata di interesse la media settimanale dell’indice HeartLogic nei periodi di allarme attivo (IN-alert) e inattivo (OUT-of-alert).

All’analisi multivariata lo stato IN-alert risultava indipendentemente associato con un burden di FA ≥5 minuti/die (HR 1.95, 95% CI 1.22–3.13; P = .005), ≥6 ore/die (HR 2.66, 95% CI 1.60–4.44; P <.001), e ≥23 ore/die (HR 3.32, 95% CI 1.83–6.02; P <.001), dopo correzione per età, storia di FA pregressa, insufficienza renale cronica e pneumopatia [Figura 1A].

Inoltre, comparando i burden di FA subclinica durante stato IN-alert rispetto ad OUT-of-alert all’analisi multivariata, l’HR era 1.57 (95% CI 1.04–2.50, P = .042) per un burden ≥5 minuti/die, 2.06 (CI 1.22–3.47, P = .007) per ≥6 ore/die e 3.11 (95% CI 1.73–5.57 (P< .001) per ≥23 ore/die. L’associazione temporale col primo episodio di allarme era già presente per burden di FA ≥5 minuti/die e aumentava al crescere del burden [Figura 2].

Con il nostro studio abbiamo dimostrato come lo stato di allerta dell’indice risultava associato indipendentemente con sviluppo di FA subclinica con una relazione bidirezionale. L’algoritmo in studio inoltre mostra capacità di stratificazione dinamica del rischio di FA subclinica nel paziente con SC. Lo stato IN-alert identificava indipendentemente pazienti 2-3 volte più a rischio di FA. Viceversa, anche il riconoscimento di AHRE si associava ad allarme per SC. Recenti evidenze mostrano l’efficacia degli interventi farmacologici guidati da allarme di scompenso cardiaco di ICD/CRT-D su tasso e durata degli episodi di SC.[3] Dal monitoraggio dei dispositivi potrebbe in futuro emergere il ruolo di tali trattamenti anche sull’insorgenza e sulla riduzione del burden di FA, rafforzando il ruolo ben noto della terapia upstream sulla progressione della patologia, così come potrebbe evidenziare il ruolo delle strategie di controllo del ritmo sugli outcome di SC. 

Figura 1 (Figura chiave)

  1. Analisi di regressione di Cox: associazione tra lo stato settimanale IN-alert e burden di FA ≥5 minuti/giorno, ≥6 ore/giorno e ≥23 ore/giorno, dopo aggiustamento per variabili cliniche. CKD = insufficienza renale cronica; COPD = broncopneumopatia cronica ostruttiva.
  2. Curva di Kaplan-Meier: tempo al primo AHRE secondo i burden di FA analizzati (≥5 minuti/giorno, ≥6 ore/giorno e ≥23 ore/giorno) negli stati IN-alert e OUT-of-alert.

Figura 2

Curva di Kaplan–Meier: tempo al primo alert HeartLogic dopo riconoscimento di un burden di FA rispettivo ≥5 minuti/giorno, ≥6 ore/giorno e ≥23 ore/giorno. Il Gruppo senza FA è mostrato per comparazione. AF = fibrillazione atriale; AHRE = episodi di elevate frequenza atriale

Per saperne di più:

Bertini M, Vitali F, Santini L, Tavoletta V, Giano A, Savarese G, Russo AD, Santobuono VE, Mattera A, Lavalle C, Amellone C, Pecora D, Calvanese R, Rapacciuolo A, Campari M, Valsecchi S, Calò L. Implantable defibrillator-detected heart failure status predicts atrial fibrillation occurrence. Heart Rhythm. 2022 May;19(5):790-797. doi: 10.1016/j.hrthm.2022.01.020. Epub 2022 Jan 20. PMID: 35066184.

Figure ristampate e modificate da: Heart Rhythm, Vol 19, No 5, May 2022, pages 790-797.

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Immagine2

Arrhythmic myocarditis in an adolescent male: A unique presentation of multi-organ inflammatory syndrome (MIS-C)

Grazia Casavecchia, MDa, Maria Delia Corboa, Matteo Gravinaa, Roberta Baronea, Michele Magnesaa,

Marco Meleb, Domenico D’Alessandrob, Riccardo Ievab, Massimo Iacovielloa, Luca Macarinia, Natale Daniele Brunetti, MD, PhDa

a Department of Medical & Surgical Sciences, University of Foggia, Foggia, Italy

b Policlinico Riuniti University Hospital, Foggia, Italy

Abstract

La malattia da Coronavirus (Covid)-19 può presentarsi nei bambini in modo asintomatico o con caratteristiche cliniche molto lievi. Una possibile complicanza, tuttavia, può essere rappresentata da una sindrome infiammatoria ritardata, successiva alla fase acuta dell’infezione da SARS-CoV-2 di settimane-mesi, con coinvolgimento multiorgano, simile alla malattia di Kawasaki. Questa sindrome infiammatoria multisistemica nei bambini (MIS-C) associata a SARS-CoV-2 si verifica di solito 4-6 settimane dopo l’infezione e si presenta con febbre alta, disfunzione d’organo, livelli elevati di marcatori infiammatori e segni di shock, in assenza di una ipotesi diagnostica alternativa [1].

Riportiamo il caso di miocardite aritmica associata a MIS-C che si è risolta dopo terapia antinfiammatoria e infusione di immunoglobuline.

