Embolia polmonare a rischio intermedio-alto con evidenza di trombo in transito: agire presto e forte.

Armando Ferrera1, Oreste Lanza1, Allegra Battistoni1, Massimo Volpe1

1 Dipartimento di medicina clinica e molecolare, Sapienza università di Roma

Abstract

Presentiamo il caso di un paziente di 66 anni senza fattori di rischio cardiovascolare noti né precedenti cardiologici di rilievo, portatore di catetere vescicale a permanenza, che accedeva in pronto soccorso con un quadro di embolia polmonare ad intermedio-alto rischio con rilievo di trombi flottanti nelle sezioni destre. Pur essendo il paziente emodinamicamente stabile, in considerazione del basso rischio emorragico e dell’alto carico trombotico, si decideva di discostarsi dalle indicazioni delle linee guida europee e di effettuare precocemente una trombolisi sistemica, con rapido beneficio clinico e strumentale.

Caso clinico

Un maschio di 66 anni, senza fattori di rischio cardiovascolare noti né precedenti cardiologici di rilievo, portatore di catetere vescicale a permanenza, accedeva presso il Pronto Soccorso del nostro ospedale per comparsa di febbre da alcuni giorni associata a dispnea ed un episodio presincopale.

Fig. 1 AngioTC torace. Si può notare la presenza di una tromboembolia polmonare bilaterale con un voluminoso trombo a cavaliere.

All’ingresso il paziente si presentava emodinamicamente stabile, la pressione arteriosa era 110/70 mmHg, la frequenza cardiaca 101 battiti per minuto, la saturazione periferica di ossigeno 91% in aria ambiente e la temperatura corporea 38°C. L’emogasanalisi mostrava un’ipossiemia con alcalosi respiratoria (pH 7.53, pO2 59 mmHg, pCO2 27 mmHg, HCO3- 26 mmol/l, lattati 1.7 mmol/l).  L’elettrocardiogramma mostrava una tachicardia sinusale alla frequenza cardiaca di circa 100 bpm ed un pattern S1Q3T3.

Agli esami ematochimici si segnalava una leucocitosi neutrofila, troponina ad alta sensibilità 842 ng/L (vn < 14 ng/L), BNP 700 pg/ml (vn < 100 pg/mL), PCT 5 ng/dl, PCR 7 mg/dl, D-dimero 3200 ng/ml, creatinina 1.01 mg/dl.

Alla valutazione clinica, la probabilità pre-test di embolia polmonare risultava essere alta (revised Geneva score = 6).  Veniva pertanto eseguita un’angio-TC torace con mezzo di contrasto che documentava un’embolia polmonare bilaterale con un trombo a cavaliere (figura 1). Veniva inoltre eseguito un ecocardiogramma che mostrava una buona funzione ventricolare sinistra con un ventricolo destro disfunzionante e dilatato (TAPSE 14 mm, diametro telediastolico medio 48 mm, RV/LV > 1.1) con un’ipocinesia della parete libera e un’ipercinesia dell’apice (segno di McConnell) e un aumento della pressione arteriosa polmonare sistolica stimata (circa 50 mmHg). Venivano inoltre evidenziate delle formazioni trombotiche flottanti nelle sezioni destre (figura 2).

Secondo le linee guida della Società Europea di Cardiologia si poneva diagnosi di embolia polmonare ad intermedio-alto rischio e il paziente veniva ricoverato presso la nostra UTIC. Per la presenza di trombi in transito si eseguiva una trombolisi sistemica con bolo di eparina non frazionata 5000 U.I e Alteplase 100 mg endovena in circa 2 ore. Si impostava, quindi, una terapia con eparina non frazionata in infusione continua mantenendo un valore di aPTT > 2.5 volte i valori normali. Veniva inoltre somministrata ossigenoterapia ed antibioticoterapia empirica con ciprofloxacina nel sospetto di una pielonefrite. L’ecocardiogramma di controllo eseguito a 6 ore mostrava la scomparsa delle formazioni trombotiche nelle sezioni destre, la riduzione della PAPs e del diametro del ventricolo destro con un recupero della funzione sistolica dello stesso (figura 3).

Figura 2. Ecocardiogramma, proiezione apicale 4 camere e sottocostale. Si può notare la presenza di voluminose formazioni trombotiche nelle sezioni cardiache di destra (freccia rossa).

Si assisteva inoltre ad un miglioramento della sintomatologia clinica del paziente. Il giorno successivo si eseguiva un ecocolordoppler degli arti inferiori risultato negativo per trombosi venosa profonda ed una TC dell’addome con mezzo di contrasto che mostrava una pielonefrite acuta sinistra. Dopo 72 ore di terapia con eparina non frazionata si effettuava uno switch ad Edoxaban 60 mg 1 cp/die. Durante la restante degenza si assisteva ad un progressivo miglioramento del quadro clinico e strumentale con una completa risoluzione del quadro settico. Il paziente veniva quindi dimesso con una terapia anticoagulante orale con Edoxaban 60 mg 1 cp/die per 3 mesi.

Discussione

L’embolia polmonare a rischio intermedio-alto rappresenta una condizione clinica eterogena ed ampia. Le linee guida europee sull’embolia polmonare non raccomandano l’utilizzo di una fibrinolisi sistemica routinaria in questo gruppo di pazienti [1]. Dalla letteratura disponibile, riteniamo tuttavia che in alcuni casi sia opportuno ricorrere alla fibrinolisi sin da subito. I fattori che possono spingere ad effettuare un trattamento fibrinolitico sono un alto carico trombotico e un basso rischio emorragico. La presenza di trombi nelle sezioni destre nei pazienti affetti da embolia polmonare è un fattore in grado di peggiorare la sopravvivenza a 30 giorni; ma il trattamento precoce con terapia fibrinolitica conferisce una sopravvivenza a 30 giorni pari a coloro che non presentano trombi nelle sezioni destre [2].

Il trial PEITHO ha mostrato come i pazienti affetti da embolia polmonare a rischio intermedio-alto trattati con fibrinolisi sistemica avevano, a fronte di un aumentato rischio di sanguinamento (OR 5.55 [2.3–13.39]), una riduzione dell’outcome composito di mortalità e successiva instabilità emodinamica rispetto a coloro che venivano trattati con eparina non frazionata (OR 0.44 [CI 0.23–0.87]) (dato guidato soprattutto dall’instabilità emodinamica più che dalla mortalità). Analizzando i sottogruppi dello studio, i pazienti di età inferiore a 75 anni, soprattutto se maschi, avevano meno sanguinamenti maggiori rispetto a quelli di età superiore a 75 anni, soprattutto se donne [2].

L’embolia polmonare del paziente da noi presentato, nonostante la presenza di voluminose formazioni trombotiche altamente instabili nelle sezioni destre e di un trombo a cavaliere, è definita dalla società europea di cardiologia a rischio intermedio-alto. Le linee guida europee non considerano la presenza di trombi nelle sezioni destre come elemento in grado di modificare il rischio dell’embolia polmonare e pertanto non raccomandano l’utilizzo routinario di una fibrinolisi sistemica in questa tipologia di paziente[1]. Al contrario, le società scientifiche americane stabiliscono che la presenza di trombi nelle cavità cardiache sia un elemento sufficiente per definire un’embolia ad alto rischio e quindi necessitante di trattamento fibrinolitico [4].

Figura 3. Ecocardiogramma. Si può notare la risoluzione del quadro ecocardiografico con l’assenza delle formazioni trombotiche nelle sezioni destre e la riduzione del rapporto RV/LV.

Riteniamo quindi che la scelta della strategia terapeutica da intraprendere nei pazienti con embolia polmonare ad intermedio-alto rischio vada personalizzata alla luce del burden trombotico ed emorragico del singolo paziente, per individuare in maniera migliore quelli che potrebbero beneficiare sin da subito di una terapia fibrinolitica.

Bibliografia

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Sindrome di Richter “cardiaca”: un raro caso di evoluzione di Leucemia Linfatica Cronica

Eleonora Guarnieri1, Lorenzo Ridolfi1, Giovanni D. Aquaro2, Raffaele De Caterina1

1 U.O. Cardiologia 1, Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana

2 U.O.C. Imaging Multimodale Cardiovascolare, CNR-Fondazione Toscana Gabriele Monasterio, Pisa

Abstract

Presentiamo il caso di una paziente di 71 anni con leucemia linfatica cronica (LLC) e dolore toracico recidivante inizialmente diagnosticata come miopericardite e successivamente, a seguito dell’esecuzione di esami di secondo livello quali risonanza magnetica cardiaca e TC total body,  scoperta essere affetta da neoformazioni miocardiche ed una massa mediastinica risultate essere compatibili con trasformazione della LLC in linfoma aggressivo a grandi cellule B. Si tratta di un singolare caso di sindrome di Richter (RS) che complica meno dell’1% annuo di LLC costituendone una temibile evoluzione. Ancor più infrequente è il coinvolgimento cardiaco. Una diagnosi precoce e un inizio tempestivo della terapia impattano positivamente sulla prognosi.

Caso clinico

Una donna di 71 anni accedeva presso il Pronto Soccorso del nostro ospedale per dolore toracico notturno. Circa cinque anni prima alla paziente era stata diagnosticata una Leucemia Linfatica Cronica (LLC), trattata con inibitore di bcl-2 (venetoclax), ibrutinib, rituximab e bendamustina. Al momento dell’accesso la terapia antineoplastica era stata recentemente sospesa per intolleranza gastroenterica.

Dal colloquio anamnestico si evinceva che la paziente accusava episodi di dolore toracico da circa un mese, provando sollievo con l’inclinazione del busto in avanti.

