Embolia polmonare ad alto rischio: quando la terapia interventistica è la meno rischiosa

Laura Torlai Triglia1, Luigi Gerra1, Rachele Bertolini1, Marco Stuani1, Giulia Gorlato1, Giuseppe Boriani1

1Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia

ABSTRACT
La prevalenza dell’embolia polmonare nel paziente oncologico è elevata, con un rischio che arriva fino al 20% nel primo anno dopo la diagnosi, a seconda del tipo di neoplasia[1]. Il tromboembolismo venoso rappresenta la seconda causa di morte nei pazienti con neoplasie a causa dei numerosi fattori di rischio trombotico[2]. L’embolia polmonare ad alto rischio nel
paziente con neoplasie cerebrali primitive o secondarie rappresenta una sfida terapeutica dato l’elevato rischio emorragico e la controindicazione assoluta alla fibrinolisi. Il trattamento percutaneo rappresenta una valida alternativa in caso di controindicazione o fallimento della terapia standard in centri con esperienza[3].

CASO CLINICO
Presentiamo il caso di un uomo di 65 anni, senza precedenti cardiologici, affetto da glioma diffuso astrocitario anaplastico recidivante trattato in precedenza con chemio e radioterapia, in evoluzione all’ultimo follow-up oncologico. Il paziente giungeva in Pronto Soccorso per
dispnea e addominalgia. All’ingresso si mostrava vigile con pressione arteriosa di 90/60 mmHg, frequenza cardiaca di 110 bpm, saturazione arteriosa 97% in aria ambiente, apiretico. Agli esami ematochimici si evidenziavano: D-dimero di 22180 ng/ml, moderata piastrinopenia (PLT 83000) e creatininemia di 1.9 mg/dl. L’emogasanalisi arteriosa era nei limiti di norma. All’elettrocardiogramma si riscontrava una tachicardia sinusale con blocco di branca destra, non noto in precedenza. La TAC del torace eseguita in regime d’urgenza evidenziava una tromboembolia polmonare con trombo non occludente disposto a cavaliere a carico dei rami
principali e multipli difetti di riempimento analoghi, non occludenti a livello delle diramazioni lobari e segmentarie di entrambi i lobi inferiore e superiore di destra (Figura 1).

Figura 1. TAC torace all’ingresso: trombo a cavaliere non occludente a carico della biforcazione dell’arteria
polmonare.

All’ecocardiogramma le sezioni destre risultavano dilatate e ipocinetiche con vena cava inferiore di 25 mm e non collabente. La funzione ventricolare sinistra risultava invece nei limiti di norma (Figura 2). Dopo poche ore di osservazione in Pronto Soccorso, il paziente si presentava soporoso, fortemente ipoteso (PA 70/40 mmHg), oligo-anurico e con compromissione degli scambi respiratori. Pertanto, veniva trasferito presso la nostra Unità di Terapia Intensiva Cardiologica.

Figura 2. Ecocardiogramma all’ingresso: sezioni destre dilatate (rapporto RV/LV > 1).

Visto il quadro di tromboembolia polmonare a rischio elevato in presenza di controindicazione assoluta alla terapia fibrinolitica, risultava indicato il trattamento percutaneo con trombolisi reologica mediante AngioJet.
Il caso veniva discusso collegialmente con l’Oncologo di riferimento che confermava la prognosi del paziente superiore a 12 mesi e con il Neurochirurgo che, alla luce dell’assenza di focolai emorragici all’ultima RMN encefalo, non poneva controindicazioni al trattamento percutaneo e
alla terapia anticoagulante successiva.
Il paziente veniva condotto in sala di Emodinamica dove, tramite accesso venoso femorale (8F), si eseguiva angiografia polmonare destra con evidenza di formazioni trombotiche a livello dei rami per il lobo medio e superiore. All’angiografia polmonare sinistra si evidenziavano
formazioni trombotiche a livello dei rami per il lobo inferiore e per la lingula (Figura 3 A. e C.).

Figura 3. Angiografie polmonari destra e sinistra prima (A. e C.) e dopo (B. e D.) il trattamento mediante
AngioJet. Si noti il ripristino del circolo polmonare in particolare a livello dei campi inferiore sinistro e
superiore/medio destro.

Tramite catetere destro e guida angiografica 0.35 mm si eseguivano multipli passaggi di AngioJet in entrambi i campi polmonari destro e sinistro, con completamento a livello del tronco
dell’arteria polmonare. Le successive angiografie hanno documentato un netto incremento della perfusione dei distretti interessati e contestualmente si otteneva un miglioramento delle condizioni cliniche, della pressione arteriosa con ripresa della diuresi spontanea.
In seguito, è stata intrapresa terapia con Eparina non frazionata in infusione continua a dosaggio anticoagulante a basso range. Durante il decorso clinico si assisteva a ripristino della piastrinopenia e miglioramento della funzionalità renale, in assenza di anemia o sanguinamenti maggiori. Ottenuta la stabilità clinica e strumentale, in seguito a nuova discussione collegiale, veniva sospesa eparina e si introduceva terapia anticoagulante orale con Edoxaban 60 mg.
Il paziente è stato successivamente trasferito in Medicina Oncologica, dalla quale è stato poi dimesso al domicilio in buone condizioni generali.