Caso Clinico

Riportiamo il caso di un ragazzo di 15 anni che si è presentato al pronto soccorso per dolore toracico 42 giorni dopo l’infezione da SARS-CoV-2, che si alleviava in seguito a flessione in avanti del torace. Al ricovero la pressione arteriosa era 120/70 mmHg e l’esame obiettivo negativo. L’elettrocardiogramma ha mostrato tachicardia sinusale e sopraslivellamento del tratto ST diffuso (Fig. 1), QRS di ampiezza ridotta e valori QTc prolungati; I livelli di HS-troponina-I erano notevolmente aumentati (3652 ng/L, n.v. <20). L’ecocardiografia basale ha mostrato una funzione sistolica globale preservata e versamento pericardico minimo (Fig. 2). La radiografia del torace e l’emocromo erano normali. Il paziente è stato ricoverato in reparto di terapia intensiva cardiologica. Dopo l’ammissione, è comparsa la febbre (38°C), con dolori addominali e diarrea. L’ecografia addominale era normale. Un breve run (10 battiti) di tachicardia ventricolare è stato riscontrato al monitoraggio continuo dell’elettrocardiogramma. Il ragazzo è stato trattato con aspirina 1500 mg/die ed enoxaparina 4000 UI/die. Il livello di picco di hs-troponina-I è stato 12,333 ng/L, i livelli di NT-proBNP 1.570 pg/mL, D-dimero 991 ng/mL e proteina C-reattiva 110 mg/L (nv <5). I livelli di IgG del virus SARS-CoV-2 erano notevolmente aumentati, mentre test degli autoanticorpi, epatite B/C e IgM per virus comuni (parotite, varicella, mononucleosi, toxoplasma, parvovirus-19, rosolia, citomegalovirus, i livelli di herpes virus1–2, paramyxovirus, Mycoplasma Pneumonie) erano negativi.

In presenza di diagnosi di MIS-C (miocardite acuta con sintomi intestinali) sono state infuse immunoglobuline per via endovenosa, con netto miglioramento dei test di laboratorio e una riduzione dei livelli di hs-troponina I (5749 ng/L) (Fig. 3). La risonanza magnetica cardiaca ha mostrato un aumento del segnale diffuso nelle pareti del ventricolo sinistro al T1 mapping nativo. (Fig. 2a-b), aumento del segnale con distribuzione “a chiazze” delle pareti del ventricolo sinistro nelle sequenze T2-STIR edema (Fig. 2c-d), aree multiple di segnale aumentato con distribuzione media e subepicardica all’interno delle pareti ventricolari sinistre nelle sequenze per Early Gadolinium Enhancement e aumento del segnale con distribuzione “a macchia di leopardo” della sinistra pareti ventricolari nella sequenza PSIR, compatibili con necrosi miocardica da miocardite acuta (Fig. 2e-f).

Alla dimissione, l’elettrocardiogramma mostrava ritmo sinusale con Onde T negative e i livelli di marcatori infiammatori (CRP) e hs-troponina-I erano ridotti. Il paziente è stato dimesso 12 giorni dopo il ricovero, asintomatico, con defibrillatore indossabile. Al follow-up a 3 mesi la risonanza magnetica cardiaca ha mostrato una riduzione di segnale nelle sequenza T1 Native per lo studio Mapping (Fig. 2j-k), assenza di edema all’interno delle pareti del ventricolo sinistro nelle sequenze T2-STIR (Fig. 2l-m) e riduzione delle aree di potenziamento del Late Gadolinium enhancement compatibili con fibrosi (Fig. 2n-o). L’ecocardiografia era normale, senza versamento pericardico. L’elettrocardiogramma era normale, mentre i livelli di PCR ancora aumentato. La terapia con aspirina è stata ridotta a 1000 mg/die. L’ECG a riposo e il monitoraggio continuo con defibrillatore indossabile erano normali e non hanno mostrato alcun episodio di tachiaritmie ventricolari.

Discussione

Riportiamo il caso di MIS-C che si presenta con miocardite, tachicardia ventricolare e sintomi intestinali. 2Le condizioni cliniche sono migliorate dopo terapia con aspirina e infusione di immunoglobuline. In genere, i bambini sono stati colpiti in modo meno grave dall’infezione da SARS-CoV-2 rispetto agli adulti [3, 4]. L’incidenza della presentazione clinica grave in bambini varia tra il 2 e il 6%, con un rischio maggiore nei pazienti con pregresse comorbidità respiratorie, cardiologiche e neuromuscolari [3, 5]. Tuttavia, l’8 maggio 2020, il Center for Disease Control (CDC) negli Stati Uniti ha emesso un avviso descrivendo una nuova entità denominata MIS-C (sindrome infiammatoria multisistemica nei bambini associati con Covid-19). La definizione di MIS-C include [6]: a) un individuo di età <21 anni che presenta febbre, prove di laboratorio di infiammazione, e evidenza di malattia clinicamente grave che richiede il ricovero in ospedale, con coinvolgimento multisistemico (>2) d’organo (cardiaco, renale, respiratorio, ematologico, gastrointestinale, dermatologico o neurologico); E b) nessuna diagnosi plausibile alternativa; E c) Positivo per corrente o recente Infezione da SARS-CoV-2 mediante RT-PCR, sierologia o test dell’antigene; o esposizione a un caso sospetto o confermato di COVID-19 entro le 4 settimane prima della comparsa dei sintomi. I pazienti con MIS-C di solito si presentano con febbre persistente, dolore addominale, vomito, diarrea, eruzioni cutanee, mucocutanee lesioni e, nei casi più gravi, con ipotensione e shock [2]. Alcuni i pazienti sviluppano miocardite, disfunzione cardiaca e danno renale acuto. La patogenesi di MIS-C è ancora sconosciuta. Alcune funzioni si sovrappongono con malattia di Kawasaki, una vasculite acuta dei vasi medi, con specificità predilezione per le arterie coronarie, che si verifica nei neonati e nei bambini. MIS-C e malattia di Kawasaki potrebbero condividere una disregolazione delle citochine, mentre differiscono nella regolazione delle piastrine e dei fattori della coagulazione [7]. MIS-C è caratterizzato da una tempesta di citochine guidata dall’interleuchina-6 e da una disregolazione dei linfociti citotossici con deplezione di CD8+ T linfociti e cellule NK CD56 e CD57. Consiglio et al. dimostrato che i sottotipi di cellule T linfocitarie differiscono tra due malattie e l’interleuchina-17A media l’iperinfiammazione nella malattia di Kawasaki, ma non in MIS-C [8]; uno studio ha trovato prove di microangiopatia in MIS-C [9].

