Coinvolgimento cardiaco in corso di amiloidosi

Gaetano Bernardini, Marco Dell’Uomo; Stefano Sforna; Leoluca Nicolì, Gianfranco Notarianni

Scuola di Specializzazione in Malattie dell’Apparato Cardiovascolare, Università degli Studi di Perugia.

ABSTRACT

Un uomo di 59 anni accedeva in Pronto Soccorso per segni e sintomi di scompenso cardiaco congestizio. L’ecocardiogramma all’ingresso mostrava un quadro di cardiomiopatia restrittiva con aspetto delle pareti a vetro smerigliato, altamente sospetto per amiloidosi cardiaca. Pertanto, il paziente è stato sottoposto a scintigrafia con marcatori ossei e screening ematologico che mostrava una componente monoclonale all’elettroforesi, poi caratterizzata come Ig di tipo Lambda. La biopsia osteomidollare evidenziava discrasia plasmacellulare. La biopsia miocardica è risultata positiva alla colorazione Rosso Congo e successivamente all’analisi immunoistochimica per amiloidosi AL. Veniva iniziata chemioterapia con Bortezomib, Melphalan e Desametasone. Il quadro clinico del paziente è rapidamente peggiorato con insufficienza epatica ed insufficienza renale pre-renale fino all’exitus. L’evoluzione a carattere fulminante del caso verso l’exitus sottolinea l’importanza di una diagnosi tempestiva.

CASE REPORT

Un uomo di 59 anni accede al Pronto Soccorso Cardiologico per dispnea progressivamente ingravescente da 4-5 mesi associata ad ortopnea e a episodi di dispnea parossistica notturna. L’anamnesi patologica risultava positiva per ipertensione arteriosa sistemica ed ectasia dell’aorta ascendente in follow up. All’esame obiettivo il paziente risultava ortopnoico, tachicardico con normali valori di pressione arteriosa e di SatO2 (PA 110/80 mmHg, FC 105/min e SatO2 96% in aa). Si rilevavano inoltre all’auscultazione cardiaca un 3° tono, al torace crepitazioni bibasali con ipofonesi in sede medio-basale destra ed edemi declivi bilaterali improntabili fino al ginocchio.  Pertanto, si predisponeva il ricovero presso il reparto di Cardiologia e Fisiopatologia Cardiovascolare. Gli esami di laboratorio all’ingresso mostravano un incremento della troponina ultrasensibile (TnHS) (348 ng/L) e del peptide natriuretico di tipo B (NTproBNP) (13140 pg/ml). I restanti valori di laboratorio come emocromo, funzione renale ed epatica risultavano nella norma. L’ECG all’ingresso mostrava un ritmo sinusale (RS) con bassi voltaggi nelle derivazioni periferiche e alterazioni della ripolarizzazione come da sovraccarico del ventricolo sinistro. L’ecocardiogramma all’ingresso mostrava ipertrofia ventricolare severa (SIV 19 mm) con aspetto delle pareti a vetro smerigliato come da patologia infiltrativa, una cinesi globale lievemente ridotta (FE 45%) ed un pattern diastolico restrittivo (E/E’ 21,5), indicativo di elevate pressioni di riempimento del ventricolo sinistro.

Dato l’elevato sospetto di amiloidosi cardiaca, il paziente è stato sottoposto ad una scintigrafia con marcatori ossei e screening ematologico. Lo screening ematologico mostrava la presenza di una componente monoclonale all’elettroforesi, poi caratterizzata all’immunofissazione come Ig di tipo Lambda (2,3 g/L) con un rapporto K/Lambda di 0,36. Collateralmente è stata eseguita una biopsia del grasso periombelicale risultata poi negativa per colorazione al Rosso Congo e una biopsia osteo-midollare (BOM). Durante il ricovero è stata effettuata terapia diuretica per via endovenosa fino al ripristino dello stato di euvolemia e del compenso di circolo. Il paziente è stato dunque dimesso in attesa di eseguire RMN cardiaca e di referto della BOM eseguita durante la degenza. Il valore di NTproBNP alla dimissione era di 17800 pg/ml.

Dopo circa una settimana dalla dimissione, il paziente giungeva nuovamente a ricovero per dispnea, segni di scompenso cardiaco congestizio (SCC) e sindrome da bassa portata. L’ecocardiografia mostrava un severo peggioramento della funzione sistolica del ventricolo sinistro (FE 30%). In considerazione del referto della BOM eseguita nel contesto del primo ricovero che evidenziava la presenza di discrasia plasmacellulare, veniva eseguita una RMN cardiaca. La RMN cardiaca mostrava un quadro di cardiomiopatia restrittiva con pattern di distribuzione del late gadolinium enhancement (LGE) compatibile con patologia infiltrativa. Veniva eseguita inoltre una biopsia miocardica, risultata positiva alla colorazione Rosso Congo. Il campione è stato poi inviato presso il Dipartimento di Anatomia Patologica di Padova per l’esecuzione dell’indagine immunoistochimica. A completamento dell’iter diagnostico veniva eseguito esame coronarografico che mostrava vasi coronarici esenti da lesioni significative. Nel corso del ricovero è stata eseguita terapia diuretica endovenosa e terapia di supporto al circolo con inotropi (dobutamina) e Levosimendan. Il paziente è stato dimesso in compenso clinico e con valore di NTproBNP alla dimissione 18740 pg/ml.

A distanza di 6 giorni dalla dimissione il paziente giungeva nuovamente a ricovero per peggioramento dei segni e sintomi SCC e sindrome da bassa portata. Gli esami ematici eseguiti all’ingresso mostravano microalbuminuria positiva (29 mg/dL), GOT 56 UI/l; GPT 51 UI/l; Bilirubina tot 3.09 mg/dl, NTproBNP 31140 pg/ml; TroponinaHS 657 ng/L. L’ecocardiografia eseguita all’ingresso mostrava un ulteriore peggioramento della funzione sistolica del ventricolo sinistro (FE 20%). Lo stato emodinamico compromesso del paziente ha richiesto l’utilizzo di furosemide in infusione ad elevati dosaggi, di supporto inotropo con dobutamina (5 gamma/kg/min) e vasopressorio con noradrenalina a dosaggio crescente. In considerazione della gravità del quadro clinico del paziente, il caso veniva nuovamente discusso con i Colleghi Ematologi e si decideva di iniziare chemioterapia con Bortezomib, Melphalan e desametasone, seppur ancora in attesa del referto dell’esame immunoistochimico. Gli esami ematici eseguiti in regime di ricovero dimostravano un costante incremento delle catene leggere lambda (600 mg/dl). A distanza di pochi giorni dall’inizio della terapia, il referto dell’esame immunoistochimico (Anatomia Patologica di Padova) confermava il sospetto diagnostico di amiloidosi AL.

In considerazione delle gravi condizioni cliniche generali si contattava e inviava relazione presso Centro Trapianti di Centro di Riferimento per valutare possibilità di trapianto cardiaco seguito da autotrapianto di midollo osseo. Tale ipotesi è stata giudicata non percorribile a cause dello scadimento delle condizioni cliniche del paziente.

Il quadro clinico del paziente è rapidamente peggiorato con insufficienza epatica a genesi mista (stasi, tossicità da chemioterapici, ipoperfusione) ed insufficienza renale pre-renale fino all’exitus.

Il carattere rapidamente evolutivo dell’amiloidosi nel nostro caso sottolinea l’importanza di una diagnosi tempestiva tale da favorire un approccio terapeutico multidisciplinare. Il ruolo dell’ecocardiografia nel favorire una diagnosi precoce risulta essenziale; l’identificazione della marcata ipertrofia ventricolare con aspetto a vetro smerigliato e di una disfunzione diastolica severa, consente di porre il sospetto clinico così da avviare nel più breve tempo possibile il work up diagnostico.

Un insolito decorso in seguito ad arresto cardiaco: Sindrome di Tako Tsubo medioventricolare

Giuseppe Panuccio1 Iolanda Aquila1, Maria Petullà2, Santo Dellegrottaglie3, Daniele Torella1, Ciro Indolfi1,4

1Division of Cardiology, Department of Medical and Surgical Sciences, Magna Graecia University, Catanzaro

2Department of Radiology, Istituto di Radiodiagnostica, Magna Graecia University, Catanzaro

3 Division of Cardiology, Ospedale Accreditato Villa dei Fiori, Acerra, Naples and Zena and Michael A. Wiener Cardiovascular Institute, Marie-Josee and Henry R. Kravis Center for Cardiovascular Health, Icahn School of Medicine at Mount Sinai, New York, USA

4Department of Medicine, URT-CNR of IFC, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Catanzaro

ABSTRACT

Una donna di 29 anni, durante tiroidectomia, andava incontro ad asistolia. Con il ripristino del ritmo cardiaco si evidenziava sopraslivellamento del tratto ST-T nelle derivazioni laterali e anomalie della cinetica segmentaria che deponevano per una sindrome di Tako Tsubo (TTS) medioventricolare. La coronarografia non ha evidenziato malattia coronarica, ma durante la procedura la paziente ha riferito angina. Tuttavia, all’ecocardiogramma si evidenziava miglioramento della cinetica regionale. La RMN cardiaca ha evidenziato una piccola area ischemica nella parete inferiore legata a vasospasmo coronarico. La predisposizione al vasospasmo coronarico nel primo periodo di recupero da una TTS è una condizione rara ma possibile. 

CASO CLINICO

Figura 1: A-C: sopraslivellamento transitorio del tratto ST-T nelle derivazioni laterali ed inversione dell’onda T in V3-V6, DII-DIII e successivamente allungamento dell’intervallo QT.
D-I: assenza di malattia aterosclerotica coronarica evidente e ventricolografia sinistra che conferma il pattern anatomico medioventricolare della sindrome di Tako Tsubo occorsa.
L: RMN cardiaca, con evidenza di edema medioventricolare diffuso, senza accumulo tardivo di gadolinio, ad eccezione di una piccola area ischemica nella parete inferiore (freccia), probabilmente legata a vasospasmo coronarico.