CONCLUSIONI
Il trattamento percutaneo dell’embolia polmonare, come l’AngioJet ed altri
dispositivi attualmente in via di sviluppo, rappresentano una valida opzione terapeutica nel paziente ad alto rischio con controindicazione assoluta o fallimento della terapia fibrinolitica. In questi casi l’approccio interventistico può essere la scelta meno invasiva e meno rischiosa
per il paziente.

BIBILIOGRAFIA
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Diverticolo congenito del ventricolo sinistro: Utilizzo dell’imaging multimodale per la diagnosi e la stratificazione del rischio

Marcello Cosenza1,2, Michele Morosato1,2 , Gabriele Paci1,2,  Eustachio Agricola1,2 , Federico Biondi1

1Unità di Imaging Cardiovascolare, IRCCS Ospedale San Raffaele, Milano, IT
2Università Vita-Salute San Raffaele, Milano, IT

ABSTRACT
I diverticoli o aneurismi congeniti del ventricolo sinistro costituiscono un’entità rara con poche centinaia di casi riportati in letteratura, la cui diagnosi è per lo più incidentale. Le possibili complicanze comprendono la rottura, le aritmie ventricolari, il tromboembolismo, lo sviluppo di scompenso cardiaco congestizio e la morte cardiaca improvvisa. Descriviamo il caso di un giovane di 21 anni giunto alla nostra osservazione per riscontro occasionale di multipli diverticoli del ventricolo sinistro in corso di accertamenti per idoneità sportiva. Un approccio imaging multimodale, integrato dalla caratterizzazione tissutale mediante biopsia endomiocardica, ha permesso di giungere alla diagnosi ed ha guidato la successiva gestione clinico-terapeutica.

CASO CLINICO
Descriviamo il caso di un ragazzo di 21 anni, giunto alla nostra osservazione per eseguire accertamenti a seguito del riscontro di anomalie elettrocardiografiche durante visita per idoneità sportiva (Figura 1).

Figura 1 – Elettrocardiogramma basale del paziente: ritmo sinusale, conduzione AV nei limiti; ritardo aspecifico di conduzione IV, q laterali, T negative in aVL, assente crescita R V3-V4, S profonda V3 con rialzo punto J omosede.

Dalla raccolta anamnestica emergeva familiarità per cardiopatia ischemica precoce (padre sottoposto a bypass aorto-coronarico all’età di 36 anni), in assenza di ulteriori fattori di rischio cardiovascolari. Non era presente familiarità per morte cardiaca improvvisa o cardiomiopatie. Il paziente si presentava asintomatico per angor a riposo o sotto sforzo senza storia di palpitazioni o sincope.
L’ecocardiogramma transtoracico riscontrava lieve disfunzione sistolica e dilatazione del ventricolo sinistro (FEVsx 47%, VTDi 80 ml/mq), in presenza di ampio aneurisma coinvolgente la parete anterolaterale con marcata trabecolatura al suo interno ed ulteriore piccolo aneurisma dell’apice vero. Contestualmente si evidenziavano ipertrofia, apicalizzazione ed impianto anomalo del muscolo papillare anterolaterale a livello del segmento basale della parete laterale in assenza di significativa ipertrofia parietale; ponti muscolari e cordali a partenza dal setto interventricolare ad inserzione sul muscolo papillare anterolaterale; lembi mitralici dismorfici con ipoplasia del lembo posteriore e allungamento dell’anteriore, corde corte, in assenza di insufficienza significativa (Figura 2).

Figura 2A: TTE, parasternale asse lungo che mostra la valvola mitrale dismorfica con lembo anteriore mitralico allungato con impianto diretto del muscolo papillare; B: TTE, acquisizione 3D; C: TTE, SonoVue; D: Coronarografia diagnostica, normale quadro angiografico.

Ventricolo destro nei limiti per dimensioni e funzione. Veniva inoltre eseguito ecocardiogramma sotto sforzo, massimale per frequenza cardiaca raggiunta, risultato negativo per aritmie da sforzo e nel recupero.
Alla cine-RMN cuore con mezzo di contrasto si confermava la presenza di multipli diverticoli/aneurismi della parete anteriore del ventricolo sinistro, a parete assottigliata e con ridotta ma presente contrattilità, estesi dal passaggio basale-medio al passaggio medio-apicale (6.5 x 4 x 2.5 cm) determinanti lieve riduzione della funzione sistolica globale in assenza di asinergie dei restanti segmenti. Normale massa miocardica. Normali valori di tempo di rilassamento T1 e T2 ed assenza di edema o di late gadolinium enhancement (LGE).
Si procedeva a ventricolografia e coronarografia che documentava coronarie epicardiche indenni da lesioni stenosanti ed assenza di ponti miocardici.