Non è ancora chiaro se i processi che mediano MIS-C siano diversi da quelli che portano a grave insufficienza respiratoria e shock in caso di Covid-19 [9]. Il ritardo nella presentazione dopo il contagio da Covid-19, i bassi tassi di SARS-CoV-2 positivi e le alte proporzioni di anticorpi positivi suggeriscono che questa sindrome infiammatoria non è presumibilmente mediata da invasione virale diretta ma può rappresentare un  risposta immunitaria acquisita a SARS-CoV-2, mediata da anticorpi o Cellule che attaccano cellule mediate da cellule T che esprimono antigeni virali o ospite antigeni che reagiscono in modo incrociato o imitano gli antigeni virali. I bambini con MIS-C in genere rispondono bene alla terapia con immunoglobuline per via endovenosa, che prevengono complessi di attacco di membrana da fattori del complemento e mitigano patologia mediata da autoanticorpi [8]. Il paziente con MIS-C può avere markers infiammatori elevati (CRP, fibrinogeno, D-dimero, ferritina, lattato deidrogenasi, IL-6, neutrofili, linfociti e albumina) e sviluppano danno renale, anemia, trombocitopenia, ipertrigliceridemia, proteinuria, coagulopatia e disfunzione cardiaca [6, 10]. I pazienti con coinvolgimento cardiaco potrebbero avere livelli elevati di troponina, BNP e CK-MB [11]. Data la frequente associazione della MIS-C con l’interessamento cardiaco (oltre l’80%), i test cardiaci (ecocardiogramma, elettrocardiogramma, troponina e peptide natriuretico di tipo B (BNP) o NT-proBNP) devono essere considerati. Il danno cardiaco coinvolge il sistema sistodiastolico con disfunzione biventricolare (con necessità di trattamenti di supporto, compreso il supporto ventilatorio, l’uso di inotropi ed ECMO [12]), rigurgito mitralico, aritmia e versamento pericardico, mentre è stato descritto il coinvolgimento coronarico nel 6-24% dei casi (come lieve o come ectasia coronarica) [1]. Anomalie elettrocardiografiche aspecifiche del tratto ST, prolungamento del segmento QTc, si possono osservare battiti ectopici atriali e ventricolari in MIS-C, mentre i casi di blocco atrioventricolare di I e II grado e le aritmie sopraventricolari e ventricolari sono più rare.

I test sierologici devono essere eseguiti prima dell’assunzione di immunoglobuline per via endovenosa (IVIG) o qualsiasi trattamento con anticorpi esogeni. Il trattamento ottimale non è ancora noto per un paziente con MIS-C; tuttavia, è necessario un approccio multidisciplinare per guidare l’individuo trattamento, che potrebbe essere diverso e si basa sulla valutazione di sintomi e valori di laboratorio. Di solito lo sono i pazienti con MIS-C trattati con IVIG, 2 g/kg (max 100 g), per infusione lenta (16–24 h). Pazienti sono stati anche trattati con terapia steroidea (da 2 a 30 mg/kg/die di metilprednisolone a seconda della gravità della malattia) e biologici [13]. Un recente studio osservazionale ha rilevato che il trattamento iniziale sia con IVIG che con terapia steroidea ha portato a una risoluzione più precoce della febbre rispetto alle sole IVIG [14]. Deve essere presa in considerazione la profilassi antitrombotica in tutti i pazienti con MIS-C e, salvo controindicazioni, dovrebbe esserlo iniziato con enoxaparina [15]. Deve essere considerata solo la terapia antipiastrinica se è presente un coinvolgimento piastrinico o coronarico [16]. Nel nostro caso la terapia è stata limitata all’uso di IVIG, dopo una rapida risposta terapia infusionale. Degno di nota, tuttavia, possiamo osservare in questo caso un’insorgenza ritardata di MIS-C precedentemente riportato [17], e, data la presentazione aritmica, un monitoraggio ambulatoriale prolungato con un ICD indossabile in un ragazzo con miocardite.

Conclusioni

Anche se i bambini con Covid-19 generalmente presentano sintomi lievi o sono asintomatici, c’è un crescente riconoscimento di un ritardo MIS-C a seguito di SARS-CoV-2. Riportiamo il caso di MIS-C associato miocardite aritmica.

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Figura 1 a) elettrocardiogramma di ingresso che mostra sopraslivellamento diffuso dell’ST e riduzione dell’ampiezza del QRS. b) elettrocardiogramma alla dimissione che mostra onde T negative. c) Elettrocardiogramma di follow-up a 3 mesi che mostra il recupero dell’ampiezza del QRS e del tratto ST.

Figura 2 Valutazione dell’imaging seriale a–b). Aumento diffuso del segnale MRI delle pareti del ventricolo sinistro nella sequenza T1 Nativa per lo studio Mapping. c–d) Aumento del segnale con distribuzione “a macchia di leopardo”. all’interno delle pareti del ventricolo sinistro nelle sequenze T2-STIR per l’edema. e–f) Aumento del segnale con distribuzione “a macchia di leopardo” all’interno delle pareti del ventricolo sinistro nella sequenza PSIR per lo studio del late gadolinium enhancement (LGE) compatibile con la necrosi miocardica nella miocardite acuta. g–h) Aree multiple di aumento del segnale con distribuzione media e subepicardica all’interno del ventricolo sinistro nelle sequenze per l’Early Gadolinium Enhancement. i) ecocardiogramma bidimensionale basale normale. j–k) Follow-up a due mesi: riduzione del segnale nella sequenza T1 Nativo per lo studio mapping. l–m) Assenza di edema all’interno delle pareti del ventricolo sinistro nelle sequenze T2-STIR. n-o) Rimodellamento e riduzione delle aree di LGE compatibili con fibrosi.

Figura 3 Livelli di troponina ad alta sensibilità, NT-pro-BNP e proteina C-reattiva durante il ricovero e al follow-up.

FIgure-2

Predictive Value of Left Atrial and Ventricular Strain for the Detection of Atrial Fibrillation in Patients With Cryptogenic Stroke

Autori: Gabriella Bufano1,6, Francesco Radico2, Carolina D’Angelo2, Francesca Pierfelice1, Maria Vittoria De Angelis3, Massimiliano Faustino4, Sante Donato Pierdomenico1, Sabina Gallina5 and Giulia Renda5.

Affiliazioni:

1Department of Innovative Technologies in Medicine & Dentistry, Institute of Cardiology, G. d’Annunzio University Chieti-Pescara, Chieti, Italy

2Department of Cardiology, Renzetti Hospital, Lanciano, Italy

3Department of Neurology, Stroke Unit, SS Annunziata Hospital, Chieti, Italy

4Department of Cardiology, SS Annunziata Hospital, Chieti, Italy

5Department of Neuroscience, Imaging and Clinical Sciences, Institute of Cardiology, G. d’Annunzio University Chieti-Pescara, Chieti, Italy

6Cardiovascular Department, Azienda Ospedaliera Regionale “San Carlo,” Potenza, Italy.