FIGURA 1. Risonanza magnetica cardiaca. (a.) Aree di edema intramiocardico (iperintense) in sequenza T2-STIR-BB. (b.) Veduta 4 camere sequenza SSFP con ispessimento isointenso del miocardio a carico del setto interatriale. (c.) Asse corto SSFP con ipointensità a livello della parete infero-laterale del ventricolo sinistro. (d.e.) Late gadolinium enhancement a carico dei segmenti medio-distali del setto interventricolare e della parete infero-laterale del ventricolo sinistro.

Agli esami ematochimici si segnalava una formula leucocitaria nei limiti della norma come da buon controllo della malattia linfo-proliferativa, un valore di troponina ad alta sensibilità di 373 ng/L (valori normali inferiori a 14 ng/L), poi di 323 ng/L, PCT negativa, PCR 7 mg/dl.  I valori degli indici di flogosi e di miocardiocitonecrosi si sono, poi, mantenuti stabili durante la degenza.

L’ecocardioscopia mostrava ipocinesia infero-laterale e minimo scollamento pericardico circonferenziale con massima separazione dei foglietti pericardici a sede inferiore (7 mm). Allo scopo di escludere una sindrome coronarica acuta, la paziente veniva sottoposta a coronarografia diagnostica, risultata negativa per malattia coronarica ostruttiva. Veniva formulata la diagnosi di mio-pericardite, e si impostava terapia antinfiammatoria con ibuprofene e colchicina. Nel corso della degenza, la paziente accusava severa disfonia, indagata mediante fibrolaringoscopia. Durante l’iter diagnostico, la radiografia del torace evidenziava uno slargamento mediastinico. Allo scopo di chiarire la natura eziologica della mio-pericardite, la paziente veniva sottoposta a risonanza magnetica cardiaca (cRMN), con riscontro di neoformazioni multiple a carico del ventricolo sinistro, della parete libera del ventricolo destro e del setto interatriale. La maggior parte delle neoformazioni si presentava iperintensa nelle sequenze T2-STIR e positive al “late gadolinium enhancement” con valori globalmente aumentati al T1 e T2 mapping. Si apprezzava, inoltre, diffusa iperintensità a carico dei foglietti pericardici associata ancora una volta ad enhancement post-contrastografico tardivo, come da segni di flogosi subacuta (Figura 1). Nel sospetto di evoluzione della LLC la paziente veniva sottoposta a tomografia computerizzata (TC) total body, con riscontro di lesioni multiple in sede cervicale, mediastinica e polmonare bilaterale, e a una successiva biopsia toracoscopica sulla massa più rappresentata, quella in sede mediastinica (Figura 2). L’esame istologico del prelievo concludeva per una localizzazione di linfoma diffuso a grandi cellule di derivazione dai linfociti B periferici (diffuse large B-cell lymphoma, DLBCL),  negativi per CD10 e bcl-6 e con espressione immunoistochimica di c-myc e bcl-2. L’attività proliferativa della neoplasia, valutata mediante il marcatore MIB1, risultava elevata (80%). Veniva quindi formulata la diagnosi non comune di evoluzione di LLC in DLBCL, meglio conosciuta come sindrome di Richter (Richter’s syndrome, RS).

Nonostante l’indicazione ematologica a intraprendere una nuova linea di terapia specialistica, la paziente andava incontro a rapido peggioramento delle condizioni generali e a decesso, in accordo con la prognosi altamente infausta tipica della RS.

Discussione

FIGURA 2. Massa cervico-mediastinica (*) alla cTC con mezzo di contrasto

La sindrome di Richter è una rara complicanza della LLC che consiste nella trasformazione della leucemia in un DLBCL aggressivo[1]. Sebbene la LLC sia la più comune tra le leucemie in Europa e negli USA, l’incidenza della RS nei pazienti con LLC è solo dello 0.5-1%/anno[2]. L’intervallo mediano tra la diagnosi di LLC e quella di RS è di 2 anni circa[3].

Una localizzazione cardiaca dei linfomi può essere di tipo primario o secondario; il linfoma cardiaco primario è estremamente raro e rappresenta circa l’1.3-2% di tutte le neoplasie cardiache primitive[4]. Al contrario, il coinvolgimento secondario del cuore in corso di linfoma non-Hodgkin è stato descritto in una maggior percentuale di pazienti, fino al 20% secondo alcuni studi autoptici[5].

La presentazione clinica della RS è spesso eterogenea e aspecifica, e può includere sintomi di scompenso cardiaco (34%), dolore toracico (12%) e/o aritmie (9%)4.

L’ecocardiografia transtoracica (TTE) ha una sensibilità del 60% nell’identificare il coinvolgimento miocardico da parte del linfoma[6]; infatti le immagini acquisite all’ingresso della nostra paziente non hanno da sole destato un forte sospetto di infiltrazione cardiaca (Figura 3). Un esame di secondo livello come TC e/o cRMN si è rivelato in questo senso necessario ai fini di un’accurata definizione anatomica della malattia. La conferma diagnostica della RS deriva, infine, dalla biopsia seguita da esame istologico con caratterizzazione immunoistochimica e di genetica molecolare. Diverso invece è il ruolo dell’ecocardiografia transtoracica nel follow-up terapeutico, in cui la metodica è utile per monitorare l’evoluzione della malattia[7].

FIGURA 3. Ecocardiografia transtoracica (proiezione 4 camere apicale). Iperecogenicità del setto interatriale, del setto interventricolare inferiore e della parete libera del ventricolo destro.

Per quanto attiene alla prognosi, i pazienti affetti da linfoma cardiaco aggressivo mostrano un esito sfavorevole con una sopravvivenza media di soli tre mesi; tuttavia, coloro che riescono ad intraprendere precocemente una chemioterapia adeguata e a proseguirla per almeno un mese raggiungono spesso un controllo a lungo termine della malattia, al contrario di chi non beneficia di questa opportunità[hazard ratio (HR) 0.48; intervalli di confidenza al 95% (95% CI) 0.24-0.94; p=0.0264].

Da un’accurata revisione della letteratura ad oggi disponibile sull’argomento risultano soltanto altri due casi descritti di RS con coinvolgimento cardiaco[8],[9]. Per la singolarità della malattia è sembrato utile riportare la nostra esperienza al riguardo. Sebbene di raro riscontro e difficile riconoscimento, la RS “cardiaca” dovrebbe essere considerata nella diagnosi differenziale in pazienti con LLC nota e comparsa improvvisa di sintomi cardiologici. Un approccio di questo genere si rivela indispensabile per un inizio tempestivo della terapia specifica con impatto determinante sulla prognosi.   

Bibliografia


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Malattia di Still dell’adulto: una rara causa di miocardite

Francesco Bruno1 MD, Andrea Saglietto1 MD, Simone Frea1 MD, Marco Gatti2 MD, Antonella Barreca3 MD, Matteo Bellettini1 MD, Francesco Piroli1 MD, Claudia Raineri1 MD, Stefano Pidello1 MD, Gaetano Maria De Ferrari1 MD

1: Division of Cardiology, Cardiovascular and Thoracic Department, Città della Salute e della Scienza Hospital and University of Turin, Italy

2: Division of Radiology, Città della Salute e della Scienza Hospital and University of Turin, Italy

3: Division of Pathology, Città della Salute e della Scienza Hospital, Turin, Italy

Abstract

Un uomo di 35 anni si presentava al pronto soccorso per febbre, rash cutaneo diffuso non pruriginoso color salmone e sintomi di scompenso cardiaco. L’ecocardiogramma all’ingresso mostrava severa disfunzione biventricolare (FE VSn 20%), associata ad un aumento dei valori di troponina, epatosplenomegalia e a marcata iperferritinemia. La RM cardiaca e la biopsia miocardica evidenziavano un quadro di infiammazione miocardica acuta caratterizzato da un infiltrato monocito-macrofagico, ponendo diagnosi di miocardite acuta nel contesto di morbo di Still dell’adulto con sindrome da attivazione macrofagica. E’ stata impostata una terapia con cortisone ad alte dosi e una concomitante terapia cardioattiva (ACE-i e betabloccante), con ottima risposta clinico-laboratoristica e ecocardiografica (FE VSn alla dimissione 50%).  Alla visita di controllo ad un mese, il paziente si presentava asintomatico, in classe NHYA I, con normale funzione sistolica biventricolare.

Caso clinico

Un giovane paziente di 35 anni con anamnesi muta si presentava al pronto soccorso per febbre con picchi di 39°C, malessere generale, dispnea e rash cutaneo diffuso non pruriginoso da cinque giorni circa (Figura 1). All’esame clinico e strumentale si evidenziava un quadro di shock cardiogeno con tachicardia sinusale all’ECG e congestione ilare all’RX torace (Figura 1), una severa riduzione della funzione contrattile biventricolare all’ecocardiogramma (FE 20%) con aumento della troponina (TnT 194 ng/L) e aumento degli indici di flogosi (leucocitosi neutrofila con PCR 236 mg/L e procalcitonina 24 ng/mL). Veniva iniziato supporto inotropo con dobutamina 7 gamma/kg/min e veniva somministrata una fiala di metilprednisolone 125 mg. Il paziente veniva trasferito presso la nostra UTIC con successiva valutazione in Heart-team per un posizionamento ECMO bridge-to recovery/transplantation.

Figura 1

Tuttavia, in considerazione dell’assenza di danno d’organo (lattati 1 mmol/l all’ingresso, SVcO2 60%, PA 95/60 mmHg con dobutamina 7 gamma/kg/min), di una valida diuresi, dell’assenza di aritmie maligne e dato il concomitante sospetto di quadro settico si propendeva per una strategia di wait and see. La giornata successiva, dato un progressivo miglioramento clinico e strumentale, è stata ridotta la dobutamina fino a 3 gamma/kg/min e iniziato nitroprussiato sodico titolato fino a 0.6 gamma/kg/min. L’ecocardiogramma con analisi GLS, eseguita a 48 h ore dall’ingresso mostrava un recupero dell’FE (40%) con ipocinesia prevalentemente in sede inferiore, un GLS avg -15%, GCS avg -14%, una disfunzione diastolica di I grado, un ventricolo destro lievemente dilatato, con funzione contrattile longitudinale e radiale conservata e un lieve versamento pericardico circonferenziale.