A: TTE, parasternale asse corto; B: Sequenze LGE alla RMN cardiaca; C: TTE, 4 camere; D: Ventricolografia.


A completamento diagnostico è stata eseguita biopsia endomiocardica del ventricolo destro che evidenziava cardiomiociti di normale morfologia, senza evidenza istologica di cellule infiammatorie, fibrosi sostituiva o necrosi su quattro campioni prelevati.
Veniva inoltre eseguito test genetico per ricerca di mutazioni geniche note associate a cardiomiopatie, attualmente ancora in corso.
Vista l’anamnesi familiare negativa per storia di cardiomiopatia o di morte cardiaca improvvisa, l’assenza di sintomi di pertinenza cardiologica nonostante una vita attiva (paziente sportivo, calciatore), la RMN e la biopsia endomiocardica entrambe negative per alterazioni di tipo infiammatorio/sostitutivo a carico del miocardio, l’assenza di aritmie al monitoraggio elettrocardiografico a riposo e alle prove da sforzo è stato deciso collegialmente di avviare il paziente a stretto follow-up ambulatoriale con idoneità ad eseguire attività  sportiva non agonistica.

DISCUSSIONE
I diverticoli o aneurismi congeniti del ventricolo sinistro sono una rara entità (prevalenza stimata nella popolazione generale del 0.04% – 0.76%) [1] di cui sono descritti poche centinaia di casi in letteratura sin dalla loro prima descrizione nel 1816 e si presentano frequentemente associati ad altre malformazioni cardiache (valvolari, strutturali o coronariche), vascolari ed extra-cardiache [2].
L’origine sembra essere un difetto del differenziamento embrionale del tubo endocardico a partire dalla quarta settimana di gestazione [3].  La sede più frequente di localizzazione è l’apice del ventricolo sinistro (60% dei casi), seguito dalla regione sub-mitralica [2].
La maggior parte dei pazienti sono asintomatici e la diagnosi è incidentale; ciò giustifica l’età tardiva alla diagnosi, riportata intorno ai 30 anni.  Le possibili complicanze includono la rottura, riportata nel 4% dei casi, le aritmie ventricolari, stimate avere un’incidenza tra il 9 e il 18%, il tromboembolismo (3-5% dei casi) e lo sviluppo in età avanzata di scompenso cardiaco congestizio, che coinvolge tra il 7% e il 21% dei pazienti [2].
In assenza di un gold-standard, la diagnosi avviene per esclusione e l’imaging multimodale è chiave per distinguere questa entità dai più comuni aneurismi/pseudo-aneurismi ad eziologia ischemica, infiammatoria (miocarditi, malattia di Chagas), autoimmune (malattia di Kawasaki, Sarcoidosi, malattie del tessuto connettivo) o quali manifestazione di cardiomiopatie [2][4][5]. In mancanza di linee guida specifiche, il trattamento è strettamente individualizzato e orientato dalla modalità di presentazione [3]. Le opzioni chirurgiche comprendono l’aneurismectomia o la sutura diretta dell’orifizio associata alla correzione di eventuali cardiopatie associate. Nel caso di eventi tromboembolici è raccomandata la terapia anticoagulante orale, mentre in pazienti con sincopi o tachicardie ventricolari ad origine dal tessuto peri-aneurismatico è indicato l’impianto di defibrillatore ed eventualmente lo studio elettrofisiologico con ablazione mediante radiofrequenze del substrato aritmico. Nei restanti casi uno stretto follow-up clinico-strumentale è indicato con buoni risultati a distanza [3] [6].

CONCLUSIONI
I diverticoli/aneurismi congeniti del ventricolo sinistro costituiscono un’entità rara. Il ricorso all’ imaging multimodale è imperativo per giungere alla diagnosi, per una corretta stratificazione prognostica e per la successiva gestione terapeutica. In assenza di linee guida specifiche, il trattamento deve essere individualizzato e guidato dalla presentazione clinica.

BIBLIOGRAFIA

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[3] Ohlow MA. Congenital left ventricular aneurysms and diverticula: an entity in search of an identity. J Geriatr Cardiol. 2017;14(12):750-762. doi:10.11909/j.issn.1671-5411.2017.12.005

[4] Ohlow MA. Congenital left ventricular aneurysms and diverticula––Definition, pathophysiology, clinical relevance and treatment. Cardiology. 2006;106:63–72.