Commento di:

  • Matteo De Rosa, Scuola di Specializzazione in Malattie dell’Apparato Cardiovascolare, Department of Neuroscience, Imaging and Clinical Sciences, Institute of Cardiology, G. d’Annunzio University Chieti-Pescara, Chieti, Italy
  • Gabriella Bufano, Dipartimento Cardiovascolare, Azienda Ospedaliera Regionale “San Carlo,” Potenza, precedentemente Scuola di Specializzazione in Malattie dell’Apparato Cardiovascolare, Department of Neuroscience, Imaging and Clinical Sciences, Institute of Cardiology, G. d’Annunzio University Chieti-Pescara, Chieti, Italy

ABSTRACT

L’ictus criptogenico è una forma di ictus ischemico acuto ad eziologia indeterminata con meccanismo dominante riconducibile ad un evento embolico a fonte indefinita. La fibrillazione atriale (FA) è identificata in circa il 30% dei casi nel follow-up, consentendo l’adozione di misure di prevenzione secondaria mirate. Recenti studi hanno descritto un ruolo potenziale di parametri morfo-funzionali ecocardiografici come marker surrogato predittivo di FA. Nel nostro studio, 72 pazienti con ictus criptogenico, sottoposti ad impianto di monitor cardiaco (ICM), hanno ricevuto un ecocardiogramma transtoracico, comprensivo di parametri standard e derivati dallo strain longitudinale di atrio e ventricolo sinistro. Tra quelli selezionati, il peak atrial contraction strain (PACS) e lo strain longitudinale del ventricolo sinistro (LVLS) si sono dimostrati solidi ed indipendenti predittori di FA. Lo studio suggerisce un valore aggiuntivo dello strain atriale e ventricolare sinistro nella selezione dei pazienti con ictus criptogenico da candidare ad ICM e nella personalizzazione delle strategie di prevenzione secondaria.

COMMENTO

L’ictus criptogenetico è caratterizzato da un alto tasso di recidive e da una prognosi infausta, aspetti in parte riconducibili all’eziologia incerta, che ostacola una prevenzione secondaria mirata. Negli ultimi anni vi è un crescente interesse verso il ruolo potenziale della FA subclinica nell’ictus criptogenico per le ovvie ripercussioni sul piano terapeutico. Coerentemente, le ultime Linee Guida Europee sulla FA consigliano l’utilizzo di ICM in casi selezionati di ictus ischemico in classe di raccomandazione IIa, livello di evidenza B, per lo screening della FA subclinica [1]. Alcune caratteristiche cliniche come l’età avanzata [2], un elevato CHA2DS2-VASC score [3] o alcuni pattern ECGrafici aiutano nella stratificazione del rischio, senza essere tuttavia risolutivi. Studi recenti hanno suggerito un ruolo potenziale di alcuni parametri ecocardiografici relativi a dimensioni e funzione atriale sinistra come marker surrogati predittivi di FA [4].

Abbiamo pertanto realizzato uno studio di coorte prospettico mono-centrico con l’obiettivo di valutare la relazione tra parametri ecocardiografici morfo-funzionali di atrio e ventricolo sinistro, con un focus su parametri derivati da metodica strain, e l’incidenza di FA, rivelata dal monitoraggio ECG continuo, in una coorte di pazienti con ictus criptogenico.

Tra Marzo 2016 e Settembre 2020, abbiamo arruolato tutti i pazienti consecutivi ammessi presso la clinica neurologica dell’Ospedale SS.Annunziata di Chieti con diagnosi di ictus criptogenico, in accordo con la classificazione TOAST’s [5], e sottoposti ad impianto di ICM (Reveal LINQTM) . Entro 30 giorni dall’evento ischemico indice, ogni paziente ha ricevuto un ecocardiogramma transtoracico (ETT) che ha valutato sia parametri standard morfo-funzionali 2D di atrio e ventricolo sinistro sia derivati da metodica strain: peak atrial longitudinal strain (PALS), peak atrial contraction strain (PACS), passive emptying (conduit) strain (PALS-PACS) e strain longitudinale del ventricolo sinistro (LVLS), ottenuti in accordo con le più recenti raccomandazioni [6-7]. 72 pazienti hanno completato il follow-up predefinito e sono stati inclusi nell’analisi finale.

La FA subclinica (definita come episodi di aritmia sopraventricolare, con assenza di onda P visibile ed intervallo R-R variabile, di durata > 2’) è stata individuata in 23 pazienti (32%), in media 6.5 ± 3.5 mesi dopo impianto di ICM. I pazienti con e senza FA erano omogenei per tutte le caratteristiche cliniche, ad eccezione del CHA2DS2-VASc, più alto nei primi. Numerosi parametri ecocardiografici si sono mostrati associati all’incidenza di FA, sebbene all’analisi di regressione logistica multivariata solo il PACS e l’LVLS si sono confermati fattori di rischio indipendenti.

L’analisi delle curve ROC ha, inoltre, mostrato che il PACS ha un’ottima performance diagnostica nel predire l’incidenza di FA (area under curve, AUC = 0.91, CI 0.51–0.95, p = 0.005; Figure 1A), con un cut-off ottimale di 10,4%. Il suo potenziale discriminativo è ancora maggiore quando combinato al LVLS (AUC 0,92, Figura 1C).

Figura 1: Analisi delle curve Receiver-operating characteristic (ROC) Peak Atrial Contractile Strain [PACS, (A)], Left Ventricular Longitudinal Strain [LVLS, (B)], and PACS combinato con LVLS (C) per la previsione dell’incidenza di FA. AUC, area under curve.

La compromissione della funzione contrattile atriale sinistra (PACS) e dell’LVLS, definita in base ai cut-off derivati dalle curve ROC, ha dimostrato di conferire un rischio significativo di FA nell’analisi di Kaplan-Meyer [HR 10.5 (95% CI 3.8–29.1) e 5.6 (95% CI 2.2–14.3) rispettivamente, log-rank P < 0.001 for entrambe] (Figura 2-Figura Chiave).