La sera stessa però il paziente ha nuovamente presentato un picco febbrile (>39° C) e nuove alterazioni ECG ed ecocardiografiche, pertanto, veniva deciso di effettuare una biopsia cardiaca il giorno successivo1. Veniva inoltre eseguita una RMN cuore con mezzo di contrasto, che evidenziavauna FE del VSx del 36% ed un FE del VDx del 38%. Nelle sequenze T2 si evidenziava un edema miocardico diffuso (Figura 2 A, B), senza evidenza di LGE (Figura 2 C). All’analisi del mapping, si notava un T1 nativo ed un ECV aumentato (1220 e 38%, vn 950-1050 ms e 23-28%, Figura 2 D) ed un T2 medio e un T2 ratio aumentati (T2 medio 72 ms e T2 ratio 2.2, vn<55 ms e 1.9), alterazioni compatibili con un quadro di miocardite acuta. Gli esami strumentali eseguiti hanno evidenziato inoltre una splenomegalia (diametro milza 14 cm) ed un ingrandimento dei linfonodi mediastinici.

Figura 2

Gli esami ematici mostravano un’anemia normocromica normocitica con un valore di ferritina sierica di 3791 ng/ml (vn <400). Gli screening ematologici, infettivologici, nefrologici e reumatologici sono risultati tutti negativi. La biopsia eseguita ha mostrato edema diffuso miocardico (Figura 3 A e B) con un infiltrato infiammatorio prevalentemente monocito-macrofagico (Figura 3 C e D, frecce blu). Il quadro clinico caratterizzato da picchi febbili >39 C con adenosplenomegalia, rash maculare non pruritico color salmone e il quadro laboratoristico di iperferritinemia con anemia normocromica normocitica ha permesso di porre diagnosi di miocardite acuta nel contesto di morbo di Still dell’adulto con sindrome da attivazione macrofagica.

E’ stata intrapresa una terapia con cortisone ad alte dosi (150 mg dose di carico, poi scalato a 1 mg/kg/die) e una concomitante terapia cardioattiva con enalapril 5 mg e bisoprololo 2,5 mg, con ottima risposta clinico-laboratoristica e ecocardiografica. Alla dimissione il paziente presentava una FE 50%, TnT 25 ng/mL, NT-ProBNP 1019 pg/mL, creatinina 0,89 mg/dl, PCR mg/l 10.4, PCT 0.53 mg/l.

Alla visita di follow-up ad un mese e mezzo dalla dimissione, il paziente si presentava asintomatico, in classe NYHA I, ematici di norma, normale funzione biventricolare anche valutata con strain (GLS avg -19%). Dopo discussione collegiale con i reumatologi è stata iniziata una terapia con anticorpi monoclonali anti IL1 (canakinumab) e ridotto lo steroide.

Discussione

La malattia di Still dell’adulto è una rara malattia autoinfiammatoria sistemica multiorgano2. Colpisce entrambi i generi con un picco di incidenza bimodale tra 15 e 25 anni e tra 36 e 46 anni. La patogenesi ad oggi è sconosciuta, ma si ipotizza che sia causata da un’iperattivazione dell’immunità innata che causa una produzione massiva di citochine che vengono rilasciate nel torrente circolatorio2. La diagnosi è di esclusione e viene fatta grazie ai criteri di Yamaguchi, se almeno 5 criteri di cui due maggiori vengono confermati3,4. Tra i criteri maggiori si annoverano febbre ≥39° C, artralgie, rash non pruritico color salmone e leucocitosi neutrofila, mentre i criteri minori sono rappresentati da mal di gola, linfoadenomegalia, alterazioni degli enzimi epatici, test per ANA e fattore reumatoidi negativi. Il coinvolgimento cardiaco nel morbo di Still dell’adulto è molto raro2. La manifestazione cardiaca più comune è la pericardite, ma in rari casi può causare anche miocardite (circa 50 casi descritti in letteratura), endocardite tipo Libman Sacks o ipertensione arteriosa polmonare2,5,6.

Figura 3

La miocardite nella maggior parte si ha come prima manifestazione di malattia, come nel nostro caso, ed è più comune negli uomini che nelle donne5,6. All’ECG si possono osservare delle alterazioni non specifiche nel tratto ST e dell’onda T, blocchi atrioventricolari o onde Q nelle derivazioni inferiori5,6. Alla RMN cardiaca non vi è un pattern specifico, ma si presenta come una miocardite, come nel nostro caso nel quale i criteri di Lake Louise modificati hanno permesso di fare una diagnosi radiologica oltre che clinica di miocardite acuta7. Alla biopsia miocardica si reperta edema, infiltrato infiammatorio eterogeneo soprattutto composto da monociti e macrofagi5,6. La terapia è essenzialmente di supporto emodinamico cardiaco e a base di steroidi ad alte dosi che devono essere iniziati tempestivamente2,5,6. In caso di recidiva, oppure anche in prima linea come steroid-sparing, si possono usare farmaci anti IL-1 (Anakinra, Canakinumab), anti TNF alfa (Infliximab, etanercept, adalimumab) o anti IL-6 (tocilizumab). I FANS non sono efficaci, pertanto non sono raccomandati.

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Occlusione acuta del tronco comune: ‘bystander’ problematico di un problema valvolare

D.Gentile1, G.Provenzale1, M.Belmonte1, A.D’Errico1, S.Scansani2, A.Faggiano1, L.Barbieri1, S. Carugo1

1-UOC Cardiologia, Dipartimento di Medicina Interna, Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Milano

2-Dipartimento di Anestesia e Terapia Intensiva, Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Milano

Abstract

Presentiamo il caso di una donna di 46 anni giunta alla nostra attenzione per infarto miocardico con sopraelevazione del tratto ST (STEMI) e secondario shock cardiogeno in occlusione totale del tronco comune di verosimile natura emboligena. Riscontro ecografico di stenosi mitralica clinicamente significativa e severa disfunzione ventricolare sinistra, necessitante di supporto emodinamico sia meccanico che farmacologico.

Caso Clinico

Paziente di 46 anni, di provenienza sudamericana, sintomatica da circa 70 minuti per dolore retrosternale irradiato all’arto superiore sinistro e malessere generale per cui allertava i soccorsi. All’arrivo presso il nostro Pronto Soccorso riscontro ad elettrocardiogramma (ECG) di flutter atriale a media risposta ventricolare (circa 85bpm) e sopraslivellamento del tratto ST nelle derivazioni avL-V1-V2 con sottoslivellamento diffuso nelle altre derivazioni. La paziente si presentava inoltre ipotesa e con riscontro ecocardiografico di ipocinesia ventricolare sinistra diffusa, acinesia del setto interventricolare e della parete antero-laterale. Si somministravano dose di carico di aspirina e morfina endovena e si trasferiva la paziente in sala di Emodinamica. La coronarografia evidenziava occlusione verosimilmente tromboembolica nel corpo del tronco comune, con coronaria destra dominante indenne da lesioni (Fig.1). Si procedeva a plurime tromboaspirazioni efficaci con ripristino di flusso a valle in assenza di alterazioni coronariche di parete suggestive per placche instabili. Residuava embolizzazione distale di ramo postero-laterale di arteria circonflessa ed arteria discendente anteriore apicale (Fig 2).

Figura 1. Riscontro coronarografico di occlusione totale del corpo del tronco comune.

Durante la procedura, dato il progressivo sviluppo di shock cardiogeno, si impostava supporto meccanico mediante posizionamento di contropulsatore aortico (IABP). Intrapreso anche supporto aminico con noradrenalina e dopamina. Per successiva comparsa di fibrillazione atriale ad elevata risposta ventricolare media e tachicardie ventricolari sostenute, si sostituiva dopamina con dobutamina, somministrando inoltre amiodarone endovena. Al termine della procedura si assisteva alla persistenza del quadro di shock nonostante il supporto con rapporto di assistenza IABP 1:1 ed il supporto inotropo. All’ecocardiografia evidenza di severa disfunzione ventricolare sinistra con frazione d’eiezione (FE) 15-20% e stenosi mitralica clinicamente significativa associata a dilatazione biatriale (maggiore a sinistra). Si procedeva ad intubazione e si pre-allertava ECMO (ossigenazione extracorporea a membrana)-team. A distanza di circa un’ora dal termine della procedura, in corso di supporto con IABP in rapporto 1:1 e supporto aminico con Noradrenalina 0.12 mcg/kg/min e Dobutamina 3 mcg/kg/min, evidenza di progressivo miglioramento del quadro emodinamico: PA 105/60 mmHg ed all’ECG tachicardia sopraventricolare con frequenza cardiaca media 110 bpm. All’ultima emogasanalisi arteriosa riscontro di pH 7.34 e lattati 1.6 in riduzione, per cui si concordava per prosecuzione delle cure in terapia intensiva e di non procedere a supporto extracorporeo. Dal punto di vista cardiologico si impostava terapia con aspirina, ticagrelor ed eparina sodica.

Eseguito nuovo ecocardiogramma con riscontro di acinesia del setto interventricolare, dell’apice e della parete antero-laterale del ventricolo sinistro con FE 25-28%, ‘doming’ del lembo anteriore mitralico con stenosi mitralica significativa ed insufficienza valvolare associata di grado moderato, severa dilatazione atriale sinistra, ventricolo destro normocinetico, rigurgito tricuspidale di grado moderato con aumento della pressione polmonare sistolica (Fig. 3).