[5] Ruiz-Esparza E, Roldan FJ, Vazquez-Antona C, et al. 2D and 3D echocardiography of a left ventricular diverticulum. Echocardiography. 2009;26:1087–1088

[6] Haegeli LM, Ercin E, Wolber T, et al. Arrhythmic manifestations in patients with congenital left ventricular aneurysm and diverticula. Am J Cardiol. 2011;108:1826–1830

Topic of the Month Catanzaro 2023

Università “Magna Graecia” di Catanzaro 2023

IMG topic ICOT CZ

Antithrombotic therapy and cardiovascular outcomes after transcatheter aortic valve implantation in patients without indications for chronic oral anticoagulation: a systematic review and network meta-analysis of randomized controlled trials

Paul Guedeney 1Vincent Roule 2Jules Mesnier 3Celine Chapelle 4Jean-Jacques Portal 5Silvy Laporte 4Edouard Ollier 4Michel Zeitouni 1Mathieu Kerneis 1Niki Procopi 1Olivier Barthelemy 1Sabato Sorrentino 6Michal Mihalovic 7Johanne Silvain 1Eric Vicaut 5Gilles Montalescot 1Jean-Philippe Collet 1

1Sorbonne Université, ACTION Study Group, Institut de Cardiologie, Centre Hospitalier Universitaire, Pitié-Salpêtrière, 47 Boulevard de l’Hôpital, Paris 75013, France.

2Service de Cardiologie, Centre Hospitalier Universitaire (CHU) de Caen Normandie, Normandie Univ, UMR_S 1166, Caen, France.

3French Alliance for Cardiovascular Trials (FACT), Université de Paris, INSERM Unité-1148, and Hôpital Bichat, Assistance Publique-Hôpitaux de Paris, Paris, France.

4Unité de Recherche Clinique, Innovation et Pharmacologie, CHU de Saint-Etienne, Saint-Etienne, France.

5Unité de Recherche Clinique, Lariboisière Hospital (AP-HP), ACTION Study Group, Paris, France.

6Division of Cardiology, Department of Medical and Surgical Science, Magna Graecia University, Catanzaro, Italy.

7Cardiocenter, Third Faculty of Medicine, Charles University, University Hospital Kralovske Vinohrady, Prague, Czech Republic.

European Heart Journal – Cardiovascular Pharmacotherapy, Volume 9, Issue 3, April 2023

ABSTRACT

Essendo ancora poco chiaro il miglior regime di terapia antitrombotica in grado di prevenire le complicanze ischemiche ed allo stesso tempo garantire il minor rischio di sanguinamento in seguito ad intervento di sostituzione valvolare aortica transcatetere (TAVI), questo studio ha paragonato la sicurezza e l’efficacia di diversi regimi terapeutici in pazienti senza indicazione a terapia anticoagulante a lungo termine.

TESTO

La sostituzione valvolare aortica transcatetere (TAVI) ha assunto negli ultimi anni un ruolo di sempre maggiore importanza nel trattamento dei pazienti con stenosi aortica severa. Pertanto, è diventato un argomento di assoluta rilevanza la determinazione dell’ottimale strategia terapeutica antitrombotica in grado di limitare le complicanze ischemiche maggiori in seguito all’intervento, ed allo stesso tempo garantire un’efficace protezione dal rischio di sanguinamento, alla luce della necessità di utilizzare sistemi di accesso vascolare di grande calibro e dell’età spesso avanzata dei pazienti in questione. Le ultime linee guida raccomandano la singola terapia antiaggregante (SAPT) nei pazienti senza indicazione a terapia anticoagulante a lungo termine; tuttavia, queste non tengono in considerazione i risultati dei più recenti studi randomizzati controllati (RCTs) che hanno paragonato la terapia con anticoagulanti orali diretti (DOACs) a quella antipiastrinica.

Nel presente lavoro è stata pertanto condotta una revisione sistematica ed una metanalisi di RCTs che hanno valutato la terapia antitrombotica post-TAVI fino ad aprile 2022. Sono stati inclusi sette studi per un totale di 4006 pazienti, con un follow-up medio di 12,9 mesi. L’endpoint primario di efficacia era la mortalità per tutte le cause, mentre quelli di sicurezza erano i sanguinamenti maggiori, disabilitanti o potenzialmente letali. Altri endpoint di interesse erano la mortalità per cause cardiovascolari e non cardiovascolari, il tasso di infarto miocardico, di stroke, di embolia e di ridotta apertura valvolare di grado 3 o 4. Tra i pazienti inclusi, 650 (16,2%) hanno ricevuto una SAPT, 1893 (47,3%) una doppia terapia antiaggregante (DAPT) e 1463 (36,5%) hanno ricevuto DOACs, nello specifico apixaban in 526 (13,1%) casi, edoxaban in 111 (2,8%) e rivaroxaban a bassa dose + tre mesi di SAPT in 826 (20,6%) casi.