Figura 2: Ruolo dello strain atriale e ventricolare sinistra nella predizione dell’incidenza di FA nei pazienti con stroke criptogenetico. (A) Strain atriale sinistro di un paziente del gruppo con FA. (B) Strain ventricolare sinistro dello stesso paziente di A. (C) Strain atriale sinistro di un paziente nel gruppo senza FA. (D) Strain ventricolare sinistro dello stesso paziente di C. (E-F) Curve Kaplan–Meyer per la stima della probabilità di FA in base ai valori del PACS (E) e dell’LVLS (F). HR, Hazard Ratio.

I risultati presi in esame concordano con la letteratura scientifica preesistente nell’individuare nella compromissione dello strain dell’atrio sinistro un utile strumento per la stratificazione del rischio di FA nei pazienti con ictus criptogenico, verosimilmente come espressione di una cardiopatia atriale subclinica sottostante. Parallelamente, anche l’alterazione dello strain longitudinale del ventricolo sinistro, notoriamente correlata alla disfunzione diastolica, si è dimostrata predittiva di FA nella nostra serie confermando l’interdipendenza tra LVLS, disfunzione diastolica, rimodellamento atriale ed incidenza di FA.

L’implementazione nella pratica clinica dello strain atriale e ventricolare sinistro potrebbe consentire la precoce individuazione di miopatia e disfunzione atriale, che spesso accompagna e precede l’incidenza della FA. Tale approccio, sistematicamente eseguito nei pazienti ad alto rischio, come quelli con storia di ictus criptogenico, guiderebbe percorsi diagnostico-terapeutici specifici, mirati ad una più efficace prevenzione secondaria.

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Per approfondire:

Bufano G, Radico F, D’angelo C, Pierfelice F, De Angelis MV, Faustino M, Pierdomenico SD, Gallina S, Renda G. Predictive Value of Left Atrial and Ventricular Strain for the Detection of Atrial Fibrillation in Patients With Cryptogenic Stroke. Front Cardiovasc Med. 2022 Apr 25;9:869076. doi: 10.3389/fcvm.2022.869076. eCollection 2022c

https://www.frontiersin.org/articles/10.3389/fcvm.2022.869076/full

Figure ristampate e modificate da: Front. Cardiovasc. Med, Vol 9 Articolo 869076, Bufano G, Radico F, D’Angelo C et al. Predictive Value of Left Atrial and Ventricular Strain for the Detection of Atrial Fibrillation in Patients With Cryptogenic Stroke, pages 268–277.

How to handle complexity – case report: Chiusura percutanea di auricola sinistra con morfologia a coda di balena con Watchman FLx device mediante planning pre-procedurale con software di simulazione online FEops Heart Guide.

Francesca Maria Di Muro, MD, Miroslava Stolcova, MD, Alessio Mattesini MD, Giulia Nardi MD, Niccolò Ciardetti MD, MD, Carlo Di Mario,  MD, PhD, FESC, FACC, FSCAI, FRCP, Francesco Meucci, MD.

Structural Interventional Cardiology, Department of Clinical and Experimental Medicine, Careggi University Hospital, Clinica Medica, Room 124, Largo Brambilla 3, 50134 Florence, Italy

Abstract

La chiusura percutanea dell’appendice atriale sinistra rappresenta una alternativa terapeutica per la prevenzione del rischio cardioembolico nei pazienti con fibrillazione atriale non valvolare ad elevato rischio emorragico. Lo studio preprocedurale della morfologia e delle dimensioni auricolari rappresentano uno step chiave per garantire un impianto di successo. Il nostro caso clinico descrive l’utilizzo di un programma di simulazione 3D (FEops NV, Ghent, Belgium) applicato allo studio di un paziente con auricola sinistra con morfologia atipica (a coda di balena) che ha permesso un corretto posizionamento di sistema Watchman.

Introduzione

La chiusura percutanea dell’appendice atriale sinistra è una procedura efficace nella prevenzione degli eventi cardioembolici e dello stroke ischemico in caso di fibrillazione atriale non valvolare ed è una valida alternativa all’anticoagulazione nei pazienti con storia di sanguinamento1. Sebbene siano riconosciute diverse morfologie di auricola sinistra, ne sono state identificate 4 prevalenti: cactus, windsock (o a manica di vento), cavolfiore e chicken wing (ala di pollo)2. Le conformazioni che non ricadono in queste categorie richiedono un’analisi pre-procedurale più accurata per ottenere una corretta selezione del device e un impianto ottimale.

Questo case-report illustra l’importanza di un programma di simulazione 3D, sviluppato da FEops (FEops NV, Ghent, Belgium) basato sulle immagini TC, che permette di selezionare la proiezione di lavoro e il tipo di device da impiantare, predicendone la posizione e il grado di compressione finale.3

Caso clinico

Un uomo di 62 anni con storia di fibrillazione atriale permanente (CHA2DS2-VASc = 2) in terapia con Warfarin viene riferito al nostro centro per sottoporsi a chiusura di auricola sinistra a seguito di sviluppo di ematoma cerebellare nel Dicembre 2020. Da segnalare in anamnesi adenocarcinoma uroteliale di basso grado sottoposto ad intervento di resezione transuretrale di tumore della vescica (TURBT) ed un recente intervento chirurgico di rimozione di adenocarcinoma polmonare localizzato.

Figura 1

La TC pre-procedurale mostrava una anatomia dell’auricola estremamente sfavorevole, con un breve collo e due lobi prossimali simmetrici opposti e speculari l’uno all’altro, misurando una landing zone di 16 x 22 mm ed una profondità di impianto pari a 12 mm.

Vista questa rara anatomia, altresì nota come auricola a coda di balena, abbiamo deciso di ottenere una predizione dell’impianto mediante il supporto della piattaforma online sviluppata da FEops HEARTguide. Il software FEOps è in grado di simulare device di varie dimensioni e diverse profondità di impianto, proponendo il modello pre-operatorio più adatto all’anatomia riscontrata tramite imaging. Nel nostro caso FEOps ha suggerito l’impianto prossimale di un dispositivo Watchman 24 mm con una compressione finale predetta di circa il 10%, un buon grado di apposizione in assenza di eccessiva protrusione in atrio sinistro (Figura 1).