Una donna di 29 anni, in apparente buono stato di salute, veniva sottoposta ad intervento chirurgico di tiroidectomia. Durante l’intervento, la paziente andava incontro a bradicardia marcata seguita da asistolia. Il ritmo cardiaco è stato ripristinato mediante iniezione endovenosa di 2 mg di epinefrina e 2 mg di adrenalina. Tuttavia, dopo la somministrazione dei farmaci, l’elettrocardiogramma ha evidenziato tachicardia sinusale con sopraslivellamento transitorio del tratto ST-T nelle derivazioni laterali ed inversione dell’onda T in V3-V6, DII-DIII (Fig. 1A) e successivamente allungamento dell’intervallo QT (Figura 1B-C). La paziente veniva pertanto trasferita presso la nostra UTIC, e gli esami ematochimici eseguiti dopo l’intervento evidenziavano aumento degli indici di miocardionecrosi, con valori di picco di Troponina Ths di 0.715 ng/ml (normale <0,014) e del CK-MB di 9.4 ng/ml (normale <4.94), in aggiunta ad un severo aumento dei valori del Pro-BNP (4452 pg/ml). 

All’ecocardiogramma venivano riscontrate anomalie della cinetica nei segmenti medioventricolari e l’analisi mediante strain longitudinale evidenziava riduzione dei valori di strain longitudinale globale (GLS) con anomalie regionali tipiche di una sindrome di Tako Tsubo medioventricolare (Figura 2).

Figura 2: anomalie della cinetica nei segmenti medioventricolari (A) e analisi mediante strain longitudinale (GLS) che evidenzia riduzione dei valori GLS con anomalie regionali tipiche di una sindrome di Tako Tsubo medioventricolare (B).

Quattro giorni dopo l’arresto cardiaco, la paziente veniva sottoposta ad angiografia coronarica, con assenza di malattia aterosclerotica coronarica evidente, mentre la ventricolografia sinistra confermava il pattern anatomico medioventricolare della sindrome di Tako Tsubo occorsa (1)(Figura 1 D-I). Tuttavia, durante la coronarografia, la paziente ha riferito dolore toracico tipico, con successivo e significativo nuovo aumento degli indici di miocardionecrosi (picco di Troponina Ths 0.518 ng/ml e CK-MB 34.4 ng/ml). Tuttavia, l’ecocardiogramma evidenziava normali indici di funzione sistolica del ventricolo sinistro con miglioramento della cinetica nelle regioni precedentemente interessate, come confermato dall’analisi mediante strain longitudinale (Figura 3).

A 1 settimana dall’episodio, è stata eseguita una RMN cardiaca, che ha evidenziato edema medioventricolare diffuso, senza accumulo tardivo di gadolinio, ad eccezione di una piccola area ischemica nella parete inferiore (Figura 1-L), probabilmente legata a vasospasmo coronarico. La predisposizione al vasospasmo coronarico è stata direttamente evidenziata durante la coronarografia, con evidenza di spasmo del tratto distale del primo ramo settale(2). La sindrome di Takotsubo (TTS) può essere scatenata da innumerevoli fattori scatenanti, fisici ed emotivi, ed in questo caso appare quindi una potenziale complicazione della somministrazione di adrenalina, osservazione che è stata confermata su numerosi casi pubblicati(3). Probabilmente la sua prevalenza è sottovalutata perché poco ricercata anche se negli ultimi anni casi atipici di TTS sono stati sempre più riscontrati(4). Questo caso ha confermato la predisposizione al vasospasmo coronarico nel primo periodo di recupero da un episodio acuto di TTS.  

Figura 3: analisi mediante GLS che evidenzia progressivo miglioramento della cinetica nelle regioni interessate dell’evento acuto.

Questo caso clinico dimostra come la sindrome di Tako Tsubo sia ancora oggi una patologia di difficile inquadramento e di difficile approccio gestionale. Infatti, i fattori scatenanti della TTS possono essere molteplici, ed alle volte (come in questo caso) anche iatrogeni (somministrazione di adrenalina endovenosa). Inoltre, tale sindrome presenta una vasta eterogeneità da un punto di vista patogenetico e fisiopatologico; non a caso, il vasospasmo coronarico è annoverato tra i possibili fattori patogenetici di tale sindrome, tuttavia tale condizione si è verificata durante il primo periodo di recupero dall’episodio acuto, a testimonianza di come il vasospasmo coronarico possa essere allo stesso tempo annoverato tra le complicanze che possono manifestarsi nelle prime fasi successive all’evento acuto. 

RIFERIMENTI

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Utilizzo combinato della mappa di voltaggio e dell’ecocardiografia speckle tracking per la diagnosi precoce di ARVC: case report

Nicolò Sisti, Amato Santoro, Claudia Baiocchi, Simone Pistoresi, Antonio Biancofiore, Giulia Elena Mandoli, Matteo Cameli, Università di Siena

Abstract

Un uomo di 38 anni viene ricoverato dopo episodio sincopale secondario a tachicardia ventricolare monomorfa. Gli approfondimenti confermano la presenza di cardiopatia aritmogena del ventricolo destro. Viene eseguito uno studio elettrofisiologico con sistema di mappaggio, comprensivo di mappa di voltaggio endocardica unipolare e bipolare, che viene integrato con un’analisi speckle tracking del ventricolo destro a partire da immagini ottenute mediante ecocardiografia intracardiaca. Si evidenzia una riduzione dello strain ventricolare destro in corrispondenza delle aree che presentano potenziali frammentati. Tali risultati sottolineano che l’integrazione dello strain ventricolare destro ottenuto dall’ecocardiografia intracardiaca con la mappa di voltaggio potrebbe essere utilizzata per aumentare la sensibilità della diagnosi precoce della cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro.

Introduzione

La cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro (ARVC) rappresenta una delle principali cause di morte cardiaca improvvisa. Anomalie strutturali a carico del “triangolo della displasia” sono dimostrabili in una fase molto precoce di malattia [1,2] ed il substrato aritmico di tale condizione può essere documentato durante studio elettrofisiologico (SEF) e mappaggio elettroanatomico. Le alterazioni elettriche presentano interessanti correlazioni con le alterazioni meccaniche documentabili con analisi speckle tracking (STE) di ecocardiografia tradizionale ed intracardiaca (ICE).

Caso clinico

Un uomo di 38 anni veniva ricoverato dopo episodio sincopale e contestuale riscontro di tachicardia ventricolare (TV) con morfologia a blocco di branca sinistra (BBsn), asse inferiore . Al ripristino del ritmo sinusale veniva evidenziato a livello di V1 un aspetto compatibile con onda epsilon (Figura 1,a-b). L’ecocardiografia transtoracica (TTE) dimostrava un “bulging” a livello della parete libera del ventricolo destro (RV) mentre l’analisi speckle tracking (STE) rivelava una riduzione dello strain longitudinale (LS) in tutti e tre gli strati miocardici nella regione sotto-tricuspidalica. La risonanza magnetica cardiaca (CMR) confermava la discinesia dei segmenti medi della parete libera del ventricolo destro, inoltre mostrava delayed enhancement subepicardico a livello del setto anteriore medio-basale e della giunzione biventricolare inferiore. La coronarografia mostrava vasi indenni da stenosi. Al monitoraggio elettrocardiografico emergeva una doppia morfologia delle ectopie ventricolari: BBsn, asse inferiore e BBsn, asse superiore. In accordo con i criteri Task Force del 2010 [1,2] la diagnosi di ARVC avveniva sulla base dell’associazione di onda epsilon, T negative V1-V3 e tachicardie ventricolari non sostenute (TVNS) con BBsn, asse superiore (criterio maggiore), dimensioni del ventricolo destro lievemente aumentate e ridotta funzione ventricolare destra alla CMR (criterio minore).

SEF e mappaggio elettroanatomico

Il paziente è stato sottoposto a SEF con sistema di mappaggio. Durante ritmo sinusale sono state identificate due morfologie di battiti extrasistolici ventricolari originanti da parete inferiore e tratto di efflusso del RV (RVOT). Senza l’utilizzo di fluoroscopia e con l’utilizzo dell’ICE è stata eseguita una ricostruzione 3D del RV, che è stata poi integrata con la mappa di voltaggio (circa 6000 punti totali) (Figura 2,a-e). Le regioni endocardiche con ampiezza dei potenziali in mappaggio bipolare > 1,5 mV sono state definite normali, le aree con potenziali di ampiezza <0,5 mV sono state definite aree di fibrosi, le aree con potenziali in bipolare tra 0,5 e 1,5 mV o unipolare tra 3,5-5,5 mV come anormali (Figura 2-f). La mappa di voltaggio in unipolare e bipolare di RV ha mostrato aree di basso voltaggio associate a potenziali frammentati dal piano tricuspidalico fino all’apice (Figura 2, g-h). A livello di RVOT il mappaggio bipolare risultava normale mentre l’unipolare evidenziava aree di basso voltaggio a livello della zona antero-settale. Il pace mapping indicava una corrispondenza del 97% per la morfologia da parete inferiore e 95% per la morfologia da RVOT. La stimolazione ventricolare programmata (drive 600, 500, 400 con uno, due e tre extrastimoli da apice RV e RVOT fino a periodo refrattario) permetteva infine di indurre TVNS con le due morfologie già descritte.

Analisi dello strain miocardico

L’analisi STE dell’ecocardiogramma transtoracico mostrava riduzione dello strain longitudinale (LS) di RV dal piano tricuspidalico (segmenti basali) fino alla parete libera inferiore. L’analisi STE delle immagini ICE mostrava altresì riduzione del LS nei segmenti sotto-tricuspidalici in tutti e tre gli strati miocardici (Figura 3-a,b,c.) In particolare, il LS endocardico era ridotto dai segmenti subtricuspidalici fino all’apice in modo corrispondente con i potenziali frammentati raccolti durante mappa di voltaggio. A livello di RVOT anteriore, la mappa di voltaggio unipolare evidenziava potenziali frammentati mentre l’analisi STE rivelava una riduzione del LS epicardico.