Figura 2. Risultato angiografico finale

Durante la notte episodio di instabilizzazione emodinamica in corso di tachiaritmia sopraventricolare trattata con beneficio tramite amiodarone endovena, cauto riadeguamento volemico con cristalloidi ed incremento del supporto inotropo. Al mattino successivo nuovo episodio ipotensivo con tachicardia ventricolare e nuove alterazioni dell’ECG (sopraslivellamento del tratto ST nelle derivazioni D1-avL e sottoslivellamento del tratto ST in sede inferiore), successivo arresto cardiocircolatorio (ACC) con dapprima attività elettrica senza polso e successivamente fibrillazione ventricolare, trattato con adrenalina ed erogazione di shock mediante defibrillatore esterno (ritorno della circolazione spontanea, ROSC, dopo 6 minuti). Vista la persistenza dell’instabilità emodinamica con ipotensione refrattaria, si procedeva a posizionamento di supporto con ECMO veno-arteriosa. Durante la procedura nuovo ACC con ROSC di 4 minuti. Ad ecocardiografia di controllo si repertava peggioramento della funzione sistolica ventricolare sinistra (FE 10-15%) ed estensione delle acinesie di contrazione ventricolare sinistra. La paziente veniva pertanto trasferita presso altro Centro, nel quale dopo alcuni giorni veniva modificato il supporto emodinamico in favore del supporto ventricolare con Impella. Successivamente la paziente è stata estubata, non ha presentato alterazioni di tipo neurologico ed ha proseguito il suo iter terapeutico.

Discussione

L’embolizzazione coronarica (EC) è una causa importante non aterosclerotica di STEMI con prevalenza variabile in letteratura, dal 3% fino al 13% dei casi, il cui principale fattore eziologico risiede nella fibrillazione atriale 1. Tuttavia, uno dei più dettagliati studi autoptici di infarti ad origine embolica ha mostrato che le condizioni valvolari predisponenti sono in realtà la causa maggiore (40%) 2.

Figura 3. Proiezione parasternale asse corto a livello del piano valvolare mitralico con determinazione dell’area valvolare mitralica planimetrica.

Rifacendosi ai criteri di Shibata et al 1 la nostra paziente risultava avere una embolizzazione coronarica certa per la presenza di un criterio maggiore (evidenza angiografica di embolizzazione coronarica e trombosi senza componenti aterosclerotiche) e due criteri minori (stenosi coronaria angiografica inferiore al 25%, eccetto per la lesione ‘culprit’, e presenza di fattori di rischio embolici quali l’aritmia sopraventricolare e la malattia valvolare reumatica). La maggior parte degli STEMI con EC viene affrontato nella pratica clinica tramite l’utilizzo della tromboaspirazione, con il rischio di residui embolici distali al termine della procedura, come nel nostro caso. Gli outcome a lungo termine sono peggiori nei casi di STEMI secondari ad EC, ampiamente influenzati dall’eziopatogenesi dell’evento embolico stesso 3. Nel nostro caso il quadro clinico era peggiorato sia dalla tachiaritmia sopraventricolare con difficile controllo della frequenza cardiaca e con l’opzione del controllo del ritmo non scevra dal potenziale rischio emboligeno, sia dalla severa disfunzione ventricolare sinistra conseguente alla EC con occlusione totale del tronco comune. La valvulopatia mitralica significativa, la dilatazione atriale e la severa disfunzione ventricolare sinistra ormai stabile mediata dalla EC sono tutti fattori che andranno a influenzare e di cui tener conto nel successivo iter terapeutico.

Bibliografia

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Tetralogia di Fallot: mai troppo tardi per correggere

Roberta Lotti MDa,b, Vered Gilad MDa,  Eugenio Sessarego MDa,b, Giuseppe Mascia MD, PhDa, Francesca Cavalla MDc , Giuseppe Pomè MD, PhDd, Francesco Santoro MDd,  Gianluca Trocchio MDd , Roberta Della Bona MD, PhDa,  Italo Porto, MD, PhDa,b

a. DICATOV – Cardiothoracic and Vascular department, San Martino Hospital, IRCCS for Oncology and Neurosciences, Genoa, Italy

b. Department of Internal Medicine and Medical Specialties (DIMI) Clinic of Cardiovascular Diseases, University of Genoa, Genoa Italy

c. Cardiothoracic department, Istituto Clinico di Alta Specialità (ICLAS), Rapallo, Italy

d. Pediatric Cardiothoracic and Vascular department, IRRCS Giannina Gaslini Institute, Genoa, Italy

Abstract

Descriviamo il raro caso di un paziente affetto da Tetralogia di Fallot con atresia polmonare sottoposto a correzione chirurgica in età tardo-adulta (63 anni) a seguito di multipli interventi palliativi in età sia pediatrica sia adulta. A distanza di un anno dall’intervento di correzione, il paziente veniva ricoverato presso il nostro Dipartimento di Cardiologia per tachicardia ventricolare sostenuta. Discuteremo quindi le attuali evidenze sulle tecniche palliative, gli effetti cardiovascolari a lungo termine della cianosi cronica, la possibilità di correzione chirurgica in età adulta e le possibili complicanze aritmiche.

Caso clinico:

Un uomo di 64 anni accedeva presso il nostro ospedale per dispnea ingravescente e cardiopalmo. Dal punto di vista anamnestico, al paziente era stata diagnosticata in infanzia la Tetralogia di Fallot con atresia polmonare e scarso sviluppo del circolo polmonare, trattata con tre successivi interventi palliativi: Blalock-Taussing (BT) shunt classico all’età di 3 anni, BT shunt modificato sull’arteria polmonare destra all’età di 14 anni ed uno shunt centrale (protesi tubulare di Dacron tra la biforcazione polmonare e l’aorta ascendente) all’età di 54 anni. La valutazione pre-operatoria in occasione dell’apposizione dello shunt centrale includeva la risonanza magnetica cardiaca (CMR) e l’angio-TC, con evidenza di ipoplasia delle arterie polmonari, occlusione dei precedenti BT shunt e presenza di numerosi collaterali sistemico-polmonari. In conseguenza alla cianosi cronica, il paziente veniva inoltre sottoposto a cicli di salassi ed aveva riportato anche un TIA dopo alcuni anni dall’ultimo shunt.

Figura 1. Elettrocardiogramma all’ingresso. Tachicardia ventricolare sostenuta ad asse inferiore e morfologia a BBS.

All’età di 63 anni veniva sottoposto a nuova valutazione clinica a causa di un progressivo deterioramento del performance status con comparsa di intolleranza allo sforzo ingravescente. Al cateterismo si osservava occlusione dello shunt centrale e dimensioni ottimali delle arterie polmonari, in assenza di coronaropatia ostruttiva. Considerando i sintomi e l’anatomia polmonare riscontrata, si decideva dunque di procedere ad intervento chirurgico correttivo mediante interposizione di un dotto valvolato tra il ventricolo destro e la biforcazione polmonare, chiusura del setto interventricolare mediante patch e dissoluzione dello shunt centrale. Il decorso postoperatorio risultava scevro di complicanze e nei successivi mesi il paziente riportava assenza di sintomi e significativo miglioramento della tolleranza allo sforzo. All’ecocardiogramma di dimissione si osservava corretto posizionamento e funzione del dotto, moderata disfunzione biventricolare (FEVD 40% e FEVS 45%), ectasia del bulbo aortico e lieve insufficienza valvolare aortica.

A distanza di un anno dall’intervento di correzione, tuttavia, il paziente accedeva presso il nostro Dipartimento per dispnea ingravescente e cardiopalmo. All’esame obiettivo non si evidenziava nulla di patologico eccetto toni cardiaci tachicardici, ritmici. La pressione arteriosa sistemica era 130/80 mmHg e la saturazione di ossigeno 95%. Veniva dunque effettuato un ECG a 12 derivazioni che dimostrava una tachicardia ventricolare sostenuta (TVS) a 160 bpm, con morfologia a blocco di branca sinistra (BBS) ed asse inferiore (Figura 1). Escluse eventuali disionie, in seguito alla comparsa di instabilità emodinamica si procedeva a sedazione e cardioversione elettrica a 150 Joule con ripristino del ritmo sinusale, in assenza di significative alterazioni della ripolarizzazione ventricolare. Veniva avviata quindi una terapia beta-bloccante a bassa dose, si effettuava una rivalutazione ecocardiografica, che per quanto apparentemente sovrapponibile alla precedente risultava poco informativa a causa della pessima qualità di finestra acustica, e si procedeva infine all’esecuzione di CMR. Quest’ultima dimostrava una discinesia del segmento infero-apicale, conservata funzione biventricolare e late gadolinium enhancement (LGE) multifocale, in particolare a carico del setto interventricolare, della porzione inferoapicale del ventricolo sinistro e del tratto di efflusso del ventricolo destro alla giunzione con il dotto valvolato (Figure 2,3,4).

Figure 2,3,4. Risonanza Magnetica Cardiaca. In alto a sinistra si osserva un ricco albero arterioso polmonare. In alto a destra il dotto valvolato a partenza dall’efflusso destro. In basso a sinistra la presenza di LGE (fibrosi) in sede inferoapicale.

Successivamente, il paziente veniva sottoposto a studio elettrofisiologico, che documentava l’assenza di aritmie atriali inducibili, mentre venivano indotte tachicardie ventricolari (TV) a quattro morfologie differenti (Figure 5 e 6). Pertanto, considerando l’episodio di TVS sintomatica, l’induzione di quattro differenti morfologie di TV allo studio elettrofisiologico ed il pattern di LGE multifocale alla CMR, si decideva di soprassedere a tentativi di ablazione transcatetere e si procedeva ad impianto di ICD endocavitario. Al follow-up, il paziente si manteneva asintomatico e con buona tolleranza allo sforzo e, allo studio elettrofisiologico di controllo, veniva indotta una fibrillazione ventricolare (FV), prontamente riconosciuta e trattata dall’ICD.