La procedura è stata eseguita in anestesia generale, sotto guida transesofagea (ETE) ed angiografica.

L’esame transesofageo ha confermato la morfologia bilobata a coda di balena con un diametro della landing zone di 19×15 mm e una profondità massima di circa 12 mm, in assenza di trombi.

Figura 2

Utilizzando un delivery system di 14F, abbiamo impiantato un Watchman Flex device 24 mm (Boston Scientific, Marlborough, MA, USA) nella porzione prossimale dell’appendice atriale sinistra, come pianificato dalla piattaforma. Dopo due tentativi di impianto prossimale, il device risultava posizionato verso il lobo inferiore, lasciando un ampio leak intorno al lobo opposto. Spingendolo verso l’ostio dell’auricola, con una delicata trazione si è ottenuta una posizione centrale, simmetrica e stabile al “push and pull” test.  La posizione finale del device e la deformazione sono state confermate sia tramite ecografia transesofagea che all’angiografia, con un risultato simile a quello predetto da FEops (Figura 2). Il decorso clinico post-procedurale si è svolto in modo regolare, il paziente è stato dimesso a domicilio due giorni dopo la procedura. In considerazione della storia di elevata diatesi emorragica veniva impostata terapia domiciliare con Cardioaspirina a seguito di tre mesi di doppia terapia antiaggregante. Al controllo eseguito tramite ETE a a 45 giorni, il device risultava nella corretta posizione, senza evidenza di leaks né embolizzazione o trombi (Figura 3)

Discussione

Nella pratica comune, la selezione dei device per chiusura di auricola sinistra è ancora basata su misurazioni ecocardiografiche 2D, sebbene l’uso della TC stia assumendo sempre di più un ruolo cruciale nel planning pre-procedurale data la sua non invasività e l’entità di informazioni che fornisce4,5. Per ottenere un’analisi ancora più completa, FEops Heart guide ha sviluppato una piattaforma di simulazione online che permette di riprodurre l’interazione tra diversi device e la specifica anatomia del paziente, applicabile a diversi setting quali ad esempio la sostituzione percutanea di valvola aortica o la chiusura di appendice atriale sinistra6.

Il nostro caso mostra i vantaggi di utilizzare questa piattaforma di simulazione in una delle morfologie più complesse di auricola sinistra, la cosiddetta auricola a coda di balena, con una profondità di impianto di soli 12 mm. Un device con un lobo e un disco, quale l’Amplatzer Amulet è stato già adoperato con successo in presenza di tale anatomia e descritto in letteratura7. Tuttavia, il nostro scenario non offriva profondità sufficiente per questa “sandwich technique”, con il rischio di successivo prolasso del dispositivo. In considerazione dell’analisi eseguita dal software veniva consigliato l’utilizzo di un dispositivo ball-shape quale il Watchman FLX. Tale device infatti durante l’impianto tende inizialmente a lasciare un leak e, una volta rilasciato, deve essere posizionato adeguatamente nella porzione centrale dell’ostio dell’auricola rischiando sotto-compressione e instabilità. FEops ha rappresentato un punto di forza del planning pre- procedurale del nostro paziente, in quanto ha permesso non solo di selezionare il tipo e la misura del device ma anche il giusto posizionamento per evitare leakage.

Figura 3

Le auricole con anatomie sfavorevoli si associano ad un elevato rischio di procedure lunghe, complesse ed economicamente dispendiose, spesso con la necessità di testare molteplici device al fine di scegliere quello più adeguato. L’esecuzione di una corretta pianificazione avvalendosi di tutte le metodiche a disposizione dovrebbe essere indipendente dall’esperienza dell’operatore. Come dimostrato dal nostro centro, un aiuto può derivare anche dai modellini 3D ottenuti dalle scansioni TC volume rendered che permettono impianti personalizzati8.

Quello descritto è il primo caso di auricola con anatomia a coda di balena trattato mediante un ball shape device. Anche se al momento non ci sono trials sull’applicazione di FEops HEARTguide alla selezione dei Watchman Flex devices, questo caso mostra nuovi spunti sulla possibile applicazione di tale piattaforma agli scenari più complessi ai fini di evitare mismatches, errori procedurali e ottenere i migliori outcome clinici.

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Presentazione standard4

Switch to SGLT2 Inhibitors and Improved Endothelial Function in Diabetic Patients with Chronic Heart Failure

Autori: Michele Correale1 · Pietro Mazzeo2 · Adriana Mallardi2 · Alessandra Leopizzi2 · Lucia Tricarico2 · Martino Fortunato2 · Michele Magnesa2 · Salvatore Tucci2 · Pasquale Maiellaro2 · Giuseppe Pastore2 · Olga Lamacchia2 · Massimo Iacoviello2 · Matteo Di Biase2 · Natale Daniele Brunetti2

1 Ospedali Riuniti University Hospital, Foggia, Italy

2 Department of Medical and Surgical Sciences, University of Foggia, Foggia, Italy

Negli ultimi decenni, la prevalenza del diabete mellito (DM) nel mondo è quasi raddoppiata, dal 4,7% nel 1984 al 9,3% nel 2019. Il DM di tipo 2 è un importante fattore di rischio per diverse condizioni cardiovascolari, tra cui l’ insufficienza cardiaca e la disfunzione endoteliale. Gli inibitori del sodio-glucosio-cotrasportatore-tipo-2 (SGLT2i) rappresentano una nuova classe di agenti anti-iperglicemici per il diabete mellito di tipo 2, che agiscono con meccanismo insulinoindipendente inibendo selettivamente il riassorbimento renale del glucosio, aumentandone così l’escrezione urinaria. Lo studio EMPA-REG OUTCOME è stato il primo a dimostrare gli effetti cardioprotettivi di un SGLT2i, l’ empaglifozin. L’ impressionante riduzione del 35% dei ricoveri per scompenso cardiaco ha supportato l’ipotesi di un possibile ruolo degli SGLT2i tra i farmaci per la terapia per lo scompenso cardiaco, con o senza diabete. Questa ipotesi è stata ulteriormente confermata in altri due ampi studi randomizzati controllati con placebo, il CANVAS con canagliflozin e il DECLARE TIMI 58 con dapagliflozin, ed ulteriori dati real life dal CVD-Real Study. L’uso degli SGLT2i è stato inoltre associato ad un miglioramento della funzione endoteliale in alcuni studi su modelli sperimentali non umani; questo miglioramento può rappresentare un importante meccanismo alla base dei benefici cardiovascolari del trattamento con SGLT2i. Tuttavia, si sa poco sul possibile effetto delle gliflozine sulla funzione endoteliale nell’uomo.