Ablazione transcatetere e management successivo

In considerazione del substrato aritmico e della diagnosi di ARVC si procedeva ad ablazione transcatetere (TA) con controllo di potenza (30 W) per un totale di 2 minuti a livello di ciascun potenziale frammentato della parete inferiore, dove il mappaggio unipolare e bipolare aveva confermato ridotti voltaggi. Durante la procedura si assisteva a insorgenza di TV con morfologia analoga all’aritmia clinica.  In terza giornata il paziente veniva sottoposto ad impianto di ICD sottocutaneo in prevenzione secondaria e veniva dimesso in terapia betabloccante. A distanza di 6 mesi non venivano documentati episodi aritmici ventricolari

Discussione

Il substrato aritmico della ARVC è costituito da una profonda eterogeneità elettrica regionale e transmurale e può essere registrato nella forma di potenziali frammentati di ampiezza ridotta, indice di una conduzione elettrica alterata. Il mappaggio elettroanatomico localizza le aree con l’alterazione istopatologica tipica e può essere integrato con l’ICE. Questa possiede maggiore risoluzione rispetto alla ecocardiografia tradizionale, [3], migliora la valutazione morfologica di inflow/outflow ventricolare destro e consente una migliore valutazione funzionale [4-6]. Le alterazioni dell’RV strain nella ARVC risultano molto precoci nello sviluppo della cardiopatia e sono correlate al rischio aritmico [7]. Da questo caso clinico emerge che l’utilizzo associato di strain ventricolare destro ottenuto con ICE [8] e mappa di voltaggio può migliorare la sensibilità diagnostica per una diagnosi precoce di ARVC ed agevolare l’esecuzione dell’ablazione TC senza l’utilizzo di radiazioni ionizzanti.

Didascalie figure

Figura 1a: ECG registrato sul territorio indicativo di tachicardia ventricolare con morfologia tipo blocco di branca sinistro e asse inferiore

Figura 1b: ECG registrato poche ore dopo che evidenzia onda epsilon in V1 e inversione onde T in V1-V3

Figura 2. a: 3D “home view” dell’ecocardiogramma intracardiaco in cui la sonda è posizionata nell’atrio destro. b: 2D “home view” del tratto di afflusso ed efflusso del ventricolo destro c: Visualizzazione 2D con eco intracardiaco della sezione trasversale del ventricolo destro. I segmenti in verde sono quelli acquisiti per la ricostruzione ecocardiografica 3D del ventricolo destro. d: Mappa 3D del ventricolo destro con eco intracardiaco. Il catetere mappante multipolare è nell’afflusso del ventricolo destro. e: Rappresentazione di una fusione tra mappa con eco intracardiaco e mappa di voltaggio bipolare. Aree di basso voltaggio sono state identificate in sede sotto-tricuspidalica e apice inferiore del ventricolo destro. f: Rappresentazione di una fusione tra mappa con eco intracardiaco e mappa di voltaggio unipolare. Aree di basso voltaggio sono identificate nel tratto di efflusso antero-settale. g: Mappa di fusione tra eco intracardiaco e voltaggio bipolare durante ablazione transcatetere dei potenziali frammentati h: Bassi potenziali registrati.

Figura 3. Analisi speckle tracking strato-specifica del ventricolo destro applicata alle immagini ottenute con eco intracardiaco. Da sinistra: strain longitudinale endocardico, strain longitudinale mesocardico, strain longitudinale epicardico.

Bibliografia

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Duplice impianto percutaneo di valvola aortica per il trattamento di disfunzione di bioprotesi aortica (TAVI-in-TAVI-in-Valve).

Emanuele De Vita a, Stefania Asparago a, Michele Bellino a, Mario Centore a, Valeria Visco a, Tiziana Attisano b, Carmine Vecchione a, Gennaro Galasso a.

a Dipartimento di Medicina, Chirurgia ed Odontoiatria, Università degli Studi di Salerno, Salerno, Italia

b Laboratorio di Emodinamica, Dipartimento Cardio-Toraco-Vascolare, A.O.U. San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona, Salerno, Italia

ABSTRACT

Maschio, 61 anni, sottoposto a duplice intervento cardiochirurgico per bypass aorto-coronarico (CABG) e sostituzione valvolare aortica con bioprotesi Trifecta 21 mm, è giunto alla nostra attenzione per dispnea. Alla valutazione clinico-strumentale è stata documentata una disfunzione protesica. Il paziente, come da giudizio dell’Heart Team, è stato candidato a procedura di sostituzione valvolare aortica transcatetere (TAVI) Valve-in-Valve. Dopo l’impianto percutaneo della valvola EVOLUT R 23 è stata eseguita una frattura della bioprotesi chirurgica con pallone, complicata tuttavia dalla rottura di quest’ultimo e dallo sposizionamento della bioprotesi appena impiantata. Ciò ha determinato un’insufficienza aortica di grado severo complicata da shock cardiogeno risoltosi con l’impianto di una seconda valvola percutanea (TAVI-in-TAVI-in-Valve). 

INTRODUZIONE

L’impianto di valvola aortica transcatetere (TAVI) può essere effettuato nei pazienti con disfunzione di bioprotesi valvolare impiantata per via chirurgica, non candidabili ad un re-intervento. In particolar modo, le bioprotesi di piccole dimensioni sono una sfida per la cardiologia interventistica; l’impianto di una nuova bioprotesi con tecnica Valve-in-Valve (ViV) TAVI può determinare elevati gradienti transprotesici residui e mismatch protesi-paziente (PPM). La frattura della bioprotesi chirurgica (BVF), eseguita durante la procedura ViV TAVI, è associata ad una riduzione dei gradienti transprotesici (1). È praticata tramite un pallone non compliante per valvuloplastica che viene gonfiato ad alte atmosfere al fine di fratturare l’anello della valvola chirurgica ed ottenere un aumento dell’area dell’orifizio valvolare (2). Ciò consente l’impianto di una bioprotesi di maggiori dimensioni, con migliori prestazioni emodinamiche e minori gradienti transvalvolari.

CASO CLINICO

Un paziente di 61 anni ha fatto accesso alla nostra struttura ospedaliera per la comparsa di dispnea a riposo.

Figura 1. Immagini angiografiche. A: aortografia iniziale che mostra la valvola TRIFECTA 21mm; B: Pre-dilatatione della bioprotesi TRIFECTA 21mm con pallone VALVER 20 x 40 mm; C: Impianto transcaterere della valvola aortica EVOLUT R 23; D: BVF con pallone NC ATLAS GOLD complicata dalla rottura dello stesso; E: Risalita della bioprotesi EVOLUT R 23 con conseguente insufficienza di grado severo; F: Impianto della seconda valvola EVOLUT R 23.

In anamnesi mostrava: cardiopatia dilatativa-ipocinetica post-ischemica con frazione d’eiezione ridotta; diabete mellito tipo 2; ipertensione arteriosa; intervento di bypass aorto-coronarico (AMIS su IVA – GVS su MO1 ed MO2) nel 2006; sostituzione valvolare aortica post-endocardite con protesi biologica (Trifecta 21) nel 2016.

La valutazione cardiologica ha evidenziato un quadro clinico di scompenso cardiaco con riscontro all’esame ecocardiografico di degenerazione della bioprotesi aortica con stenosi di grado severo (Vmax 4,5 m/s, Gradiente medio 50 mmHg, AVA index 0,5 cmq/mq), insufficienza di grado moderato e ventricolo sinistro dilatato con severa riduzione della funzione contrattile (FE= 35%). 

Sebbene l’STS score risultasse basso (2,5 %), l’Heart Team, dopo ampia discussione con con il paziente in merito al rapporto rischio-beneficio, ha posto indicazione alla procedura di ViV TAVI. Il paziente è stato sottoposto ad esame Angio-TC per la valutazione dell’asse iliaco-femorale e per valutare il rischio di occlusione degli osti coronarici in seguito all’impianto della bioprotesi.

È stata quindi eseguita una procedura TAVI mediante accesso arterioso femorale destro ed è stato reperito accesso arterioso radiale sinistro per aortografia e angiografia dell’asse iliaco femorale. Previa pre-dilatazione della valvola protesica TRIFECTA 21 mediante pallone VALVER 20 X 40 mm, su guida SAFARI S è stata inviata e successivamente rilasciata in sede sovra-anulare la bioprotesi autoespandibile MEDTRONIC EVOLUT R 23.

Figura 2. Valutazione al doppler continuo dei gradienti transvalvolari. A: gradienti transvavolari della bioprotesi Trifecta 21 mm. B: gradienti transvalvolari riscontrati alla visita di follow-up.

È stata quindi documentata una riduzione del Gradiente Transvalvolare Medio da 65 a 30 mmHg (dato suggestivo di espansione sub-ottimale). Si è quindi eseguita una BVF con pallone NC ATLAS GOLD 22mm gonfiato a 26 atm per ottenere una frattura dell’anello protesico della Trifecta. Tale dilatazione ha, tuttavia, determinato la rottura del pallone, che è rimasto ancorato alla bioprotesi appena impiantata. Il ritiro del pallone ha poi causato una risalita della valvola impiantata risultante in un’insufficienza aortica di grado severo. Le condizioni cliniche del paziente sono rapidamente peggiorate esitando in un quadro di shock cardiogeno e necessità di assistenza respiratoria meccanica. Per tale motivo è stato necessario l’impianto, in bail-out, di una seconda bioprotesi MEDTRONIC EVOLUT R 23 (TAVI-in-TAVI in Valve) (Figura Centrale). Al controllo finale è stato riscontrato un gradiente medio di 7 mmHg in assenza di insufficienza o leak periprotesici.

Visto il miglioramento delle condizioni cliniche ed emodinamiche il paziente è stato estubato già in sala di Emodinamica e condotto in Unità di Terapia Intensiva Cardiologica per l’osservazione.

Il decorso post-procedurale è stato privo di complicanze ed il paziente è stato dimesso 5 giorni dopo la procedura.

Al follow-up ad un anno, il paziente si è presentato in buone condizioni cliniche e asintomatico. L’esame ecocardiografico ha mostrato normali gradienti transvalvolari (Gradiente transvalvolare medio = 8 mmHg; Vmax = 2 m/s) senza insufficienza o leak periprotesici ed una frazione d’eiezione del ventricolo sinistro del 40% (Figura 2).