Il rischio di mortalità per tutte le cause è risultato significativamente ridotto con una doppia terapia antiaggregante rispetto ad un regime di rivaroxaban a bassa dose + tre mesi di SAPT (RR 0,60, 95% CI 0,41–0,88); non si è osservata invece una significativa riduzione con una SAPT rispetto ad una DAPT (RR 1,02, 95% CI 0,67–1,58), e tra SAPT e DAPT comparate con apixaban o edoxaban (RR 0,60, 95% CI 0,32–1,14 and RR 0,59, 95% CI 0,34–1,02, rispettivamente). La singola antiaggregazione è risultata significativamente associata ad una riduzione dei sanguinamenti maggiori, disabilitanti o potenzialmente mortali rispetto ad un regime di DAPT (RR 0,45, 95% CI 0,29–0,70), apixaban o edoxaban da soli (RR 0,45, 95% CI 0,25–0,79) o rivaroxaban a bassa dose + tre mesi di SAPT (RR 0,30, 95% CI 0,16–0,57). Rispetto ai DOACs, invece, la DAPT non ha dimostrato di ridurre il tasso di sanguinamenti maggiori (RR 1,05, 95% CI 0,67-1,66). Non sono state inoltre riscontrate differenze tra i vari regimi terapeutici per quanto concerne il tasso di infarto miocardico, stroke o embolia sistemica.

In pazienti a rischio intermedio-alto senza indicazione a terapia anticoagulante cronica, pertanto, in seguito ad intervento di TAVI la singola terapia antiaggregante ha più che dimezzato il rischio di sanguinamento rispetto ad una doppia antiaggregazione e ad una terapia con anticoagulanti orali, senza tuttavia aumentare il rischio di complicanze ischemiche. L’utilizzo di inibitori diretti del fattore Xa, infatti, non ha portato ad una significativa riduzione del rischio di stroke o infarto miocardico nella casistica considerata dallo studio. Nello specifico, la terapia con apixaban o rivaroxaban a bassa dose, rispetto a quella con SAPT o DAPT, è risultata associata ad una significativa riduzione della trombosi delle cuspidi valvolari, senza tuttavia impattare sul rischio di stroke nella popolazione oggetto di analisi.    

Traduzione e revisione a cura di Antonio Bellantoni

https://academic.oup.com/ehjcvp/article-abstract/9/3/251/6987635?redirectedFrom=fulltext&login=true

Riscontro occasionale di trombo in auricola atriale destra in un giovane paziente con scompenso cardiaco congestizio e in ritmo sinusale

Cinzia Pece1,2, Denisa Muraru1,2, Michele Tomaselli1,2, Francesco Paolo Perelli1,2, Noela Radu3

1 University of Milano-Bicocca, Milan, Italy
2 Istituto Auxologico Italiano, IRCCS, San Luca Hospital, Milan, Italy
3 Carol Davila University of Medicine and Pharmacy, Prof. Dr. C. C. Iliescu Institute, Bucharest, Romania

ABSTRACT
L’ amiloidosi cardiaca (CA) è una malattia infiltrativa caratterizzata dalla deposizione di aggregati di fibrille amiloidi nel miocardio. La diagnosi di CA richiede un approccio completo basato su esame fisico, esami di laboratorio, imaging multimodale e istologia. La CA è associata ad un aumento del rischio tromboembolico (TE), anche nei pazienti con ritmo sinusale. La particolarità del nostro caso è il riscontro incidentale di un trombo in auricola atriale destra in un paziente con amiloidosi cardiaca estesa e insufficienza cardiaca senza alcuna evidenza di aritmia atriale, ma con segni all’imaging suggestivi di una “miopatia” atriale bilaterale e disfunzione biventricolare.

PRESENTAZIONE CASO CLINICO
Il protagonista del caso clinico è un uomo di 47 anni con una recente storia clinica di scompenso cardiaco congestizio trattato con diuretici presso un Presidio Ospedaliero periferico, il quale giungeva alla nostra attenzione per eseguire una TC coronarica. La CCT mostrava assenza di malattia aterosclerotica coronarica significativa e rilevava una regione ipodensa in corrispondenza dell’auricola atriale destra (RAA), sollevando il sospetto di un trombo. Il paziente pertanto è stato ricoverato presso il reparto di Cardiologia Acuti dell’Ospedale Auxologico San Luca di Milano per eseguire maggiori accertamenti.