Lo scopo di questo studio osservazionale è stato quello di valutare i possibili effetti sulla funzione endoteliale, valutati mediante dilatazione flusso-mediata (FMD), in pazienti con scompenso cardiaco cronico e diabete mellito di tipo 2 che passano da altri ipoglicemizzanti orali alla terapia con SGLT2i.

Sono stati arruolati 45 pazienti con scompenso cardiaco cronico e DM, di questi 22 iniziavano la terapia con SGLT2i e 23 proseguivano la terapia originaria. Veniva effettuata sia all’arruolamento che al follow up una valutazione della funzione endoteliale mediante FMD.

Dopo un follow-up di 3 mesi, i pazienti che avevano iniziato terapia con SGLT2i hanno mostrato un miglioramento statisticamente significativo della funzione endoteliale (19,0 ± 5,7% vs 8,5 ± 4,1%, p < 0,0001); i livelli basali di FMD erano comparabili tra i gruppi (p n.s.). Il trattamento con SGLT2i è stato inoltre associato ad una riduzione statisticamente significativa dei livelli di emoglobina glicata (7,7 ± 1,0% vs 8,2 ± 1,2%, p <0,01) ed una riduzione non significativa della PCR (2,0 ± 2,2 vs 3,0 ± 3,6 mg/dl, p n.s. ) e dei livelli di NTproBNP (581,6 ± 564,5 vs 1609,3 ± 2543,3, p 0,09). I cambiamenti nei valori di FMD non erano proporzionali ai cambiamenti nei livelli di NTproBNP, CRP ed emoglobina glicata all’analisi univariata, ma erano correlati ai valori di FMD di base (r = – 0,62, p <0,05). Le variazioni dei valori di FMD non erano proporzionali ai livelli di emoglobina glicata al basale. L’inizio di terapia con SGLT2i correlava con il miglioramento dei livelli di FMD anche all’analisi di regressione multivariata in un modello che includeva età, sesso, livelli basali di FMD, valori di LVEF, EDV, NTproBNP, CRP, HbA1c, variazioni della percentuale di NTproBNP, CRP ed HbA1c ( p < 0,001).

In conclusione il passaggio a SGLT2i in pazienti con scompenso cardiaco cronico e T2DM è stato associato in questo studio osservazionale ad un miglioramento della funzione endoteliale valutata mediante dilatazione flusso – mediata (FMD).

FIgura-3

ARRESTO CARDIACO EXTRAOSPEDALIERO. IL ROSC ALZA IL SIPARIO: MOLTI ATTORI, UN SOLO PROTAGONISTA

Marco Micillo1, Rodolfo F. Massafra1, Elisabetta Tonet1

1 Cardiology Unit, Azienda Ospedaliero-Universitaria of Ferrara, Via Aldo Moro 8, Cona, FE, Italy;

ABSTRACT

La morte cardiaca improvvisa (SCD) a genesi aritmica è un argomento di grande interesse sanitario e pone importanti sfide riguardanti la prevenzione primaria e secondaria.

Se quasi sempre l’impianto del defibrillatore è la soluzione terapeutica nella prevenzione secondaria delle aritmie ventricolari in assenza di cause reversibili,[1] è forse più interessante l’approccio in prevenzione primaria, dove per ogni eziologia è importante ricercare dei predittori di rischio aritmico.

Il caso riportato assume interesse per la  scarsa disponibilità di predittori di rischio aritmico. Inoltre, permette una disamina sull’importanza dell’imaging multimodale nella SCD abortita, e in generale del lavoro del clinico in quest’era in cui è fondamentale l’integrazione dei dati clinici, laboratoristici e strumentali in un iter diagnostico quanto più sistematizzato e standardizzato

A tal fine vanno caldamente implementati e adoperati nella pratica clinica criteri e score diagnostici possibilmente validati che consentono una definizione più precisa e lineare del processo di diagnosi, dunque di prognosi e di cura.

CASO CLINICO

Presentiamo il caso di una donna di 45 anni, normopeso, con familiarità per cardiopatia ischemica, nessuna terapia domiciliare, nessuna abitudine voluttuaria né familiarità per SCD. In anamnesi riporta morbo di Crohn con singola fase acuta in età giovanile e pregressa emorragia di corpo luteo; nota alla nostra Cardiologia per degenerazione mitralica mixomatosa con prolasso bilembo configurante insufficienza di grado moderato.

Nel mese di Maggio 2022 andava incontro ad arresto cardiaco extra-ospedaliero (OHCA) da fibrillazione ventricolare (FV), trattata mediante manovre rianimatorie, , adrenalina, amiodarone, posizionamento di maschera laringea e ventilazione assistita, ed erogazione di 4 DC-shock. Seguiva ROSC dopo un tempo di arresto di 22 minuti. Al ripristino del ritmo sinusale non emergevano alterazioni del tratto ST e la paziente veniva centralizzata in PS, dove veniva intubata e portata d’urgenza in sala di emodinamica.

La coronarografia è risultata negativa per lesioni angiograficamente significative, mentre la ventricolografia mostrava ipercinesia dei segmenti basali, ipocinesia dell’apice e dei segmenti medi, quadro compatibile con cardiomiopatia da stress o miocardite acuta. (Figura 1A)

Seguiva ricovero in terapia intensiva (UTI) dove si attuava ipotermia moderata, interrotta 24 ore dopo con regolare risveglio ed estubazione, in assenza di deficit cognitivi e neurologici focali.