BIBLIOGRAFIA

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Inaspettato meccanismo di una tachicardia a QRS largo

Rosalba De Sarro, Giuseppe Picciolo, Pasquale Crea, Francesco Luzza, Giuseppe Oreto

Cardiologia con UTIC, Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università di Messina

CASO CLINICO

Un uomo filippino di 45 anni veniva ricoverato presso la nostra Cardiologica con UTIC per palpitazioni; paziente emodinamicamente stabile (PA 130/80 mmHg), portatore di CRT-D (Quadra Assura MP 3371-40C St Jude Medical, Abbott), con storia di malattia coronarica e insufficienza cardiaca congestizia, in terapia con diuretico dell’ansa, beta-bloccante, ACE-inibitore, antagonista dell’aldosterone, ivabradina  e aspirina.

Figura 1

Il tracciato evidenziava tachicardia a QRS largo a 160 bpm con un particolare ritmo bigemino (Figura 1).

Si decideva di monitorare il paziente.

L‘analisi dei QRS evidenziava un aspetto a blocco di branca destra con emiblocco anteriore sinistro, suggestivo di tachicardia sopraventricolare (SVT) condotta con aberranza. L’analisi di V1 (dove l’onda P era più osservabile) sembrava escludere la diagnosi di flutter atriale/tachicardia atriale e di dissociazione AV; una chiara onda P si osservava dopo il 2° complesso QRS di qualsiasi coppia; Altre onde P tuttavia avrebbero potuto essere nascoste dai QRS  ampi. Per facilitare la diagnosi è stato eseguito il controllo telemetrico del dispositivo che ha evidenziato 3 episodi aritmici nella zona VT2, ciascuno interrotto da ATP (stimolazione antitachicardica). La frequenza ventricolare risultava doppia rispetto all’attività atriale, suggerendo in prima ipotesi la diagnosi di tachicardia ventricolare (VT).

Discussione

Qual è il meccanismo di questa tachicardia bigemina?

L’analisi attenta degli elettrogrammi endocavitari (Figura 2) evidenziava un rapporto V/A fisso di 2:1. Mentre la frequenza cardiaca progressivamente aumentava da 160 fino a 190 bpm, gli intervalli V2-A si accorciavano. Questo comportamento escludeva la conduzione VA retrograda (con blocco VA 2:1).  Per le proprietà decrementali del nodo AV, gli intervalli V2-A dovrebbero aumentare insieme alla frequenza cardiaca.

Inoltre, gli intervalli A-V1 e A-V2 erano sostanzialmente costanti suggerendo fosse il ritmo atriale a trascinare il ritmo ventricolare. Il complesso di questi elementi suggerivano un meccanismo di doppia risposta AV.

La fisiologia del doppio nodo AV rappresenta in genere il substrato per la tachicardia da rientro nodale  (AVNRT). Nella TRNAV tipica, la conduzione anterograda sfrutta la via lenta e quella retrograda  la via veloce. Raramente, un battito sinusale può provocare due complessi ventricolari dovuti alla conduzione anterograda contemporanea attraverso le due vie.  Questo meccanismo richiede: 1)  una conduzione marcata e prolungata attraverso la via lenta; 2) la differenza tra i tempi di conduzione delle vie veloci e lente più lungo del periodo refrattario effettivo delle fibre del nodo distale e del sistema His-Purkinje; conduzione ventricoloatriale (VA) retrograda scarsa o assente.

Figura 2

Nel nostro caso l’errata diagnosi da parte dell’ICD e l’inappropriata ATP sono state causate da una frequenza ventricolare maggiore di quella atriale (nessun altro discriminante è stato preso in considerazione). Al paziente è stato somministrato metoprololo e.v.  ottenendo il ripristino della stimolazione biventricolare. I QRS spontanei mostravano un blocco di branca destra con emiblocco anteriore sinistro (identico ai QRS della tachicardia). Il giorno successivo siamo stati in grado di riprodurre una doppia risposta AV in modalità AAI (85 bpm) osservando un brusco passaggio dalla conduzione AV 1:1 a 1:2. Un successivo studio elettrofisiologico ha evìdenziato una chiara fisiologia del doppio nodo AV.  In particolare, abbiamo osservato un singolare accoppiamento tardivo dell’extrastimolo condizionante il jump(S1 drive 800 ms, S2 670 ms).  Il paziente è stato sottoposto con successo all’ablazione della via lenta senza ulteriori recidive nei successivi 6 mesi.

Circa l’80% degli shock inappropriati dell’ICD sono causati da SVT (tachicardia sinusale, tachicardia atriale, tachicardia da rientro atrioventricolare, AVNRT, flutter atriale e fibrillazione atriale). Gli algoritmi disponibili utilizzati per discriminare SVT da VT differiscono a seconda che sia disponibile il sensing a camera doppia o a camera singola. Sebbene l’uso del rapporto V/A sia cruciale nella distinzione tra SVT e VT, potrebbe non essere sufficiente nel discriminarle. La risposta del doppio nodo AV  deve essere considerata in diagnosi differenziale per le tachicardie che coinvolgono pattern ECG atipici di fibrillazione atriale e tachicardia ventricolare.  In particolare, una tachiaritmia bigemina dovrebbe indurre il sospetto di conduzione AV 1:2.  La risposta del doppio nodo AV sembra essere più comune di quanto si pensi, ma spesso viene sottostimata. Un’analisi dettagliata dell’ECG può favorire una diagnosi corretta, da verificare in uno studio elettrofisiologico e trattare con successo cona intervento di ablazione transcatetere a radiofrequenza.

Miocardite eosinofila, chi era costei?

Nicolina Conti, Mattia Garofalo

Alma Mater Studiorum – Università di Bologna, Dipartimento di Medicina Specialistica, Diagnostica e Sperimentale
IRCCS Policlinico Sant’Orsola-Malpighi, Bologna

ABSTRACT

I dati anamnestici di diatesi allergica e pregressa gastroenterite eosinofila e l’evidenza clinico-strumentale di rash cutaneo, dolore toracico atipico con versamento pericardico, scompenso cardiaco acuto con severa disfunzione sistolica biventricolare di nuova insorgenza in assenza di dilatazione e danno miocardico acuto hanno portato alla diagnosi biopsy-proven di perimiocardite acuta eosinofila da ipersensibilità ad Amoxicillina/Clavulanato in un giovane adulto ricoverato per sepsi addominale con improvvisa insorgenza di astenia, dispnea e dolore precordiale in stato di pre-shock cardiogeno.

CASO CLINICO

Presentiamo il caso clinico di un paziente uomo, di 26 anni, fumatore, in assenza di ulteriori fattori di rischio cardiovascolare e precedenti cardiologici di rilievo. In anamnesi: asma allergico stagionale, quiescente dall’adolescenza; pregressa gastroenterite eosinofila in poliallergia alimentare; recente infezione paucisintomatica da SARS-CoV-2.

Fig. 1 – Rash eritematoso farmaco-indotto alla radice degli arti inferiori

Da qualche giorno il paziente lamentava febbre con brivido (TC massima 39°C) associata a dolore addominale ed alvo alterno, per cui aveva intrapresoantibioticoterapia empirica con Amoxicillina-Clavulanato. Per il persistere della sintomatologia, il paziente accedeva in Pronto Soccorso e veniva ricoverato presso il reparto di Medicina Interna in considerazione del quadro clinico-laboratoristico di sepsi addominale (rialzo della proteina C reattiva, della procalcitonina e della conta totale dei globuli bianchi con neutrofilia e linfopenia ed eosinofili nei limiti della norma). Il quadro clinico generale appariva stabile, con parametri vitali regolari salvo il rialzo termico, buon compenso cardiocircolatorio, tracciato elettrocardiografico (ECG) nei limiti ed indici epatorenali in range.

Si assisteva tuttavia al graduale peggioramento di un rash eritematoso pruriginoso, a partenza dalla radice degli arti inferiori e poi irradiatosi alla regione lombo-sacrale [Fig. 1], insorto al domicilio dopo le prime assunzioni di Amoxicillina-Clavulanato. Nel sospetto di ipersensibilità a tale principio attivo si procedeva quindi alla sostituzione dello stesso con Ciprofloxacina e Metronidazolo.

Nel corso del ricovero si verificava l’improvvisa insorgenza di astenia, dispnea e dolore toracico atipico (urente, modificabile con gli atti respiratori ed il decubito, non correlato allo sforzo), con solo un’aspecifica inversione dell’onda T in aVL e V2 all’ECG ma evidenza di danno miocardico acuto agli esami ematochimici (hs-cTnI 470 > 300 > 900 ng/L, v.n. < 19.8), per cui il paziente veniva trasferito presso l’Unità di Terapia Intensiva Cardiologica (UTIC).

Fig. 2 – ECG in fase acuta con evidenza di aritmia sinusale ed onde T piatte/negative nelle derivazioni inferiori, anteriori e laterali.

La valutazione in UTIC evidenziava pressione arteriosa (PA) 90/60 mmHg (drop pari a 40 mmHg dall’ingresso), frequenza cardiaca (FC) 98 bpm, SpO2 96% in aria ambiente, sensorio integro, arti ben perfusi, diuresi oraria 35 cc/h e lattati 1.3 mmol/L, mentre gli ECG seriati mostravano lo sviluppo di onde T piatte/negative in sede inferiore, anteriore e laterale [Fig. 2]. L’ecocardiogramma rilevava una severa disfunzione sistolica biventricolare (FEVS 25%, TAPSE 12 mm) con effetto smoke in ventricolo sinistro [Fig. 3], flusso rallentato in vena cava inferiore ed un minimo versamento pericardico, in assenza di dilatazione delle camere cardiache, valvulopatie di rilievo o segni di ipertensione polmonare.

Nell’ipotesi di perimiocardite acuta in fase di pre-shock cardiogeno veniva pertanto impostata terapia con corticosteroide ad alto dosaggio per via endovenosa, diuretico ed ACE-inibitore, con netto beneficio clinico, sia sintomatologico che emodinamico, nell’arco delle 12 ore successive, come evidenziato al cateterismo cardiaco destro documentante normali pressioni di riempimento biventricolari (PAD 7 mmHg, PCP 12 mmHg) in assenza di ipertensione polmonare (PAPm 16 mmHg) ma con indice cardiaco solo ai limiti superiori (4.2 L/min) a fronte di resistenze vascolari sistemiche ai limiti inferiori (10 uW), nel contesto della nota sepsi.