WORK UP DIAGNOSTICO INIZIALE
Alla visita il paziente era sintomatico per dispnea ai minimi sforzi e dolore toracico e presentava edemi declivi e turgore giugulare. L’elettrocardiogramma (ECG) mostrava tachicardia sinusale, assente progressione dell’onda R nelle derivazioni precordiali e onde T negative in sede inferolaterale. I primi test di laboratorio hanno mostrato aumento dei livelli di BNP (766 ng/L), troponina (hsTnT 19 ng/L) e ALT (94 U/L). L’ecocardiogramma transtoracico (TTE) ha rivelato un’ipertrofia concentrica significativa del ventricolo sinistro (massimo spessore del setto interventricolare 20 mm, spessore relativo della parete 0,74, massa LV 177 g/m 2) con aspetto del miocardio a ‘’granular-sparkling’’ e FEVS lievemente ridotta. La deformazione miocardica longitudinale del ventricolo sinistro era gravemente compromessa (GLS = -9,5%), con aumento del rapporto di deformazione apice-base (4,4) indicativo di pattern “apical sparing “. Per quanto riguarda la funzione diastolica si registrava un pattern transmitralico di tipo restrittivo (E/A = 2,1, E/e’ = 20), dilatazione bi-atriale con reservoir strain atriale ridotto, setto interatriale ispessito e valvole atrio-ventricolari anch’esse ispessite senza rigurgiti significativi (Figura 1). Infine, anche il ventricolo destro aveva pareti ispessite e segni di disfunzione sistolica (deformazione della parete libera del RV, RVFWS = -15,2%; EF 3D = 40,9%; TAPSE = 11 mm). Il 3DTTe ha mostrato anche una valvola tricuspide con morfologia quadricuspide (tipo IIIb – due lembi posteriori) (Figura 2).


Figura 1. Panel A, 3DTTE sezione apicale 4 camere che mostra aumento diffuso dello spessore del ventricolo sinistro, ingrandimento biatriale e aumentato spessore dei lembi mitralici.
Panel B, TTE quantificazione volumetrica 3D del ventricolo sinistro, che mostra una piccola cavità ventricolare con ridotto stroke volume e LVEF lievemente ridotta (44%).
Panel C, Pattern di flusso transmitralico restrittivo.
Panel D, GLS ridotto (-9,5%) con pattern di risparmio apicale.
Panel E, Atrio sinistro dilatato con marcata riduzione dei parametri di deformazione longitudinale (reservoir strain serbatoio 10%).
Panel F, TTE sezione sottocostale, ispessimento del setto interatriale.

L’ecocardiogramma transesofageo (TEE) ha confermato la presenza di una massa mobile rotondeggiante di 14 x 12 mm in RAA compatibile con formazione trombotica (Figura 2). L’appendice atriale sinistra invece era priva di trombi, con contrazione ritmica e ridotta velocità di svuotamento (37 cm/s).


Figura 2. Panel A, 2DTTE (sezioni apicale 4-camere e 2-camere ortogonale) che mostra una massa suggestiva per trombo (asterisco) al livello di RAA nella sezione 2-camere.
Panel B, 3DTTE visione chirurgica dell’atrio destro che mostra una massa sporgente nella cavità atriale destra proveniente dall’auricola destra (asterisco).
Panel C, 3DTTE visione chirurgica atrio destro ottenuta con nuovo filtro ‘transillumination’ in flexi-light focalizzato su atrio destro, che mostra in modo più netto la morfologia della massa e la sua localizzazione spaziele in RAA (asterisco).
Panel D, massa in RAA visualizzata in TEE sezione bicavale; si nota il marcato ispessimento del setto interatriale che risparmia la fossa ovale.
Panel E, trombo visualizzato in 3DTEE.
Panel F, trombo visualizzato alla CCT.

DIAGNOSI E GESTIONE
Dato l’alto sospetto di malattia infiltrativa, è stata eseguita la Risonanza Magnetica Cardiaca (CMR) per la caratterizzazione tissutale, come raccomandato dal Position Statement del 2021 dell’ESC Working Group sulle malattie del Miocardio e del Pericardio (1). L’esame ha confermato lo spessore diffusamente aumentato di entrambi i ventricoli e una lieve disfunzione biventricolare (LVEF per CMR 48%, RVEF per CMR 46%). Inoltre, l’indagine ha mostrato un diffuso LGE, un marcato aumento del volume extracellulare (49%) e dei valori di T1 mapping (valori globali 1110 ± 76 ms) (Figura 3). Inoltre, si riscontravano versamento pleurico bilaterale e minimo versamento pericardico. Questi reperti sono altamente indicativi di CA, per cui, al fine di determinarne il fenotipo, abbiamo deciso di eseguire la scintigrafia con bifosfonati, che ha mostrato una captazione miocardica di radiotracciante di grado inferiore rispetto a quello osseo (Perugini Grado 1): pattern non specifico per l’amiloidosi ATTR ma che non ha escluso un’amiloidosi AL. Ulteriori test di laboratorio hanno mostrato catene leggere tipo lambda (FLC) aumentate con rapporto FLC kappa-lambda ridotto. A questo punto la biopsia extracardiaca si è rivelata decisiva per la diagnosi di amiloidosi AL, risultando positiva per sostanza amiloide. Per concludere, la biopsia del midollo osseo ha riscontrato un sottostante mieloma multiplo. Data l’evidenza di trombo RAA, è stata intrepresa la terapia anticoagulante con eparina a basso peso molecolare embricata con warfarin ed è stata impostata terapia medica con diuretici e beta-bloccante. Il paziente si è mantenuto in ritmo sinusale durante tutto il ricovero.