Discussione:

La riparazione chirurgica rappresenta il trattamento ottimale per i pazienti affetti da Tetralogia di Fallot, tuttavia non sempre risulta anatomicamente fattibile. Tra i meccanismi di compenso alla cianosi cronica riscontriamo l’eritrocitosi, la deviazione a destra della curva di dissociazione dell’ossiemoglobina ed un aumento della portata cardiaca (1), mentre sono complicanze comuni le anomalie ematologiche e coagulative, l’acidosi metabolica, le aumentate resistenze vascolari polmonari e l’ischemia subendocardica responsabile della fibrosi e della disfunzione miocardica (2,3).

Numerose tecniche palliative di shunt sistemico polmonare sono state sviluppate per aumentare il flusso vascolare polmonare, per ridurre la cianosi e per stimolare la crescita arteriosa polmonare. L’utilizzo di BT shunt, classico e modificato, comporta un basso rischio chirurgico, ma si associa ad un minor sviluppo delle arterie polmonari e a frequenti distorsioni delle stesse (4), mentre gli shunt centrali mostrano una più elevata probabilità di crescita delle arterie polmonari, a prezzo tuttavia di un maggior rischio di ipertensione polmonare (5).

Figure 5 e 6. Differenti morfologie di tachicardia ventricolare indotte allo studio elettrofisiologico.

Se sussistono le condizioni anatomiche appropriate (due ventricoli indipendenti e sufficiente circolo polmonare), la riparazione chirurgica è effettuabile con successo anche in età avanzata. Nella popolazione adulta, la mortalità postoperatoria varia dall’1,3% al 16%, ed è maggiormente influenzata dall’età del paziente, dalla cianosi prolungata, dalla disfunzione ventricolare sinistra e/o destra, dall’esperienza dell’operatore e del centro (6-11).

Le aritmie ventricolari sono complicanza frequente negli adulti con Tetralogia di Fallot e la morte cardiaca improvvisa è riportata in 1-3.5% dei casi. Le TV sono classificate in due categorie principali: polimorfe e monomorfe (12,13,14). Le TV polimorfe sono associate a diffusa fibrosi miocardica e disfunzione, spesso in conseguenza alla cianosi prolungata. Le TV monomorfe sono tipicamente conseguenza di cicatrici chirurgiche e sono anatomicamente definite “istmi” (14,15). L’ablazione transcatetere è fattibile in presenza di substrati anatomici e può migliorare la qualità di vita, benché sia generalmente raccomandata in aggiunta all’impianto di ICD dato l’elevato rischio di ricorrenza (16,17). L’impianto di ICD in prevenzione secondaria è raccomandato in tutti i pazienti, mentre l’impianto di ICD in prevenzione primaria dovrebbe essere considerato in pazienti portatori di più fattori di rischio per morte cardiaca improvvisa, considerando anche la disponibilità di nuovi dispositivi (ad esempio, l’ICD sottocutaneo) che comportano meno complicanze a lungo termine (17,18).

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Coinvolgimento cardiaco in corso di amiloidosi

Gaetano Bernardini, Marco Dell’Uomo; Stefano Sforna; Leoluca Nicolì, Gianfranco Notarianni

Scuola di Specializzazione in Malattie dell’Apparato Cardiovascolare, Università degli Studi di Perugia.

ABSTRACT

Un uomo di 59 anni accedeva in Pronto Soccorso per segni e sintomi di scompenso cardiaco congestizio. L’ecocardiogramma all’ingresso mostrava un quadro di cardiomiopatia restrittiva con aspetto delle pareti a vetro smerigliato, altamente sospetto per amiloidosi cardiaca. Pertanto, il paziente è stato sottoposto a scintigrafia con marcatori ossei e screening ematologico che mostrava una componente monoclonale all’elettroforesi, poi caratterizzata come Ig di tipo Lambda. La biopsia osteomidollare evidenziava discrasia plasmacellulare. La biopsia miocardica è risultata positiva alla colorazione Rosso Congo e successivamente all’analisi immunoistochimica per amiloidosi AL. Veniva iniziata chemioterapia con Bortezomib, Melphalan e Desametasone. Il quadro clinico del paziente è rapidamente peggiorato con insufficienza epatica ed insufficienza renale pre-renale fino all’exitus. L’evoluzione a carattere fulminante del caso verso l’exitus sottolinea l’importanza di una diagnosi tempestiva.

CASE REPORT

Un uomo di 59 anni accede al Pronto Soccorso Cardiologico per dispnea progressivamente ingravescente da 4-5 mesi associata ad ortopnea e a episodi di dispnea parossistica notturna. L’anamnesi patologica risultava positiva per ipertensione arteriosa sistemica ed ectasia dell’aorta ascendente in follow up. All’esame obiettivo il paziente risultava ortopnoico, tachicardico con normali valori di pressione arteriosa e di SatO2 (PA 110/80 mmHg, FC 105/min e SatO2 96% in aa). Si rilevavano inoltre all’auscultazione cardiaca un 3° tono, al torace crepitazioni bibasali con ipofonesi in sede medio-basale destra ed edemi declivi bilaterali improntabili fino al ginocchio.  Pertanto, si predisponeva il ricovero presso il reparto di Cardiologia e Fisiopatologia Cardiovascolare. Gli esami di laboratorio all’ingresso mostravano un incremento della troponina ultrasensibile (TnHS) (348 ng/L) e del peptide natriuretico di tipo B (NTproBNP) (13140 pg/ml). I restanti valori di laboratorio come emocromo, funzione renale ed epatica risultavano nella norma. L’ECG all’ingresso mostrava un ritmo sinusale (RS) con bassi voltaggi nelle derivazioni periferiche e alterazioni della ripolarizzazione come da sovraccarico del ventricolo sinistro. L’ecocardiogramma all’ingresso mostrava ipertrofia ventricolare severa (SIV 19 mm) con aspetto delle pareti a vetro smerigliato come da patologia infiltrativa, una cinesi globale lievemente ridotta (FE 45%) ed un pattern diastolico restrittivo (E/E’ 21,5), indicativo di elevate pressioni di riempimento del ventricolo sinistro.

Dato l’elevato sospetto di amiloidosi cardiaca, il paziente è stato sottoposto ad una scintigrafia con marcatori ossei e screening ematologico. Lo screening ematologico mostrava la presenza di una componente monoclonale all’elettroforesi, poi caratterizzata all’immunofissazione come Ig di tipo Lambda (2,3 g/L) con un rapporto K/Lambda di 0,36. Collateralmente è stata eseguita una biopsia del grasso periombelicale risultata poi negativa per colorazione al Rosso Congo e una biopsia osteo-midollare (BOM). Durante il ricovero è stata effettuata terapia diuretica per via endovenosa fino al ripristino dello stato di euvolemia e del compenso di circolo. Il paziente è stato dunque dimesso in attesa di eseguire RMN cardiaca e di referto della BOM eseguita durante la degenza. Il valore di NTproBNP alla dimissione era di 17800 pg/ml.

Dopo circa una settimana dalla dimissione, il paziente giungeva nuovamente a ricovero per dispnea, segni di scompenso cardiaco congestizio (SCC) e sindrome da bassa portata. L’ecocardiografia mostrava un severo peggioramento della funzione sistolica del ventricolo sinistro (FE 30%). In considerazione del referto della BOM eseguita nel contesto del primo ricovero che evidenziava la presenza di discrasia plasmacellulare, veniva eseguita una RMN cardiaca. La RMN cardiaca mostrava un quadro di cardiomiopatia restrittiva con pattern di distribuzione del late gadolinium enhancement (LGE) compatibile con patologia infiltrativa. Veniva eseguita inoltre una biopsia miocardica, risultata positiva alla colorazione Rosso Congo. Il campione è stato poi inviato presso il Dipartimento di Anatomia Patologica di Padova per l’esecuzione dell’indagine immunoistochimica. A completamento dell’iter diagnostico veniva eseguito esame coronarografico che mostrava vasi coronarici esenti da lesioni significative. Nel corso del ricovero è stata eseguita terapia diuretica endovenosa e terapia di supporto al circolo con inotropi (dobutamina) e Levosimendan. Il paziente è stato dimesso in compenso clinico e con valore di NTproBNP alla dimissione 18740 pg/ml.

A distanza di 6 giorni dalla dimissione il paziente giungeva nuovamente a ricovero per peggioramento dei segni e sintomi SCC e sindrome da bassa portata. Gli esami ematici eseguiti all’ingresso mostravano microalbuminuria positiva (29 mg/dL), GOT 56 UI/l; GPT 51 UI/l; Bilirubina tot 3.09 mg/dl, NTproBNP 31140 pg/ml; TroponinaHS 657 ng/L. L’ecocardiografia eseguita all’ingresso mostrava un ulteriore peggioramento della funzione sistolica del ventricolo sinistro (FE 20%). Lo stato emodinamico compromesso del paziente ha richiesto l’utilizzo di furosemide in infusione ad elevati dosaggi, di supporto inotropo con dobutamina (5 gamma/kg/min) e vasopressorio con noradrenalina a dosaggio crescente. In considerazione della gravità del quadro clinico del paziente, il caso veniva nuovamente discusso con i Colleghi Ematologi e si decideva di iniziare chemioterapia con Bortezomib, Melphalan e desametasone, seppur ancora in attesa del referto dell’esame immunoistochimico. Gli esami ematici eseguiti in regime di ricovero dimostravano un costante incremento delle catene leggere lambda (600 mg/dl). A distanza di pochi giorni dall’inizio della terapia, il referto dell’esame immunoistochimico (Anatomia Patologica di Padova) confermava il sospetto diagnostico di amiloidosi AL.