Veniva eseguita contestualmente una biopsia endomiocardica [Fig. 4] con riscontro di miocardite (infiltrati infiammatori, edema, fibrosi e danno miocellulare) eosinofila con pattern suggestivo di eziologia da ipersensibilità. Gli esami autoimmunitari e microbiologici condotti su siero e feci risultavano invece negativi.

In considerazione dell’anamnesi patologica remota (diatesi allergica, pregressa gastroenterite eosinofila), del quadro clinico-strumentale (rash cutaneo, danno miocardico acuto, scompenso cardiaco acuto con disfunzione sistolica biventricolare in assenza di dilatazione, dolore toracico pericarditico con minimo versamento pericardico) e del riscontro bioptico veniva quindi posta diagnosi di perimiocardite acuta eosinofila da ipersensibilità ad Amoxicillina/Clavulanato.

Fig. 3 – Proiezione ecocardiografica apicale quattro camere con evidenza di normali dimensioni endocavitarie biventricolari ma effetto smoke in ventricolo sinistro.

Veniva pertanto confermata la sospensione del farmaco trigger e proseguita terapia corticosteroidea per os e con ACE-inibitore. L’evoluzione clinica si dimostrava favorevole, sia in termini clinici (asintomaticità, stabilità emodinamica ed elettrica, risoluzione del quadro settico) che alla risonanza magnetica nucleare (RMN) cardiaca eseguita dopo una settimana (miglioramento FEVS sino a 50%, assenza di edema o fibrosi).

DISCUSSIONE

Il caso clinico è relativo ad una perimiocardite acuta eosinofila da ipersensibilità ad esordio con scompenso cardiaco acuto in un giovane paziente.

In considerazione dell’età, della bassa probabilità di coronaropatia (assenza di fattori di rischio, atipicità del dolore toracico, ECG non suggestivo), della severa disfunzione contrattile biventricolare in assenza di dilatazione (a favore di un processo acuto piuttosto che subacuto/cronico) e del contesto infettivo e allergico, l’orientamento diagnostico iniziale del danno miocardico acuto è stato indirizzato verso una sospetta perimiocardite acuta. Inoltre, in considerazione dell’eziologia non nota, del dato anamnestico di eosinofilia tissutale e della relativa instabilità emodinamica (stadio SCAI – Society for Cardiac Angiography and Interventions – tipo B (1), ovvero pre-shock cardiogeno) con alto rischio evolutivo, è stata eseguita una biopsia endomiocardica (2) che ha permesso di porre una diagnosi di certezza e di proseguire con il relativo trattamento.

Fig. 4 – Biopsia endomiocardica con evidenza di focolai infiammatori multipli con importante componente eosinofila (cellule rosa con nucleo bilobato), a distribuzione prevalentemente interstiziale, associati ad edema, fibrosi e danno degenerativo-necrotico miocellulare.

L’eziologia (3) della miocardite eosinofila può essere idiopatica (circa 30% dei casi) o è da riferirsi ad una sindrome ipereosinofila, a malattie sistemiche immuno-mediate quali la granulomatosi eosinofila con poliangioite, ad infezioni parassitarie (e non solo), a neoplasie solide o ematologiche oppure, in circa un terzo dei casi, ad una reazione da ipersensibilità; in particolare, tra i farmaci più frequentemente responsabili troviamo antibiotici, antinfiammatori, farmaci neuroattivi, diuretici, ACE-inibitori ed inotropi (4; 5). Nelle forme da ipersensibilità il quadro può rientrare nel contesto della sindrome di DRESS (Drug Rash with Eosinophilia and Systemic Symptoms), forma severa di reazione allergica a coinvolgimento multisistemico ed esordio ritardato di qualche settimana rispetto all’esposizione (6).

La presentazione clinica della miocardite eosinofila acuta è variabile, dalla completa asintomaticità ad una pseudo-sindrome coronarica acuta o episodio di scompenso cardiaco acuto, con o senza instabilità elettrica, la quale può anche di per sé rappresentare l’esordio della patologia (3); il decorso può anche essere fulminante. Inoltre, alla fase acuta necrotico-infiammatoria può seguire una fase cronica fibrotica e trombotica, con fenotipo restrittivo ed eventuale formazione di trombi endoventricolari, a cui ci si riferisce con il termine di endocardite/cardiomiopatia di Loeffler (7). L’eosinofilia periferica è molto comune (75%) ma non mandatoria per la diagnosi, in particolare si rileva meno spesso nelle forme da ipersensibilità (8). Una peculiarità riguarda la distribuzione alla RMN cardiaca del ritardato wash-out di gadolinio, più comunemente patchy ma a localizzazione subendocardica (9; 10). Un altro dato interessante riguarda la prognosi tra i vari sottotipi (3): l’outcome peggiore si osserva nei casi ad eziologia da ipersensibilità, con una mortalità a 120 giorni pari a circa il 50%, verosimilmente a causa dell’assenza di ipereosinofilia periferica e del conseguente ritardo diagnostico; d’altro canto, una volta posta la diagnosi, sospeso il trigger ed impostata la terapia immunosoppressiva, la prognosi migliora drasticamente (7).

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Diagnosi incidentale di miocardio non compatto ed origine anomala delle coronarie in paziente con STEMI: case report

Dr.ssa Francesca Romana Prandi1, Dr.ssa Federica Illuminato1, Dott.ssa Chiara Galluccio1, Dott.ssa Marialucia Milite1, Dott. Massimiliano Macrini1, Dott. Alessio Di Landro1, Dott. Gaetano Idone1, Dott. Marcello Chiocchi2, Prof. Francesco Barillà1

1 Dipartimento di Cardiologia, Università degli Studi di Roma Tor Vergata

2Dipartimento di Radiologia, Università degli Studi di Roma Tor Vergata

ABSTRACT

Paziente di 33 anni, fumatore, dislipidemico non in trattamento, veniva ricoverato al Pronto Soccorso per dolore toracico. Posta diagnosi di STEMI anteriore, veniva sottoposto a coronarografia e PTCA primaria mediante impianto di DES su discendente anteriore (DA) prossimale; la coronarografia inoltre, metteva in evidenza un’origine anomala dell’arteria circonflessa dalla coronaria destra. L’ecocardiogramma color Doppler evidenziava ipertrabecolatura lungo la parete libera del ventricolo sinistro, fortemente suggestiva per miocardio non compatto, diagnosi confermata successivamente dalla risonanza magnetica cardiaca.

INTRODUZIONE

Il miocardio non compatto (MNC) è una rara patologia congenita del muscolo cardiaco caratterizzata da una marcata ipertrabecolatura parietale, dovuta all’arresto del processo di maturazione miocardica ed endocardica durante lo sviluppo fetale, che porta alla persistenza di strutture embrionali nel muscolo cardiaco1. Il MNC può essere una patologia isolata, ma talora può associarsi ad altre malformazioni congenite, come ad esempio disordini neuromuscolari, altre anomalie cardiache ed origine anomala delle coronarie2. Il dolore toracico non è inusuale in questi pazienti: esso può essere presente in circa il 40% dei casi e solitamente in assenza di lesioni coronariche significative3. In uno studio coronarografico su 74 pazienti con MNC, Stollberger e Finsterer hanno riscontrato un’anomalia delle coronarie in sette pazienti e lesioni coronariche significative in due pazienti2. Alcuni autori hanno evidenziato che nei pazienti con MNC è spesso presente una ridotta riserva di flusso coronarico, suggerendo che la disfunzione del microcircolo possa essere responsabile delle alterazioni della cinesi4. Pertanto, nel paziente con MNC l’angina può avere una origine duplice: o secondaria ad una ridotta riserva coronarica per una malattia aterosclerotica, oppure secondaria ad un’alterazione del microcircolo5.

Figura 1. A) Proiezione angiografica obliqua sinistra. Origine anomala dell’arteria circonflessa (freccia blu) dall’arteria coronaria destra. B) Proiezione angiografica anteroposteriore craniale. Stenosi critica a carico dell’arteria discendente anteriore prossimale, non visualizzabile (freccia blu). Ramo diagonale di grosso calibro (freccia bianca) C) Proiezione angiografica anteroposteriore craniale. Risultato dopo PCI primaria mediante impianto di un DES su DA prossimale (freccia blu) con efficace ripristino della pervietà del vaso e del flusso a valle. Ramo diagonale di grosso calibro (freccia bianca).

Frequentemente la diagnosi viene effettuata precocemente, ma può avvenire anche più tardivamente, in età adulta, e spesso è sottostimata. La diagnosi di MNC può essere effettuata mediante ecocardiogramma color-doppler e confermata mediante RMN cardiaca. I criteri morfologici ecocardiografici attualmente più diffusamente utilizzati sono i criteri di Jenni, che prevedono la coesistenza di due strati miocardici separati, uno compatto (C) epicardico ed uno non compatto (NC) endocardico, con un rapporto NC/C >2 in telesistole (sezione parasternale asse corto), associato alla presenza di segnale color Doppler all’interno dei recessi intertrabecolari6. I segmenti più frequentemente coinvolti sono localizzati a livello dell’apice e dei segmenti medi della parete laterale e inferiore, spesso ipocinetici per ipoperfusione subendocardica, ridotta riserva di flusso coronarico e disfunzione del microcircolo7.

Petersen et al. definiscono come criteri per la diagnosi di MNC su immagini cine-RM la presenza di un rapporto tra miocardio NC/C >2.3, su sezioni lungo-assiali in telediastole; la diagnosi può essere poi avvalorata da criteri clinici quali la familiarità di primo grado per la patologia, l’associazione con patologia neuromuscolare, la storia di eventi tromboembolici, la presenza di anomalie della cinetica regionale e di aritmie maligne8.