Figura 3. Cine CMR 4-camere, 2-camere, 3-camere (Panels A-C) e immagini PSIR MOCO LGE (Panels D-F) che mostrano segni caratteristici di CA: diffuso aumento dello spessore biventricolare, atri dilatati, esteso delayed enhancement (LGE) che coinvolge tutte le camere cardiache e minimo versamento pericardico.

FOLLOW UP
Il paziente è stato trasferito presso un centro specializzato in amiloidosi, in cui ha intrapreso trattamento chemioterapico dedicato.

CONCLUSIONI
La CA è una malattia infiltrative caratterizzata dalla deposizione di aggregate di fibrille amiloidi nel miocardio. É chiamata ‘il grande mimo’ per per le somiglianze con la cardiomiopatia ipertrofica geneticamente determinate e le malattie da accumulo (2). La diagnosi di CA richiede un alto indice di sospetto e, in quell caso, è relativamente semplice diagnosticarla grazie alla disponibilità di indagini diagnostiche di imaging multimodale.
La CA è associata ad aumentato rischio tromboembolico, anche in pazienti con ritmo sinusale. I fattori di rischio per trombi intracardiaci sono: il sottotipo AL, la disfunzione biventricolare, fibrillazione atriale, miopatia atriale, elevato volume extracellulare alla CMR (3).
Attualmente, le principali indicazioni per una terapia anticoagulante a lungo termine in questi pazienti sono la fibrillazione atriale (indipendentemente dal CHADS2-VaSC score), trombosi venosa profonda e/o embolia polmonare, sindrome nefrosica e trombi intracardiaci riscontrati accidentalmente durante un esame strumentale (4).
In ogni caso, bisogna considerare anche il rischio emorragico, che è aumentato nei pazienti con sottotipo AL con coinvolgimento epatico o gastrointestinale, disordini della coagulazione, insufficienza renale e in trattamento chemioterapico.

BIBLIOGRAFIA

  1. Garcia-Pavia P., Rapezzi C., Adler Y., Arad M., Basso C., Brucato A., et al. Diagnosis and treatment of cardiac amyloidosis. A position statement of the European Society of Cardiology Working Group on Myocardial and Pericardial Diseases. Eur J Heart Fail. 2021 Apr; 23(4):512-526.
  2. Rapezzi, C., Lorenzini, M., Longhi, S., et al. Cardiac amyloidosis: the great pretender. Heart Failure Reviews 20, 117-124 (2015).
  3. Nicol M., Siguret V., Vergaro G., et al. Thromboembolism and bleeding in systemic amyloidosis: a review. ESC Heart Failure. 2022 Feb; 9(1): 11-20.
  4. Nicol M, Siguret V, Vergaro G, Aimo A, Emdin M, Dillinger JG, et al. Thromboembolism and bleeding in systemic amyloidosis: a review. ESC Heart Fail. 2022 Feb;9(1):11-20.

HETEROGENEOUS ARRHYTHMIC PHENOTYPE IN A CASE OF LVNCC

N. Ferrara, S. Bonanno, P. Crea, G.Dattilo, F. Luzza, S. Carerj, A. Micari, G. Di Bella

Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Cardiologia con UTIC
Università di Messina

ABSTRACT
Le manifestazioni sincopali, talvolta di natura aritmica, sottendono spesso forme parossistiche di bradiaritmie, come i disturbi della conduzione, sebbene possano anche essere causate da eventi tachiaritmici, tra cui tachicardie ventricolari rapide life-threatening. In alcuni casi, tuttavia, nascondono fenotipi aritmici eterogenei e del tutto inattesi, che richiedono un adeguato approfondimento diagnostico, così come osservato nel seguente caso di cardiomiopatia da ventricolo sinistro non-compatto.

CASO CLINICO
Presentiamo il caso di una giovane donna di 47 anni, ricoverata presso il nostro dipartimento per essere sottoposta ad Head Up Tilt Test ed a studio elettrofisiologico (SEF), indicati per approfondimento diagnostico a seguito di ricorrenti episodi sincopali traumatici. Tale indicazione era stata posta sia in virtù della storia familiare, positiva per la morte improvvisa della madre in giovane età, che per un esame Holter ECG, che documentava un breve run di tachicardia ventricolare polimorfa.
L’ECG a 12 derivazioni, così come l’ETT, non mostravano alterazioni patologiche. Inoltre, l’Head-up Tilt Test è risultato negativo per l’induzione di sincope. Tuttavia, durante la degenza, la paziente ha improvvisamente lamentato uno stato di malessere a riposo, rapidamente evoluto in sincope: la valutazione della traccia elettrocardiografica al monitor mostrava la presenza di due pause rispettivamente di 3,8 e 5,1 sec. (figura 1) causate da blocco atrio-ventricolare di III grado parossistico.