In considerazione delle gravi condizioni cliniche generali si contattava e inviava relazione presso Centro Trapianti di Centro di Riferimento per valutare possibilità di trapianto cardiaco seguito da autotrapianto di midollo osseo. Tale ipotesi è stata giudicata non percorribile a cause dello scadimento delle condizioni cliniche del paziente.

Il quadro clinico del paziente è rapidamente peggiorato con insufficienza epatica a genesi mista (stasi, tossicità da chemioterapici, ipoperfusione) ed insufficienza renale pre-renale fino all’exitus.

Il carattere rapidamente evolutivo dell’amiloidosi nel nostro caso sottolinea l’importanza di una diagnosi tempestiva tale da favorire un approccio terapeutico multidisciplinare. Il ruolo dell’ecocardiografia nel favorire una diagnosi precoce risulta essenziale; l’identificazione della marcata ipertrofia ventricolare con aspetto a vetro smerigliato e di una disfunzione diastolica severa, consente di porre il sospetto clinico così da avviare nel più breve tempo possibile il work up diagnostico.

Un insolito decorso in seguito ad arresto cardiaco: Sindrome di Tako Tsubo medioventricolare

Giuseppe Panuccio1 Iolanda Aquila1, Maria Petullà2, Santo Dellegrottaglie3, Daniele Torella1, Ciro Indolfi1,4

1Division of Cardiology, Department of Medical and Surgical Sciences, Magna Graecia University, Catanzaro

2Department of Radiology, Istituto di Radiodiagnostica, Magna Graecia University, Catanzaro

3 Division of Cardiology, Ospedale Accreditato Villa dei Fiori, Acerra, Naples and Zena and Michael A. Wiener Cardiovascular Institute, Marie-Josee and Henry R. Kravis Center for Cardiovascular Health, Icahn School of Medicine at Mount Sinai, New York, USA

4Department of Medicine, URT-CNR of IFC, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Catanzaro

ABSTRACT

Una donna di 29 anni, durante tiroidectomia, andava incontro ad asistolia. Con il ripristino del ritmo cardiaco si evidenziava sopraslivellamento del tratto ST-T nelle derivazioni laterali e anomalie della cinetica segmentaria che deponevano per una sindrome di Tako Tsubo (TTS) medioventricolare. La coronarografia non ha evidenziato malattia coronarica, ma durante la procedura la paziente ha riferito angina. Tuttavia, all’ecocardiogramma si evidenziava miglioramento della cinetica regionale. La RMN cardiaca ha evidenziato una piccola area ischemica nella parete inferiore legata a vasospasmo coronarico. La predisposizione al vasospasmo coronarico nel primo periodo di recupero da una TTS è una condizione rara ma possibile. 

CASO CLINICO

Figura 1: A-C: sopraslivellamento transitorio del tratto ST-T nelle derivazioni laterali ed inversione dell’onda T in V3-V6, DII-DIII e successivamente allungamento dell’intervallo QT.
D-I: assenza di malattia aterosclerotica coronarica evidente e ventricolografia sinistra che conferma il pattern anatomico medioventricolare della sindrome di Tako Tsubo occorsa.
L: RMN cardiaca, con evidenza di edema medioventricolare diffuso, senza accumulo tardivo di gadolinio, ad eccezione di una piccola area ischemica nella parete inferiore (freccia), probabilmente legata a vasospasmo coronarico.

Una donna di 29 anni, in apparente buono stato di salute, veniva sottoposta ad intervento chirurgico di tiroidectomia. Durante l’intervento, la paziente andava incontro a bradicardia marcata seguita da asistolia. Il ritmo cardiaco è stato ripristinato mediante iniezione endovenosa di 2 mg di epinefrina e 2 mg di adrenalina. Tuttavia, dopo la somministrazione dei farmaci, l’elettrocardiogramma ha evidenziato tachicardia sinusale con sopraslivellamento transitorio del tratto ST-T nelle derivazioni laterali ed inversione dell’onda T in V3-V6, DII-DIII (Fig. 1A) e successivamente allungamento dell’intervallo QT (Figura 1B-C). La paziente veniva pertanto trasferita presso la nostra UTIC, e gli esami ematochimici eseguiti dopo l’intervento evidenziavano aumento degli indici di miocardionecrosi, con valori di picco di Troponina Ths di 0.715 ng/ml (normale <0,014) e del CK-MB di 9.4 ng/ml (normale <4.94), in aggiunta ad un severo aumento dei valori del Pro-BNP (4452 pg/ml). 

All’ecocardiogramma venivano riscontrate anomalie della cinetica nei segmenti medioventricolari e l’analisi mediante strain longitudinale evidenziava riduzione dei valori di strain longitudinale globale (GLS) con anomalie regionali tipiche di una sindrome di Tako Tsubo medioventricolare (Figura 2).

Figura 2: anomalie della cinetica nei segmenti medioventricolari (A) e analisi mediante strain longitudinale (GLS) che evidenzia riduzione dei valori GLS con anomalie regionali tipiche di una sindrome di Tako Tsubo medioventricolare (B).

Quattro giorni dopo l’arresto cardiaco, la paziente veniva sottoposta ad angiografia coronarica, con assenza di malattia aterosclerotica coronarica evidente, mentre la ventricolografia sinistra confermava il pattern anatomico medioventricolare della sindrome di Tako Tsubo occorsa (1)(Figura 1 D-I). Tuttavia, durante la coronarografia, la paziente ha riferito dolore toracico tipico, con successivo e significativo nuovo aumento degli indici di miocardionecrosi (picco di Troponina Ths 0.518 ng/ml e CK-MB 34.4 ng/ml). Tuttavia, l’ecocardiogramma evidenziava normali indici di funzione sistolica del ventricolo sinistro con miglioramento della cinetica nelle regioni precedentemente interessate, come confermato dall’analisi mediante strain longitudinale (Figura 3).

A 1 settimana dall’episodio, è stata eseguita una RMN cardiaca, che ha evidenziato edema medioventricolare diffuso, senza accumulo tardivo di gadolinio, ad eccezione di una piccola area ischemica nella parete inferiore (Figura 1-L), probabilmente legata a vasospasmo coronarico. La predisposizione al vasospasmo coronarico è stata direttamente evidenziata durante la coronarografia, con evidenza di spasmo del tratto distale del primo ramo settale(2). La sindrome di Takotsubo (TTS) può essere scatenata da innumerevoli fattori scatenanti, fisici ed emotivi, ed in questo caso appare quindi una potenziale complicazione della somministrazione di adrenalina, osservazione che è stata confermata su numerosi casi pubblicati(3). Probabilmente la sua prevalenza è sottovalutata perché poco ricercata anche se negli ultimi anni casi atipici di TTS sono stati sempre più riscontrati(4). Questo caso ha confermato la predisposizione al vasospasmo coronarico nel primo periodo di recupero da un episodio acuto di TTS.  

Figura 3: analisi mediante GLS che evidenzia progressivo miglioramento della cinetica nelle regioni interessate dell’evento acuto.

Questo caso clinico dimostra come la sindrome di Tako Tsubo sia ancora oggi una patologia di difficile inquadramento e di difficile approccio gestionale. Infatti, i fattori scatenanti della TTS possono essere molteplici, ed alle volte (come in questo caso) anche iatrogeni (somministrazione di adrenalina endovenosa). Inoltre, tale sindrome presenta una vasta eterogeneità da un punto di vista patogenetico e fisiopatologico; non a caso, il vasospasmo coronarico è annoverato tra i possibili fattori patogenetici di tale sindrome, tuttavia tale condizione si è verificata durante il primo periodo di recupero dall’episodio acuto, a testimonianza di come il vasospasmo coronarico possa essere allo stesso tempo annoverato tra le complicanze che possono manifestarsi nelle prime fasi successive all’evento acuto. 

RIFERIMENTI

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Utilizzo combinato della mappa di voltaggio e dell’ecocardiografia speckle tracking per la diagnosi precoce di ARVC: case report

Nicolò Sisti, Amato Santoro, Claudia Baiocchi, Simone Pistoresi, Antonio Biancofiore, Giulia Elena Mandoli, Matteo Cameli, Università di Siena

Abstract

Un uomo di 38 anni viene ricoverato dopo episodio sincopale secondario a tachicardia ventricolare monomorfa. Gli approfondimenti confermano la presenza di cardiopatia aritmogena del ventricolo destro. Viene eseguito uno studio elettrofisiologico con sistema di mappaggio, comprensivo di mappa di voltaggio endocardica unipolare e bipolare, che viene integrato con un’analisi speckle tracking del ventricolo destro a partire da immagini ottenute mediante ecocardiografia intracardiaca. Si evidenzia una riduzione dello strain ventricolare destro in corrispondenza delle aree che presentano potenziali frammentati. Tali risultati sottolineano che l’integrazione dello strain ventricolare destro ottenuto dall’ecocardiografia intracardiaca con la mappa di voltaggio potrebbe essere utilizzata per aumentare la sensibilità della diagnosi precoce della cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro.

Introduzione

La cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro (ARVC) rappresenta una delle principali cause di morte cardiaca improvvisa. Anomalie strutturali a carico del “triangolo della displasia” sono dimostrabili in una fase molto precoce di malattia [1,2] ed il substrato aritmico di tale condizione può essere documentato durante studio elettrofisiologico (SEF) e mappaggio elettroanatomico. Le alterazioni elettriche presentano interessanti correlazioni con le alterazioni meccaniche documentabili con analisi speckle tracking (STE) di ecocardiografia tradizionale ed intracardiaca (ICE).