CASO CLINICO

Presentiamo il caso clinico di un paziente di 33 anni, di nazionalità rumena, fumatore, dislipidemico non in terapia farmacologica, in assenza di familiarità per malattie cardiovascolari e precedenti cardiologici di rilievo. Il paziente si recava presso il Pronto Soccorso in seguito ad esacerbazione di episodi di dolore toracico in sede precordiale irradiato al braccio sinistro, insorti da qualche giorno, di breve durata, non correlati allo sforzo fisico. L’esame obiettivo generale e l’obiettività cardiopolmonare risultavano nei limiti di norma, in assenza di dismorfismi facciali. Gli esami ematochimici documentavano incremento dei markers di miocardiocitonecrosi (Troponina I hs 49308.7 ng/L, Mioglobina 2494 ng/ml, CK-MB 252 ng/ml), e degli indici di funzionalità epatica (GOT 263 U/L, GPT 116 U/L), con normale funzionalità renale, emocromo ed emoglobina glicosilata.

Figura 2. Ecocardiogramma color-doppler A) Proiezione parasternale asse corto in telesistole che mostra un rapporto NC/C > 2 (Criteri di Jenni). B) Proiezione apicale quattro camere con evidente aspetto ipertrabecolato del ventricolo sinistro in corrispondenza dell’apice e della parete laterale

L’ECG mostrava RS alla FC di 65 bpm, con sopraslivellamento del tratto ST-T in sede anteriore ed anomalie diffuse della ripolarizzazione ventricolare. Posta diagnosi di STEMI anteriore, il paziente veniva inviato presso la sala di Emodinamica e sottoposto a coronarografia con riscontro di origine anomala della coronaria circonflessa dalla coronaria destra (Fig. 1, A) e stenosi critica sull’arteria discendente anteriore prossimale (Fig.1, B) trattata con PCI primaria ed impianto di un DES con buon risultato angiografico finale (Fig.1, C). Al termine della procedura il paziente veniva trasferito presso l’Unità di Terapia Intensiva Coronarica. Agli esami ematochimici, il profilo lipidico risultava oltre i limiti normali di riferimento (Colesterolo LDL 137 mg/dl). L’Ecocardiogramma color-doppler documentava ventricolo sinistro (VS) di dimensioni endocavitarie aumentate con aumentati spessori parietali, acinesia dell’apice in toto, del SIV e della parete anteriore, FE 30%, e si segnalava ipertrabecolatura della parete laterale del VS in presenza di multiple prominenti trabecolature, con profondi recessi intertrabecolari, comunicanti con le cavità, suggestiva per non compattazione ventricolare (Fig.2, A e B), non alterazioni morfo-flussimetriche di rilievo a carico degli apparati valvolari. Il paziente veniva pertanto sottoposto a RMN cardiaca (Fig.3, A e B) che documentava VS dilatato, FE: 34 %, assottigliamento della parete antero-settale ed anteriore di tutto il VS ed in sede apicale, acinesia della parete anteriore ed antero settale del VS (dove si riscontrava anche aumento dei valori di T1 mapping e aree di LGE dopo iniezione di mezzo di contrasto, compatibili con esiti ischemici) ed ipocinesia della parete infero-laterale. Si segnalava inoltre marcato incremento della trabecolatura a livello della parete libera del VS con rapporto miocardio non compatto/ compatto di circa 5 (v.n.< 2.3). Il ventricolo destro appariva di normali dimensioni, normocontrattile, e non venivano segnalate valvulopatie di rilievo. Il paziente veniva dimesso in condizioni cliniche stabili con indicazione ad eseguire ecocardiogramma color-doppler follow up a circa due mesi dalla dimissione, per valutazione ad eventuale impianto di ICD in prevenzione primaria.

DISCUSSIONE

In letteratura sono riportati rari casi di origine anomala delle coronarie in pazienti con MNC. L’incidenza di anomalie delle coronarie nei pazienti con MNC è sconosciuta, a causa della rarità di entrambe le condizioni. Mattson et al. riportano un caso di un paziente con MNC con origine anomala dell’arteria circonflessa dall’arteria coronaria destra. Questa anomalia coronarica è presente nello 0.37% delle coronarografie, e generalmente non è legata ad un aumentato rischio di morte cardiaca improvvisa9. Secondo le linee guida europee, il MNC in assenza di ulteriori fattori di rischio non rappresenta un’indicazione per l’impianto dell’ICD e per la stratificazione del rischio aritmico bisogna seguire i criteri utilizzati per la cardiomiopatia dilatativa non ischemica10.

Figura 3. Cine RM A) Scansione asse lungo cine-SSFP in telediastole che mostra un rapporto NC/C > 2,3 (Criteri di Petersen). B) Scansione asse corto cine-SSFP in telediastole che mostra l’ipertrabecolatura del miocardio non compatto

L’associazione tra sindrome coronarica acuta (SCA) e MNC è inusuale ed in letteratura sono stati descritti soltanto rari casi di infarto miocardico acuto (IMA) in pazienti con MNC. Nel dettaglio, sono stati descritti sette casi di IMA in pazienti con MNC7,11-16, di cui cinque erano STEMI anteriori in pazienti di sesso maschile ed età compresa tra i 45 ed i 63 anni7,12-15 ed uno era un’IMA in paziente con malattia trivasale sottoposto a CABG16. Panduranga et al., che descrivono un caso di STEMI in paziente con MNC non dislipidemico, ipotizzano che ci possa essere un singolo gene responsabile sia dello sviluppo del miocardio che dell’endotelio coronarico, che potrebbe essere coinvolto nella patogenesi del MNC e allo stesso tempo predisporre ad aterosclerosi coronarica7. E’ stato inoltre descritto da Swinkels et al. un caso di IMA subacuto trattato con CABG in paziente con MNC17. Fettouhi et al. hanno riportato un caso di un paziente con crisi convulsive e successivo riscontro di MNC e IMA apicale18. Salati et al. hanno descritto un caso di arresto cardiaco ed evidenza di malattia trivasale severa alla coronarografia ed insufficienza mitralica e MNC all’ecocardiogramma sottoposto a CABG e valvuloplastica mitralica19. Martini et al. hanno descritto dei casi di MNC familiare associati a dislipidemia familiare e forte familiarità per malattia coronarica documentata, concludendo che l’associazione tra MNC e malattia aterosclerotica coronarica (CAD) potrebbe essere legata alla dislipidemia familiare20. Finsterer et al. hanno descritto un caso di un maschio anziano con MNC, miopatia metabolica e CAD diagnosticata all’esame autoptico21.

In conclusione, il MNC è una condizione fisiopatologica che a volte può associarsi a CAD e meno frequentemente a SCA. Il caso da noi riportato, per la prima volta descrive un MNC in paziente con origine anomala della coronaria circonflessa, complicato da SCA. Ulteriori studi sono necessari per indagare i possibili meccanismi patogenetici che mettono in correlazione il MNC con lo sviluppo di malattia aterosclerotica delle coronarie.

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Embolia coronarica in un giovane paziente con endocardite trombotica non batterica correlata a sindrome antifosfolipidi.

Orazio Christian Trovato, Giuseppe Vadalà, Vincenzo Sucato, Davide Diana, Salvatore Evola, Alfredo Ruggero Galassi, Giuseppina Novo

Divisione di Cardiologia, Dipartimento di Promozione della Salute, Materno-Infantile, di Medicina Interna e Specialistica (ProMISE), A.O.U.P. “P. Giaccone”, Università degli Studi di Palermo.

Abstract

Un uomo di 29 anni viene ricoverato per infarto miocardico anteriore. L’ecocardiografia transtoracica rivela un’acinesia apicale del ventricolo sinistro e delle formazioni aderenti alle cuspidi aortiche. La coronarografia mostra un’occlusione dell’arteria interventricolare anteriore. Viene eseguita tomografia a coerenza ottica che rileva la presenza di un trombo endoluminale in assenza di segni di aterosclerosi sottostante. Dopo attenta valutazione si decide di adottare una strategia di stenting differito. L’ecocardiogramma transesofageo mostra delle formazioni mobili isoecogene nel versante ventricolare delle cuspidi, determinanti un rigurgito aortico severo. Si procede alla sostituzione della valvola aortica con protesi meccanica. Tra i markers autoimmunitari dosati, il titolo degli anticorpi antifosfolipidi risulta fortemente positivo.

Introduzione

L’embolia coronarica (EC) è una causa sottostimata di sindrome coronarica acuta (SCA)1. Un embolo coronarico può originare da un’endocardite della valvola aortica correlata alla sindrome da antifosfolipidi2. Mostriamo il ruolo decisivo delle tecniche di diagnostica per immagini non invasive e invasive per definire la diagnosi e la corretta opzione di trattamento in questo caso.

Presentazione del caso clinico

Un uomo di 29 anni è stato ricoverato per infarto miocardico con sopraslivellamento del tratto ST anteriore (STEMI). L’ecocardiografia trans-toracica ha mostrato una frazione di eiezione ventricolare sinistra conservata (FEVS 55%) con acinesia apicale ed ispessimento delle cuspidi della valvola aortica con un rigurgito aortico rilevante (Fig. 2A). L’angiografia coronarica ha rivelato un’occlusione dell’arteria interventricolare anteriore (IVA). Non sono state riscontrate altre lesioni coronariche significative (Fig. 1 A-B). La PCI primaria (PPCI) è stata eseguita attraverso l’arteria radiale. Dopo la ricanalizzazione dell’arteria IVA con il filo guida, è stata tentata più volte la trombectomia con aspirazione manuale (MAT) utilizzando un tromboaspiratore, ma con scarso beneficio. Quindi, è stata eseguita una predilatazione a 6 atm con un palloncino semi-compliante con un modesto guadagno endoluminale. È stata eseguita una tomografia a coerenza ottica (OCT) che ha confermato la presenza di un trombo endoluminale, in assenza di segni di aterosclerosi sottostante e/o la lacerazione intimale. (Fig.1 E-F). Quindi è stata eseguita una dilatazione più aggressiva con un palloncino non compliante a 12 atm. L’angiogramma finale ha mostrato una stenosi residua critica con un flusso TIMI di grado 3 senza alcuna embolizzazione distale (Fig. 1 C-D). In considerazione del risultato angiografico accettabile, considerando la persistenza del trombo alla valutazione finale dell’OCT, è stata adottata una strategia di stenting differito, ossia si è rimandato l’eventuale impianto dello stent successivamente ad una nuova valutazione coronarica del paziente.