L’ecocardiogramma eseguito in seconda giornata documentava dilatazione ventricolare sinistra (VTDi 76 ml/m2) con FE conservata (65%) in assenza di difetti di cinetica segmentaria o apical ballooning, e marcato prolasso mitralico bilembo con insufficienza di grado moderato. (Figura 1B)

Successivamente la paziente veniva trasferita in UTIC. L’ECG mostrava ritmo sinusale a 80 bpm, PR nei limiti e scarsa crescita dell’onda R, associata a bassi voltaggi nelle derivazioni periferiche. (Figura 2)

La curva di miocardiocitonecrosi mostrava TnI-hs (ng/L): 24 (1° giornata)  143 (2° giornata)  28 (4° giornata); emocromo, elettroliti, funzione epatica, renale e tiroidea, e PCR risultavano nei limiti.

Seguiva approfondimento diagnostico mediate risonanza magnetica cardiaca (CMR) che riscontrava ventricolo sinistro ai limiti superiori (EDV/BSA 106 ml/m2),  FE nei limiti, prolasso mitralico bilembo  e disgiunzione anulo-mitralica (MAD) di 3.8 mm, con curling sistolico e pseudoipertrofia della parete infero-laterale basale, con sfumato mid-enhancement. Non alterazioni in T1 mapping pre e post-contrastografico. Minimo diffuso edema dei segmenti medio-apicali in T2-W e T2 mapping. Esile versamento pericardico ubiquitario. (Figura principale, A)

Durante la degenza non si evidenziavano eventi aritmici alla telemetria cardiaca.

Discusso il caso collegialmente, si escludevano le ipotesi di miocardite acuta e cardiomiopatia da stress, ritenendo il quadro imputabile in prima istanza a MAD aritmica. Considerata la giovane età della paziente, la mancata necessità di pacing e il quadro aritmico d’esordio con FV, si riteneva opportuno impianto di defibrillatore cardiaco sottocutaneo (S-ICD) in prevenzione secondaria. La paziente veniva dimessa con terapia betabloccante, in buon compenso cardiocircolatorio, e parametri ottimali del dispositivo. (Figura principale, B)

DISCUSSIONE

In seguito ad un OHCA da FV, esclusa la sindrome coronarica acuta, prima causa epidemiologica nella popolazione generale,1 è importante soprattutto nel giovane indagare cardiomiopatie e canalopatie.

L’anamnesi familiare negativa, l’assenza di alterazioni ECG suggestive o di fattori scatenanti come stress fisici o emotivi (LQT1, CPVT), stimoli sensoriali improvvisi (LQTS2), farmaci o febbre (sindrome di Brugada), ha fugato l’ipotesi di canalopatia.

Il primo sospetto diagnostico, data anche la netta prevalenza femminile, è scaturito dalla ventricolografia suggestiva di sindrome di Takotsubo, il cui esordio aritmico è raro ma documentato.[2],[3],[4] Nonostante fosse rispettato il criterio diagnostico InterTAK di alterazione di cinetica a distribuzione non coronarica,[5] la diagnosi veniva ritenuta poco probabile innanzitutto per l’inverosimile rapidissima reversibilità della stessa alterazione della cinetica, già in seconda giornata, e inoltre per il modesto incremento degli indici di miocardiocito-necrosi.

La diagnosi di miocardite risultava improbabile per l’andamento della curva di miocardiocito-necrosi, la negatività degli indici di flogosi, assenza di febbre e segni di infezione recente, o esposizione a farmaci o tossici. Pertanto, malgrado a favore dell’ipotesi sussistesse una storia di malattia infiammatoria extracardiaca (morbo di Crohn, tuttavia al momento silente), stante il basso sospetto diagnostico, non sono stati intrapresi ulteriori approfondimenti diagnostici.[6],[7],[8]

Infine, la CMR risultava poco suggestiva per eziologie strutturali quali cardiomiopatia ipertrofica[9] cardiomiopatia aritmogena[10] e sarcoidosi[11]. Tuttavia, emergeva il reperto occasionale di una modesta ma chiara MAD, con discreto agreement con l’ecocardiografia transtoracica.[12]. [Figura 1A]

La MAD è un’anomala separazione della giunzione tra valvola mitrale e miocardio ventricolare. Essa può associarsi a prolasso valvolare, nell’ambito del quale si riscontra dal 15-55% dei casi.[13]

Il reperto si associa a un rischio aritmico la cui fisiopatologia è stata ricondotta alla trazione che l’apparato valvolare prolassante esercita sui papillari, in particolare sul postero-mediale, nonché sull’anello mitralico, producendo fenomeni di infiammazione e/o ischemia, con fibrosi secondaria. La trazione sul miocardio papillare e sul tessuto del Purkinje circostante è stata identificata inoltre come causa di attività triggerata alla base delle aritmie ventricolari maligne.[14],[15],[16]

Le evidenze in letteratura concordano variabilmente su alcuni predittori di rischio quali giovane età, precedenti sincopi, frequenti extrasistoli ventricolari,[17] presenza di prolasso valvolare, onde T invertite in  regione infero-laterale, fibrosi dei muscoli papillari, fibrosi in regione posterolaterale, e ampiezza della MAD.[18],[19]

È importante sottolineare che la MAD aritmica è attualmente una diagnosi di esclusione, non contemplata dalle maggiori linee guida su aritmie ventricolari e SCD,1,[20] e come tale è stata formulata nella nostra paziente. La sua gestione è ancor meno definita. I pazienti che sviluppano un’aritmia ventricolare vanno incontro ad impianto di ICD in prevenzione secondaria, secondo linee guida, mentre al momento non vi è un orientamento codificato circa la prevenzione primaria.

CONCLUSIONI

Il caso riportato assume interesse per la  scarsa disponibilità di predittori di rischio aritmico.  Inoltre, ci permette una disamina sull’importanza dell’imaging multimodale nella SCD abortita, e in generale del lavoro del clinico in quest’era in cui è fondamentale l’integrazione dei dati clinici, laboratoristici e strumentali in un iter diagnostico quanto più sistematizzato e standardizzato, procedendo per esclusione in primis delle patologie a maggiore probabilità pre-test nel sottotipo di paziente, secondo logica bayesiana, poi di quelle per cui è possibile esprimere una diagnosi di certezza o quantomeno di presunzione. A tal fine vanno caldamente implementati e adoperati nella pratica clinica criteri e score diagnostici possibilmente validati, che consentono una definizione più precisa e lineare del processo di diagnosi, dunque di prognosi e di cura.

Referenze


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