Caso clinico

Un uomo di 38 anni veniva ricoverato dopo episodio sincopale e contestuale riscontro di tachicardia ventricolare (TV) con morfologia a blocco di branca sinistra (BBsn), asse inferiore . Al ripristino del ritmo sinusale veniva evidenziato a livello di V1 un aspetto compatibile con onda epsilon (Figura 1,a-b). L’ecocardiografia transtoracica (TTE) dimostrava un “bulging” a livello della parete libera del ventricolo destro (RV) mentre l’analisi speckle tracking (STE) rivelava una riduzione dello strain longitudinale (LS) in tutti e tre gli strati miocardici nella regione sotto-tricuspidalica. La risonanza magnetica cardiaca (CMR) confermava la discinesia dei segmenti medi della parete libera del ventricolo destro, inoltre mostrava delayed enhancement subepicardico a livello del setto anteriore medio-basale e della giunzione biventricolare inferiore. La coronarografia mostrava vasi indenni da stenosi. Al monitoraggio elettrocardiografico emergeva una doppia morfologia delle ectopie ventricolari: BBsn, asse inferiore e BBsn, asse superiore. In accordo con i criteri Task Force del 2010 [1,2] la diagnosi di ARVC avveniva sulla base dell’associazione di onda epsilon, T negative V1-V3 e tachicardie ventricolari non sostenute (TVNS) con BBsn, asse superiore (criterio maggiore), dimensioni del ventricolo destro lievemente aumentate e ridotta funzione ventricolare destra alla CMR (criterio minore).

SEF e mappaggio elettroanatomico

Il paziente è stato sottoposto a SEF con sistema di mappaggio. Durante ritmo sinusale sono state identificate due morfologie di battiti extrasistolici ventricolari originanti da parete inferiore e tratto di efflusso del RV (RVOT). Senza l’utilizzo di fluoroscopia e con l’utilizzo dell’ICE è stata eseguita una ricostruzione 3D del RV, che è stata poi integrata con la mappa di voltaggio (circa 6000 punti totali) (Figura 2,a-e). Le regioni endocardiche con ampiezza dei potenziali in mappaggio bipolare > 1,5 mV sono state definite normali, le aree con potenziali di ampiezza <0,5 mV sono state definite aree di fibrosi, le aree con potenziali in bipolare tra 0,5 e 1,5 mV o unipolare tra 3,5-5,5 mV come anormali (Figura 2-f). La mappa di voltaggio in unipolare e bipolare di RV ha mostrato aree di basso voltaggio associate a potenziali frammentati dal piano tricuspidalico fino all’apice (Figura 2, g-h). A livello di RVOT il mappaggio bipolare risultava normale mentre l’unipolare evidenziava aree di basso voltaggio a livello della zona antero-settale. Il pace mapping indicava una corrispondenza del 97% per la morfologia da parete inferiore e 95% per la morfologia da RVOT. La stimolazione ventricolare programmata (drive 600, 500, 400 con uno, due e tre extrastimoli da apice RV e RVOT fino a periodo refrattario) permetteva infine di indurre TVNS con le due morfologie già descritte.

Analisi dello strain miocardico

L’analisi STE dell’ecocardiogramma transtoracico mostrava riduzione dello strain longitudinale (LS) di RV dal piano tricuspidalico (segmenti basali) fino alla parete libera inferiore. L’analisi STE delle immagini ICE mostrava altresì riduzione del LS nei segmenti sotto-tricuspidalici in tutti e tre gli strati miocardici (Figura 3-a,b,c.) In particolare, il LS endocardico era ridotto dai segmenti subtricuspidalici fino all’apice in modo corrispondente con i potenziali frammentati raccolti durante mappa di voltaggio. A livello di RVOT anteriore, la mappa di voltaggio unipolare evidenziava potenziali frammentati mentre l’analisi STE rivelava una riduzione del LS epicardico.

Ablazione transcatetere e management successivo

In considerazione del substrato aritmico e della diagnosi di ARVC si procedeva ad ablazione transcatetere (TA) con controllo di potenza (30 W) per un totale di 2 minuti a livello di ciascun potenziale frammentato della parete inferiore, dove il mappaggio unipolare e bipolare aveva confermato ridotti voltaggi. Durante la procedura si assisteva a insorgenza di TV con morfologia analoga all’aritmia clinica.  In terza giornata il paziente veniva sottoposto ad impianto di ICD sottocutaneo in prevenzione secondaria e veniva dimesso in terapia betabloccante. A distanza di 6 mesi non venivano documentati episodi aritmici ventricolari

Discussione

Il substrato aritmico della ARVC è costituito da una profonda eterogeneità elettrica regionale e transmurale e può essere registrato nella forma di potenziali frammentati di ampiezza ridotta, indice di una conduzione elettrica alterata. Il mappaggio elettroanatomico localizza le aree con l’alterazione istopatologica tipica e può essere integrato con l’ICE. Questa possiede maggiore risoluzione rispetto alla ecocardiografia tradizionale, [3], migliora la valutazione morfologica di inflow/outflow ventricolare destro e consente una migliore valutazione funzionale [4-6]. Le alterazioni dell’RV strain nella ARVC risultano molto precoci nello sviluppo della cardiopatia e sono correlate al rischio aritmico [7]. Da questo caso clinico emerge che l’utilizzo associato di strain ventricolare destro ottenuto con ICE [8] e mappa di voltaggio può migliorare la sensibilità diagnostica per una diagnosi precoce di ARVC ed agevolare l’esecuzione dell’ablazione TC senza l’utilizzo di radiazioni ionizzanti.

Didascalie figure

Figura 1a: ECG registrato sul territorio indicativo di tachicardia ventricolare con morfologia tipo blocco di branca sinistro e asse inferiore

Figura 1b: ECG registrato poche ore dopo che evidenzia onda epsilon in V1 e inversione onde T in V1-V3

Figura 2. a: 3D “home view” dell’ecocardiogramma intracardiaco in cui la sonda è posizionata nell’atrio destro. b: 2D “home view” del tratto di afflusso ed efflusso del ventricolo destro c: Visualizzazione 2D con eco intracardiaco della sezione trasversale del ventricolo destro. I segmenti in verde sono quelli acquisiti per la ricostruzione ecocardiografica 3D del ventricolo destro. d: Mappa 3D del ventricolo destro con eco intracardiaco. Il catetere mappante multipolare è nell’afflusso del ventricolo destro. e: Rappresentazione di una fusione tra mappa con eco intracardiaco e mappa di voltaggio bipolare. Aree di basso voltaggio sono state identificate in sede sotto-tricuspidalica e apice inferiore del ventricolo destro. f: Rappresentazione di una fusione tra mappa con eco intracardiaco e mappa di voltaggio unipolare. Aree di basso voltaggio sono identificate nel tratto di efflusso antero-settale. g: Mappa di fusione tra eco intracardiaco e voltaggio bipolare durante ablazione transcatetere dei potenziali frammentati h: Bassi potenziali registrati.

Figura 3. Analisi speckle tracking strato-specifica del ventricolo destro applicata alle immagini ottenute con eco intracardiaco. Da sinistra: strain longitudinale endocardico, strain longitudinale mesocardico, strain longitudinale epicardico.

Bibliografia

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Duplice impianto percutaneo di valvola aortica per il trattamento di disfunzione di bioprotesi aortica (TAVI-in-TAVI-in-Valve).

Emanuele De Vita a, Stefania Asparago a, Michele Bellino a, Mario Centore a, Valeria Visco a, Tiziana Attisano b, Carmine Vecchione a, Gennaro Galasso a.

a Dipartimento di Medicina, Chirurgia ed Odontoiatria, Università degli Studi di Salerno, Salerno, Italia

b Laboratorio di Emodinamica, Dipartimento Cardio-Toraco-Vascolare, A.O.U. San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona, Salerno, Italia

ABSTRACT

Maschio, 61 anni, sottoposto a duplice intervento cardiochirurgico per bypass aorto-coronarico (CABG) e sostituzione valvolare aortica con bioprotesi Trifecta 21 mm, è giunto alla nostra attenzione per dispnea. Alla valutazione clinico-strumentale è stata documentata una disfunzione protesica. Il paziente, come da giudizio dell’Heart Team, è stato candidato a procedura di sostituzione valvolare aortica transcatetere (TAVI) Valve-in-Valve. Dopo l’impianto percutaneo della valvola EVOLUT R 23 è stata eseguita una frattura della bioprotesi chirurgica con pallone, complicata tuttavia dalla rottura di quest’ultimo e dallo sposizionamento della bioprotesi appena impiantata. Ciò ha determinato un’insufficienza aortica di grado severo complicata da shock cardiogeno risoltosi con l’impianto di una seconda valvola percutanea (TAVI-in-TAVI-in-Valve). 

INTRODUZIONE

L’impianto di valvola aortica transcatetere (TAVI) può essere effettuato nei pazienti con disfunzione di bioprotesi valvolare impiantata per via chirurgica, non candidabili ad un re-intervento. In particolar modo, le bioprotesi di piccole dimensioni sono una sfida per la cardiologia interventistica; l’impianto di una nuova bioprotesi con tecnica Valve-in-Valve (ViV) TAVI può determinare elevati gradienti transprotesici residui e mismatch protesi-paziente (PPM). La frattura della bioprotesi chirurgica (BVF), eseguita durante la procedura ViV TAVI, è associata ad una riduzione dei gradienti transprotesici (1). È praticata tramite un pallone non compliante per valvuloplastica che viene gonfiato ad alte atmosfere al fine di fratturare l’anello della valvola chirurgica ed ottenere un aumento dell’area dell’orifizio valvolare (2). Ciò consente l’impianto di una bioprotesi di maggiori dimensioni, con migliori prestazioni emodinamiche e minori gradienti transvalvolari.