Per completare il work-up diagnostico, è stato anche effettuato un ecocardiogramma transesofageo (TEE) che ha mostrato delle formazioni mobili isoecogene nel lato ventricolare delle cuspidi, determinanti un grave rigurgito aortico (Fig. 2 B). E’ stata intrapresa antibioticoterapia empirica e sono state effettuate emocolture seriate risultate negative. TEE ha escluso trombo all’interno dell’auricola atriale sinistra ed eventuali comunicazioni interatriali (Fig.2 C-D). Una TC total body ha escluso altri reperti embolici sistemici. La coronaro-TC, eseguita a 6 settimane, ha rilevato assenza di stenosi residua su IVA. La sostituzione della valvola aortica è stata eseguita con protesi meccanica in minitoracotomia. L’esame intraoperatorio macroscopico della valvola aortica ha confermato la presenza di enormi vegetazioni nel versante ventricolare delle cuspidi. Tra i markers autoimmunitari dosati nel siero, il titolo degli anticorpi antifosfolipidi (ACA-IgG; beta2- GP1-IgG) è risultato fortemente positivo mentre non è stata riscontrata positività al panel anticorpale dei microrganismi intracellulari.

Discussione

Una piccola proporzione di SCA non ha una eziopatogenesi aterosclerotica1. La tipica manifestazione angiografica della EC è rappresentata da un elevato carico trombotico e da difetti di riempimento localizzati in più territori coronarici, in assenza di evidenza di placca aterosclerotica in altri segmenti1. Gli esami di imaging intravascolare periprocedurale aggiuntivi come l’ultrasonografia intravascolare (IVUS) o la tomografia a coerenza ottica (OCT) forniscono una visualizzazione dettagliata dell’anatomia coronarica intraluminale e transmurale, superando molti dei limiti dell’angiografia. In assenza di placca aterosclerotica sottostante alla trombosi nell’arteria colpevole, lo stent potrebbe non essere necessario.

Conclusioni

Il nostro caso mostra come l’embolia coronarica, probabilmente sottodiagnosticata nella pratica clinica, possa essere una causa di SCA in pazienti giovani con nessun fattore di rischio cardiovascolare e che quindi debba essere sospettata in questi scenari.

Inoltre, emerge l’importanza di diversi strumenti diagnostici nel contesto della SCA: ciò permette una adeguata terapia.

Infatti, l’ecocardiografia trans-toracica urgente (TTE) ha permesso di considerare l’ipotesi embolica, successivamente confermata dall’OCT. Quest’ultimo è utile per determinare se è presente un’aterosclerosi coronarica e se un intervento coronarico percutaneo con stent deve essere considerato al momento della procedura indice o differito. Sebbene le linee guida raccomandino lo stenting immediato nello STEMI, nel nostro caso abbiamo preso in considerazione una strategia di stenting differito. In tale contesto, un approccio multi-imaging integrato è essenziale per definire l’opzione di trattamento adeguata.

Bibliografia

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Valve-in-valve di bioprotesi aortica disfunzionante: procedura eseguita mediante utilizzo della tecnica “buddy balloon”

Francesca Maria Di Muro, Francesca Ciatti, Pierluigi Demola, Alessio Mattesini, Miroslava Stolcova, Francesca Ristalli, Carlo Di Mario, Francesco Meucci

Interventistica Cardiologica Strutturale, Dipartimento Cardio-Toraco-Vascolare, AOU Careggi, Firenze

Abstract

L’impianto transcatetere di bioprotesi valvolare aortica (TAVI) è attualmente considerato un trattamento efficace e sicuro non solo in pazienti con stenosi valvolare aortica severa ma anche nei portatori di bioprotesi aortiche impiantate per via chirurgica e successivamente degenerate, considerati ad alto rischio per reintervento chirurgico (mortalità variabile dal 2 al 30% in pazienti ad alto rischio)1. Negli ultimi decenni le protesi biologiche sono state ampiamente utilizzate per l’intervento chirurgico di sostituzione della valvola aortica, da un lato per il minor rischio di trombosi rispetto alle protesi meccaniche e dall’altro perché tali valvole non richiedono un trattamento anticoagulante permanente. Tuttavia, data la loro limitata durabilità e l’aumento dell’aspettativa di vita, si è registrato un incremento dei pazienti con degenerazione della protesi biologica. Tale compromissione del funzionamento della protesi può comportare il verificarsi di restenosi, insufficienza o steno-insufficienza valvolare. Per i pazienti ad alto rischio chirurgico nei quali il reintervento con chirurgia tradizionale non è praticabile è attualmente proponibile una soluzione percutanea tramite impianto valve-in-valve (VIV)2 3.

Caso clinico

Riportiamo il caso clinico di una donna di 80 anni affetta da bicuspidia aortica sottoposta nel 2012 ad intervento chirurgico di sostituzione della valvola aortica con bioprotesi Sorin Mitroflow 23mm (valvola stented con cuspidi montate esternamente allo stent). La paziente accedeva al pronto soccorso per astenia e dispnea per sforzi moderati (NHIA III), negando angina o equivalenti anginosi. Gli esami ematochimici risultavano nei limiti della norma eccetto che per incrementati valori di di NT-proBNP (5936 pg/ ml) compatibile con il quadro di insufficienza cardiaca congestizia. L’ecocardiografia transtoracica evidenziava iperriflettenza e ridotta mobilità delle cuspidi valvolari protesiche, con riscontro all’analisi con metodica doppler di stenosi aortica severa (AVA 0,9 cm2, Gmax 62 mmhg, Gmed 42 mmHg). Considerato l’elevato rischio chirurgico della paziente (EuroSCORE logistico 23.7% e STS per mortalità-morbilità 22%) dopo valutazione collegiale in Heart Team, è stata posta indicazione a procedura transcatetere di ViV.

Figura 1. Tomografia computerizzata che mostra degenerazione di bioprotesi aortica Sorin Mitroflow 23mm con lembi valvolari ispessiti.

Il planning preprocedurale TC guidato ha suggerito in seguito allo studio delle diametrie dell’apparato protesico e degli accessi vascolari di procedere al posizionamento di un dispositivo Corevalve Evolute 26 mm Figura 1. Nel planning pre-procedurale è stata d’aiuto anche l’applicazione ViV Aortic, progettata dal Dr Vinayak Bapat4, disponibile anche online presso gli app store, che fornisce le caratteristiche costruttive di ogni dispositivo protesico nonché informazioni sul loro aspetto fluoroscopico.

La procedura è stata eseguita in sedazione cosciente e dopo opportuno reperimento degli accessi: doppio accesso arterioso femorale (destro 14F e sinistro 6F) ed accesso venoso femorale sinistro 6F per il posizionamento nel ventricolo destro del pacemaker temporaneo. Dopo posizionamento di guida Safari Extra-small ed esecuzione di valvuloplastica con pallone VACS II 16 mm è stata riscontrata notevole difficoltà al passaggio della protesi. Per garantire il crossing della valvola protesica chirurgica, una seconda guida supportiva è stata introdotta all’interno del ventricolo sinistro e successivamente è stato avanzato un nuovo pallone VACS II 16 mm parallelamente al delivery della Corevalve per eseguire la tecnica del buddy-balloon avanzando il dispositivo Medtronic e ritirando contemporaneamente il palloncino, creando così un gioco di lievi pressioni e trazioni che consentissero il superamento della bioprotesi precedentemente impiantata. L’impianto di protesi Corevalve Evolute R 26 mm è stato eseguito durante stimolazione ventricolare a 120 bpm, con successiva post dilatazione con pallone VACS II 20 mm. Alla valutazione angiografica finale, la protesi è risultata correttamente posizionata senza evidenza di rigurgito residuo od ostruzione coronarica Figura 2. A fine procedura il gradiente di picco valutato a livello della valvola aortica risultava di 17 mmHg. Al successivo follow up a tre mesi la paziente ha presentato un miglioramento clinico-strumentale con riduzione della classe funzionale NYHA da classe III alla classe II.

Work -up

Figura 2 Immagine angiografica post impianto percutaneo di bioprotesi valvolare aortica (Corevalve Evolute R 26 mm) all’interno della bioprotesi degenerata Sorin Mitroflow 23mm.

In questo caso clinico abbiamo utilizzato la tecnica con buddy balloon, dall’arteria femorale controlaterale, utilizzata per facilitare il crossing della valvola aortica5 6. La tecnica facilita il successo della procedura nei casi in cui vi sia un blocco del sistema di delivery a livello della parete aortica per calcificazioni e/o tortuosità. Non è raro incorrere in difficoltà di questo tipo, soprattutto in quei casi in cui vi siano angolazioni non favorevoli (aorta orizzontale), un grado elevato di calcificazioni, nei casi di fusione commissurale e nella bicuspidia aortica7 8. Nei pazienti con anatomia complessa, pertanto, possono essere necessarie manovre specifiche per facilitare l’attraversamento dell’anello valvolare nativo o della protesi chirurgica. Tra queste, una delle più semplici è la “buddy balloon technique”, occasionalmente utilizzata durante interventi coronarici percutanei per il superamento di segmenti tortuosi o molto calcifici9 10. Consiste nell’impiego di un secondo filo guida, accanto a quello utilizzato per far avanzare stent o altri dispositivi, su cui viene caricato un piccolo pallone gonfiato a bassa pressione che genera una lieve trazione permettendo al dispositivo di superare la lesione o la tortuosità. La stessa tecnica, applicata al device Corevalve, permette che i lembi valvolari si aprano sufficientemente per consentire il superamento dell’anulus valvolare.