Figura 1

Il giorno dopo, la paziente è stata quindi sottoposta a studio elettrofisiologico. Durante stimolazione programmata dall’apice del ventricolo destro con doppio extrastimolo si è indotta una fibrillazione ventricolare sincopale (figura 2), prontamente trattata con DC shock.
In considerazione della storia di sincopi traumatiche, la paziente è stata quindi sottoposta ad impianto di ICD endocavitario bicamerale; nei sei mesi di follow-up seguenti non sono stati segnalati nuovi eventi clinici. 

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Figura 2







DISCUSSIONE
Quale poteva essere la causa di tale fenotipo clinico aritmico eterogeneo con associazione di blocco AV e aritmie ventricolari in una paziente giovane? A darci una risposta è stata la risonanza magnetica cardiaca (figura 3),

Figura 3

che ha mostrato segni diagnostici di Left Ventricular non-Compaction Cardiomyopathy (LVNCC). Con il termine di Left Ventricular Non-Compaction si identifica una cardiomiopatia che da un punto di vista fisiopatologico è caratterizzata dall’arresto intrauterino del processo di compattazione del miocardio ventricolare, portando allo sviluppo di trabecole prominenti del ventricolo sinistro e recessi intertrabecolari, tali da suddividere la parete ventricolare in due diversi strati di miocardio, quello compatto e quello non compatto. La LVNCC è stata associata alla mutazione di più di 40 geni e a vari difetti cromosomiali, sebbene una relazione causale debba ancora essere stabilita. In particolare, le mutazioni descritte includono geni mitocondriali, proteine del citoscheletrico e proteine sarcomeriche con trasmissione autosomica dominante, recessiva o X-linked. Questa entità nosologica è di difficile interpretazione soprattutto da un punto di vista delle implicazioni cliniche, spesso imprevedibili. Esistono, infatti, forme del tutto asintomatiche, che secondo alcuni autori vanno considerate come varianti normali e totalmente benigne, e forme in cui la mancanza di compattazione rappresenta un tratto morfologico condiviso con altri fenotipi, come l’ipertrofico, il dilatativo o il restrittivo. Clinicamente, le principali manifestazioni in caso di LVNCC sono la disfunzione ventricolare (in tal senso rappresenta una delle più frequenti cause di scompenso cardiaco in età pediatrica), gli eventi tromboembolici e le aritmie, spesso ventricolari e life-threatening. Un largo spettro aritmico è associato a questa cardiomiopatia. Si segnalano infatti: tachicardie sopraventricolari e ventricolari, sindrome di Wolff-Parkinson-White, ma anche bradiaritmie, come bradicardia sinusale, sick sinus syndrome e vari gradi di blocco atrio-ventricolari, fino al blocco completo. Le tachicardie ventricolari, includendo quelle che progrediscono in fibrillazione ventricolare, si verificano nel 38–47% dei pazienti adulti con LVNCC, per cui la morte improvvisa è spesso la prima manifestazione. Viste le caratteristiche della patologia, aspetti importanti nella gestione del paziente includono il raggiungimento di una diagnosi precoce, attraverso metodiche di imaging come la RMN cardiaca (tutt’ora il Gold Standard) e l’Ecocardiogramma Transtoracico (spesso con l’ausilio del mezzo di contrasto), e lo screening familiare associato a adeguato counselling genetico, per la prevenzione della morte improvvisa.

BIBLIOGRAFIA

1. Corrado D, Basso C, Thiene G, McKenna WJ, Davies MJ, Fontaliran F, et al. Spettro delle manifestazioni clinicopatologiche della cardiomiopatia/displasia ventricolare destra aritmogena: uno studio multicentrico. J Am Coll Cardiol. 1997; 30: 1512-20.

2. McKenna WJ, Thiene G, Nava A, Fontaliran F. Blomstrom-Lundqvist C, Fontaine G, et al. per conto del Working Group Myocardial and Pericardial Disease of the European Society of Cardiology e del Scientific Council on Cardiomyopathies of the International Società e Federazione di Cardiologia, sostenuta dall’Associazione Schoepfer. Diagnosi di displasia/cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro. Br Cuore J 1994; 71: 215-218.

3. Arbustini E, Favalli V, Narula N, Serio A, Grasso M. Left Ventricular Noncompaction: A Distinct Genetic Cardiomyopathy? J Am Coll Cardiol. 2016 Aug 30;68(9):949-66. doi: 10.1016/j.jacc.2016.05.096. Erratum in: J Am Coll Cardiol. 2016 Oct 18;68(16):1821. PMID: 27561770.