CASO CLINICO

Un paziente di 61 anni ha fatto accesso alla nostra struttura ospedaliera per la comparsa di dispnea a riposo.

Figura 1. Immagini angiografiche. A: aortografia iniziale che mostra la valvola TRIFECTA 21mm; B: Pre-dilatatione della bioprotesi TRIFECTA 21mm con pallone VALVER 20 x 40 mm; C: Impianto transcaterere della valvola aortica EVOLUT R 23; D: BVF con pallone NC ATLAS GOLD complicata dalla rottura dello stesso; E: Risalita della bioprotesi EVOLUT R 23 con conseguente insufficienza di grado severo; F: Impianto della seconda valvola EVOLUT R 23.

In anamnesi mostrava: cardiopatia dilatativa-ipocinetica post-ischemica con frazione d’eiezione ridotta; diabete mellito tipo 2; ipertensione arteriosa; intervento di bypass aorto-coronarico (AMIS su IVA – GVS su MO1 ed MO2) nel 2006; sostituzione valvolare aortica post-endocardite con protesi biologica (Trifecta 21) nel 2016.

La valutazione cardiologica ha evidenziato un quadro clinico di scompenso cardiaco con riscontro all’esame ecocardiografico di degenerazione della bioprotesi aortica con stenosi di grado severo (Vmax 4,5 m/s, Gradiente medio 50 mmHg, AVA index 0,5 cmq/mq), insufficienza di grado moderato e ventricolo sinistro dilatato con severa riduzione della funzione contrattile (FE= 35%). 

Sebbene l’STS score risultasse basso (2,5 %), l’Heart Team, dopo ampia discussione con con il paziente in merito al rapporto rischio-beneficio, ha posto indicazione alla procedura di ViV TAVI. Il paziente è stato sottoposto ad esame Angio-TC per la valutazione dell’asse iliaco-femorale e per valutare il rischio di occlusione degli osti coronarici in seguito all’impianto della bioprotesi.

È stata quindi eseguita una procedura TAVI mediante accesso arterioso femorale destro ed è stato reperito accesso arterioso radiale sinistro per aortografia e angiografia dell’asse iliaco femorale. Previa pre-dilatazione della valvola protesica TRIFECTA 21 mediante pallone VALVER 20 X 40 mm, su guida SAFARI S è stata inviata e successivamente rilasciata in sede sovra-anulare la bioprotesi autoespandibile MEDTRONIC EVOLUT R 23.

Figura 2. Valutazione al doppler continuo dei gradienti transvalvolari. A: gradienti transvavolari della bioprotesi Trifecta 21 mm. B: gradienti transvalvolari riscontrati alla visita di follow-up.

È stata quindi documentata una riduzione del Gradiente Transvalvolare Medio da 65 a 30 mmHg (dato suggestivo di espansione sub-ottimale). Si è quindi eseguita una BVF con pallone NC ATLAS GOLD 22mm gonfiato a 26 atm per ottenere una frattura dell’anello protesico della Trifecta. Tale dilatazione ha, tuttavia, determinato la rottura del pallone, che è rimasto ancorato alla bioprotesi appena impiantata. Il ritiro del pallone ha poi causato una risalita della valvola impiantata risultante in un’insufficienza aortica di grado severo. Le condizioni cliniche del paziente sono rapidamente peggiorate esitando in un quadro di shock cardiogeno e necessità di assistenza respiratoria meccanica. Per tale motivo è stato necessario l’impianto, in bail-out, di una seconda bioprotesi MEDTRONIC EVOLUT R 23 (TAVI-in-TAVI in Valve) (Figura Centrale). Al controllo finale è stato riscontrato un gradiente medio di 7 mmHg in assenza di insufficienza o leak periprotesici.

Visto il miglioramento delle condizioni cliniche ed emodinamiche il paziente è stato estubato già in sala di Emodinamica e condotto in Unità di Terapia Intensiva Cardiologica per l’osservazione.

Il decorso post-procedurale è stato privo di complicanze ed il paziente è stato dimesso 5 giorni dopo la procedura.

Al follow-up ad un anno, il paziente si è presentato in buone condizioni cliniche e asintomatico. L’esame ecocardiografico ha mostrato normali gradienti transvalvolari (Gradiente transvalvolare medio = 8 mmHg; Vmax = 2 m/s) senza insufficienza o leak periprotesici ed una frazione d’eiezione del ventricolo sinistro del 40% (Figura 2).

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Inaspettato meccanismo di una tachicardia a QRS largo

Rosalba De Sarro, Giuseppe Picciolo, Pasquale Crea, Francesco Luzza, Giuseppe Oreto

Cardiologia con UTIC, Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università di Messina

CASO CLINICO

Un uomo filippino di 45 anni veniva ricoverato presso la nostra Cardiologica con UTIC per palpitazioni; paziente emodinamicamente stabile (PA 130/80 mmHg), portatore di CRT-D (Quadra Assura MP 3371-40C St Jude Medical, Abbott), con storia di malattia coronarica e insufficienza cardiaca congestizia, in terapia con diuretico dell’ansa, beta-bloccante, ACE-inibitore, antagonista dell’aldosterone, ivabradina  e aspirina.

Figura 1

Il tracciato evidenziava tachicardia a QRS largo a 160 bpm con un particolare ritmo bigemino (Figura 1).

Si decideva di monitorare il paziente.

L‘analisi dei QRS evidenziava un aspetto a blocco di branca destra con emiblocco anteriore sinistro, suggestivo di tachicardia sopraventricolare (SVT) condotta con aberranza. L’analisi di V1 (dove l’onda P era più osservabile) sembrava escludere la diagnosi di flutter atriale/tachicardia atriale e di dissociazione AV; una chiara onda P si osservava dopo il 2° complesso QRS di qualsiasi coppia; Altre onde P tuttavia avrebbero potuto essere nascoste dai QRS  ampi. Per facilitare la diagnosi è stato eseguito il controllo telemetrico del dispositivo che ha evidenziato 3 episodi aritmici nella zona VT2, ciascuno interrotto da ATP (stimolazione antitachicardica). La frequenza ventricolare risultava doppia rispetto all’attività atriale, suggerendo in prima ipotesi la diagnosi di tachicardia ventricolare (VT).

Discussione

Qual è il meccanismo di questa tachicardia bigemina?

L’analisi attenta degli elettrogrammi endocavitari (Figura 2) evidenziava un rapporto V/A fisso di 2:1. Mentre la frequenza cardiaca progressivamente aumentava da 160 fino a 190 bpm, gli intervalli V2-A si accorciavano. Questo comportamento escludeva la conduzione VA retrograda (con blocco VA 2:1).  Per le proprietà decrementali del nodo AV, gli intervalli V2-A dovrebbero aumentare insieme alla frequenza cardiaca.

Inoltre, gli intervalli A-V1 e A-V2 erano sostanzialmente costanti suggerendo fosse il ritmo atriale a trascinare il ritmo ventricolare. Il complesso di questi elementi suggerivano un meccanismo di doppia risposta AV.

La fisiologia del doppio nodo AV rappresenta in genere il substrato per la tachicardia da rientro nodale  (AVNRT). Nella TRNAV tipica, la conduzione anterograda sfrutta la via lenta e quella retrograda  la via veloce. Raramente, un battito sinusale può provocare due complessi ventricolari dovuti alla conduzione anterograda contemporanea attraverso le due vie.  Questo meccanismo richiede: 1)  una conduzione marcata e prolungata attraverso la via lenta; 2) la differenza tra i tempi di conduzione delle vie veloci e lente più lungo del periodo refrattario effettivo delle fibre del nodo distale e del sistema His-Purkinje; conduzione ventricoloatriale (VA) retrograda scarsa o assente.

Figura 2

Nel nostro caso l’errata diagnosi da parte dell’ICD e l’inappropriata ATP sono state causate da una frequenza ventricolare maggiore di quella atriale (nessun altro discriminante è stato preso in considerazione). Al paziente è stato somministrato metoprololo e.v.  ottenendo il ripristino della stimolazione biventricolare. I QRS spontanei mostravano un blocco di branca destra con emiblocco anteriore sinistro (identico ai QRS della tachicardia). Il giorno successivo siamo stati in grado di riprodurre una doppia risposta AV in modalità AAI (85 bpm) osservando un brusco passaggio dalla conduzione AV 1:1 a 1:2. Un successivo studio elettrofisiologico ha evìdenziato una chiara fisiologia del doppio nodo AV.  In particolare, abbiamo osservato un singolare accoppiamento tardivo dell’extrastimolo condizionante il jump(S1 drive 800 ms, S2 670 ms).  Il paziente è stato sottoposto con successo all’ablazione della via lenta senza ulteriori recidive nei successivi 6 mesi.

Circa l’80% degli shock inappropriati dell’ICD sono causati da SVT (tachicardia sinusale, tachicardia atriale, tachicardia da rientro atrioventricolare, AVNRT, flutter atriale e fibrillazione atriale). Gli algoritmi disponibili utilizzati per discriminare SVT da VT differiscono a seconda che sia disponibile il sensing a camera doppia o a camera singola. Sebbene l’uso del rapporto V/A sia cruciale nella distinzione tra SVT e VT, potrebbe non essere sufficiente nel discriminarle. La risposta del doppio nodo AV  deve essere considerata in diagnosi differenziale per le tachicardie che coinvolgono pattern ECG atipici di fibrillazione atriale e tachicardia ventricolare.  In particolare, una tachiaritmia bigemina dovrebbe indurre il sospetto di conduzione AV 1:2.  La risposta del doppio nodo AV sembra essere più comune di quanto si pensi, ma spesso viene sottostimata. Un’analisi dettagliata dell’ECG può favorire una diagnosi corretta, da verificare in uno studio elettrofisiologico e trattare con successo cona intervento di ablazione transcatetere a radiofrequenza.