Discussione

Questo caso sottolinea l’importanza della ViV come valida alternativa al reintervento chirurgico in pazienti con età avanzata e molteplici fattori di rischio. Un adeguato planning pre procedurale e la conoscenza di tecniche rescue da poter utilizzare durante la procedura sono necessari per l’ottimizzazione del risultato e per la prevenzione delle complicanze. Ancora oggi mancano concrete e dirette evidenze in supporto della procedura VinV rispetto al reintervento chirurgico, tuttavia, in studi più recenti, è stata considerata l’indicazione anche in pazienti a rischio chirurgico non proibitivo. In tal senso sarò cruciale un follow up a lungo termine11.

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Il ruolo della doppia terapia antiaggregante personalizzata nella gestione dei pazienti ad alto rischio ischemico ed emorragico dopo sindrome coronarica acuta.

Nicola Verde, Attilio Leone, Marisa Avvedimento, Maria Scalamogna, Cristina Iapicca, Domenico Angellotti, Federica Ilardi

Università Federico II di Napoli, Napoli

La scelta della adeguata terapia antiaggregante in pazienti con sindrome coronarica acuta rappresenta una delle sfide maggiori per i cardiologi, data la contemporanea presenza in larga fascia della popolazione di criteri di rischio ischemico ed emorragico.

Figura 1. Ramo Interventricolare Anteriore pre-PCI (sinistra) e post-PCI (destra)

Il nostro caso clinico tratta di un paziente maschio, di 51 anni, con numerosi fattori di rischio tra i quali abitudine tabagica, ipertensione arteriosa, diabete mellito in terapia con ipoglicemizzanti orali ed insulina, dislipidemia, obesità, arteriopatia obliterante degli arti inferiori, cirrosi epatica HCV correlata ed insufficienza renale cronica al III stadio.

Nell’aprile 2017 era stato sottoposto ad angioplastica transluminale percutanea (PTA) di arteria tibiale anteriore e posteriore sinistra e nel marzo 2018 ad amputazione dell’avampiede sinistro. Nel giugno 2018 si era recato in pronto soccorso con copiosa ematemesi dovuta a rottura di varici esofagee ed era stato sottoposto a multiple trasfusioni di emazie concentrate.

Giungeva nel novembre 2019 mediante trasferimento da altro centro dove si era recato per dolore toracico e innalzamento degli indici di necrosi miocardica per cui veniva posta diagnosi di SCA-NSTEMI. Contestualmente veniva riscontrata all’ecocardiogramma una riduzione della frazione di eiezione che si attestava al 32%.

Figura 2. Criteri di alto rischio emorragico secondo il consensus dell’Academic Research Consortium for High Bleeding Risk (ARC-HBR) (2)

All’angiografia coronarica si evidenziava una stenosi emodinamicamente significativa del Ramo Interventricolare Anteriore al tratto medio (FFR 0.78), per cui veniva impiantato uno stent Xience Sierra 3.5 x 18 mm con un buon risultato finale, confermato dalla valutazione post-PCI con OCT ed una stenosi del 60% non emodinamicamente significativa (FFR 0.82) sul secondo ramo del margine ottuso.

A questo punto si poneva il dilemma del regime antiaggregante da utilizzare data la contestuale presenza di fattori determinanti elevato rischio ischemico ed emorragico.

Tra i fattori di rischio ischemico andavano annoverati la presenza di comorbidità quali malattia aterosclerotica polidistrettuale, il diabete mellito e l’insufficienza renale cronica (eGFR 40 ml/min/m2), la presentazione clinica come sindrome coronarica acuta e la malattia coronarica multivasale.1

Figura 3. Fattori determinanti nella scelta della terapia antitrombotica nei pazienti con cardiopatia ischemica (1).
In blu sono rappresentati fattori intrinseci (le caratteristiche del paziente, la presentazione clinica e le comorbidità), mentre in giallo le variabili estrinseche (la terapia e gli aspetti procedurali). La scelta dell’adeguato trattamento antitrombotico (la scelta del farmaco, il dosaggio e la durata del trattamento) deve essere attentamente valutata in base al peso di tali fattori sul rischio ischemico ed emorragico.

Il rischio emorragico veniva invece valutato come elevato secondo i criteri validati ARC-HBR, essendo il paziente affetto da cirrosi epatica ed emoglobina al baseline <11 g/dL (10.8 g/dL).2

Si decideva dunque di avvalersi degli score clinici raccomandati dall’update della società europea di cardiologia sulla duplice terapia antiaggregante quali Precise DAPT score e DAPT score.3

Il primo, che valuta prevalentemente il rischio emorragico, collocava il paziente nella categoria ad alto rischio (valore calcolato = 60). Il secondo, invece, benchè validato ad un anno di distanza dalla PCI, ci consentiva di considerare ancor di più il paziente ad alto rischio ischemico (valore calcolato = 5).

Diversi trial randomizzati negli ultimi anni hanno confrontato regimi antiaggreganti alternativi alla doppia terapia antiaggregante (DAPT) standard per 12 mesi.  

Figura 4. Curve di Kaplan-Meier per l’endpoint primario dell’analisi Glassy (5)
In rosso è rappresentato il gruppo sperimentale (Aspirina+Ticagrelor 90 mg per 1 mese seguiti da 23 mesi di monoterapia con Ticagrelor 90 mg) mentre in blu il gruppo di controllo (12 mesi di doppia terapia antiaggregante seguiti da 12 mesi di monoterapia con Aspirina).

Tra questi, il Global Leaders, confrontava in una popolazione di 15968 pazienti, una strategia di DAPT standard per 12 mesi seguita da monoterapia con aspirina per il successivo anno, con una strategia basata su un mese di doppia terapia antiaggregante con Ticagrelor bis in die (bid) e aspirina, seguito da 23 mesi di singola terapia antiaggregante con Ticagrelor 90 mg bid4; tuttavia l’ approccio sperimentale non risultava superiore per l’endpoint primario di mortalità per tutte le cause e infarto-Q a 2 anni. Successivamente lo studio Glassy (sottoanalisi del trial principale) evidenziava una non inferiorità della terapia sperimentale rispetto al braccio di controllo per l’endpoint ischemico con una riduzione dei sanguinamenti maggiori (BARC 3-5) nei pazienti che si presentavano con sindrome coronarica acuta.5

Lo studio Twilight confrontava invece una strategia di monoterapia con ticagrelor 90 mg bid dopo 3 mesi di doppia terapia antiaggregante, rispetto ad una strategia standard DAPT in termini di sanguinamenti maggiori, dimostrando una superiorità del braccio sperimentale rispetto al braccio di controllo, con una riduzione significativa dei sanguinamenti ad 1 anno, senza incremento del rischio di morte, infarto miocardico o stroke.6

La nostra scelta sulla base delle evidenze scientifiche è stata quella di optare per un mese di doppia terapia antiaggregante con Aspirina e Ticagrelor 90 mg bid seguita da 11 mesi di monoterapia con Ticagrelor 90 mg bid, e successivamente da monoterapia con Ticagrelor 60 mg bid, oltre all’ ottimizzazione della terapia per lo scompenso cardiaco.

Figura 5. Associazione tra DAPT score e rischio ischemico ed emorragico (7)
Associazione tra DAPT score e rischio di infarto del miocardio e trombosi di stent (in rosso) e sanguinamenti BARC 3 o 5 (in blu).

A 18 mesi dall’ evento il paziente non ha sperimentato eventi ischemici né emorragici e all’ ultimo controllo ecocardiografico mostrava una frazione di eiezione del 40%. In conclusione una DAPT personalizzata si è dimostrata d’ aiuto nel bilanciamento tra rischio ischemico ed emorragico, e la monoterapia con ticagrelor ha consentito una riduzione del rischio di sanguinamento senza determinare un incremento di quello ischemico. 

Bibliografia

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  2. Ueki Y, Bär S, Losdat S, Otsuka T, Zanchin C, Zanchin T, Gragnano F, Gargiulo G, Siontis GCM, Praz F, Lanz J, Hunziker L, Stortecky S, Pilgrim T, Heg D, Valgimigli M, Windecker S, Räber L. Validation of the Academic Research Consortium for High Bleeding Risk (ARC-HBR) criteria in patients undergoing percutaneous coronary intervention and comparison with contemporary bleeding risk scores. EuroIntervention. 2020 Aug 28;16(5):371-379. 
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  5. Franzone A, McFadden E, Leonardi S, Piccolo R, Vranckx P, Serruys PW, Benit E, Liebetrau C, Janssens L, Ferrario M, Zurakowski A, Diletti R, Dominici M, Huber K, Slagboom T, Buszman P, Bolognese L, Tumscitz C, Bryniarski K, Aminian A, Vrolix M, Petrov I, Garg S, Naber C, Prokopczuk J, Hamm C, Steg PG, Heg D, Jüni P, Windecker S, Valgimigli M; GLASSY Investigators. Ticagrelor Alone Versus Dual Antiplatelet Therapy From 1 Month After Drug-Eluting Coronary Stenting. J Am Coll Cardiol. 2019 Nov 5;74(18):2223-2234. 
  6. Mehran R, Baber U, Sharma SK, Cohen DJ, Angiolillo DJ, Briguori C, Cha JY, Collier T, Dangas G, Dudek D, Džavík V, Escaned J, Gil R, Gurbel P, Hamm CW, Henry T, Huber K, Kastrati A, Kaul U, Kornowski R, Krucoff M, Kunadian V, Marx SO, Mehta SR, Moliterno D, Ohman EM, Oldroyd K, Sardella G, Sartori S, Shlofmitz R, Steg PG, Weisz G, Witzenbichler B, Han YL, Pocock S, Gibson CM. Ticagrelor with or without Aspirin in High-Risk Patients after PCI. N Engl J Med. 2019 Nov 21;381(21):2032-2042.
  7. Chichareon P, Modolo R, Kawashima H, Takahashi K, Kogame N, Chang CC, Tomaniak M, Ono M, Walsh S, Suryapranata H, Cotton J, Koning R, Akin I, Kukreja N, Wykrzykowska J, Piek JJ, Garg S, Hamm C, Steg PG, Jüni P, Vranckx P, Valgimigli M, Windecker S, Onuma Y, Serruys PW. DAPT Score and the Impact of Ticagrelor Monotherapy During the Second Year After PCI. JACC Cardiovasc Interv. 2020 Mar 9;13(5):634-646.